Barbara e spietata, la guerra d’Ucraina fagocita uomini e armi, al punto che i due belligeranti starebbero raschiando il fondo del barile. Jens Stoltenberg non nasconde i timori: « Kiev sta prosciugando i nostri magazzini». « Brucia proiettili molto più velocemente di quanti ne produciamo». I soli obici da 155 millimetri sparano al fronte fra i 5mila e i 6mila colpi al giorno. Nemmeno gli americani reggono il ritmo. Hanno già fornito agli ucraini più di un milione di proiettili. Allarmati dal calo delle scorte, hanno ammonito Kiev, recapitando un messaggio inequivocabile: «le forniture non saranno infinite».
Prima della guerra, gli Usa riuscivano a produrre 14.400 colpi al mese, che ai ritmi ucraini equivalgono a meno di tre giorni di fuoco. In futuro, puntano ad arrivare al traguardo di 90mila proiettili al mese, coinvolgendo nella produzione altri stabilimenti pubblici e due colossi privati. Di più non possono fare. Hanno un limite di macchine utensili, insufficienti. Ecco perché si sta muovendo anche l’Ue, con i suoi 250mila proiettili promessi a Kiev. Ma tra il dire e il fare. I Paesi europei non hanno riserve strategiche. Nel ventennio di guerra al terrorismo, hanno snellito eserciti e chiuso filiere produttive. Reggerebbero uno scontro ad alta intensità, simile a quello in corso in Ucraina, per non più di 10 giorni. I loro depositi sono esausti dai continui invii a Kiev. Berlino si è già privata di 18.500 granate e nel breve periodo non potrà andare oltre 1.020 colpi. Anche Londra ha deto fondo alle riserve.
Il problema è grave, anche perché i centri ucraini di stoccaggio sono bersaglio costante dei raid russi. Più si riempiono, più Mosca si affanna a bombardarli. Al fronte, comincia ad avere qualche problema pure l’Armata Rossa. Riesce ancora a sopraffare Kiev per volumi di fuoco. Ma lo fa meno intensamente che in passato.