venerdì 6 maggio 2016
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Una calma irreale, le violenze sono calate E a Palmira Putin «schiera» un’orchestra Calma apparente, con il terrore nascosto sotto cumuli di macerie ancora fumanti. Aleppo, dopo l’annuncio di Washington e la conferma dell’esercito di Damasco, dall’una di giovedì notte prova a vivere la «tregua di silenzio». Duro il monito l’altra notte al Consiglio di sicurezza Onu: quelli dell’ultima settimana sono stati i bombardamenti «peggiori» dall’inizio della guerra civile per cui le Nazioni Unite evocano l’intervento del Tribunale penale internazionale. Ma è ancora troppo presto per pubblicare dossier e accertare responsabilità: salvare la tregua e salvare civili dall’assedio sotto le bombe e per fame, è la priorità. Di fatto, per la prima volta dal 21 aprile ad Aleppo non si è sparato, o quasi. Secondo i media di Stato un civile è morto a causa dei colpi di mortaio giunti dai quartieri ribelli. I turchi dell’agenzia Anadolu, nel pomeriggio, rilanciavano accuse di fonti locali all’esercito: «Un elicottero del regime ha lanciato quattro barili bomba sulla zona sud occidentale di Aleppo». Quasi nulla, dopo i raid sugli ospedali delle opposte fazioni. Un mezzo miracolo. Nelle strade sono sbucati i civili in cerca di acqua, cibo e qualche notizia. «Da questa notte la situazione è migliorata e mia moglie è uscita di casa per fare compere, i negozi hanno aperto e la gente è uscita per respirare», dichiarava alla Bbc Sameh Tutunji. «Non abbiamo udito i bombardamenti a cui eravamo abituati. È abbastanza dopo dieci giorni di uccisioni quotidiane», ha aggiunto. Prime ore di calma, con ancora troppe diffidenze e distinguo da sciogliere. Un portavoce dell’Alto comitato per i negoziati, il principale cartello delle opposizioni, ha detto di sostenere quest’ul- timo accordo ma a condizione che la cessazione delle ostilità riguardi tutta la Siria. Anche la Casa Bianca registrava una riduzione delle violenze intorno ad Aleppo, ma si dice preoccupata per le altre violazioni alla tregua. Una pace ancora lontana in tutto il Paese: è salito a 12 morti e 40 feriti in Siria il bilancio del doppio attentato avvenuto nel villaggio di al-Mujarram al-Fuqani, nella provincia centrale di Homs. Secondo l’agenzia di stato Sana, prima è esplosa un’autobomba e successivamente una motocicletta. Decine di persone sono state invece uccise in un raid aereo su un campo profughi nella provincia siriana di Idlib: tra le vittime anche bimbi. Una pace da ricostruire ma che il regime vuole quasi ostentare a Palmira, dove gli artificieri russi hanno completato lo sminamento dei siti archeologici. L’orchestra sinfonica del teatro Mariinsky di San Pietroburgo, diretta da Valeri Gherghiev, ha suonato ieri nello storico anfiteatro della città davanti a soldati russi e ministri, con Vladimir Putin collegato in videoconferenza da Mosca. Sul palco anche il controverso amico di Vladimir Putin, il violoncellista Sergeij Roldugin, sospettato secondo i “Panama Papers”, di aver organizzato una rete di società offshore riconducibili al presidente russo su cui sarebbe depositati 2 miliardi di dollari. Il concerto, per il leader del Cremlino, è stato un momento di «speranza e di rinascita non solo di Palmira come patrimonio dell’umanità ma anche di liberazione della civiltà moderna da questo terribile morbo, il terrorismo internazionale ». Il concerto intitolato “Preghiera per Palmira” è stato un modo per riprendere possesso delle antiche rovine ed esorcizzare i video di propaganda, (poi rivelatisi falsi), con le esecuzioni di massa del Daesh con i bambini-boia nello stesso anfiteatro. Aleppo è un altro simbolo che il regime vuole difendere ad ogni costo. L’obiettivo, scrive Assad in un telegramma a Putin, è «la sconfitta del nemico», la «vittoria » ad Aleppo e in tutta la Siria. Aleppo, scrive il dittatore siriano in occasione della “Giornata della vittoria” che sarà celebrata in Russia il 9 maggio, è come «l’eroica Stalingrado». Aleppo, un simbolo di convivenza pacifica di etnie e fedi, ed ora simbolo del suicidio politico di un popolo e dell’incapacità della comunità internazionale. Per il segretario di Stato vaticano Piero Parolin Aleppo è come la Sarajevo del nuovo millennio. «Anche lì dobbiamo trovare una nuova soluzione, una soluzione politica, anche se tutto quello che è successo in questi anni ha prodotto una situazione di lacerazione e contrapposizione. Sarà molto difficile ricostruire». È la tragedia politica del terzo millennio quella di Aleppo e la Siria, ma come fu per Sarajevo, una forte determinazione della comunità internazionale può fermare la barbarie. «I problemi sono tanti, le sfide sono tante, però c’è anche volontà e abbiamo gli strumenti per farvi fronte», ha concluso il cardinale segretario di Stato. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL RITORNO. L’orchestra di S. Pietroburgo a Palmira: prima del concerto il videomessaggio di Vladimir Putin (Ansa)
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