Il giuramento del presidente sudafricano Cyril Ramaphosa (Epa)
Meno di 24 ore dopo l’uscita di scena del “dimissionato” Jacob Zuma, il Sudafrica ha scelto ieri un nuovo presidente, il terzo del dopo-Mandela. Si tratta di Cyril Ramaphosa, da dicembre leader dell’African National Congress (Anc), il partito al governo dal postapartheid, eletto per acclamazione dal Par- lamento. «Ramaphosa è debitamente eletto presidente», ha annunciato il presidente della Corte costituzionale, Mogoeng Mogoeng, tra gli applausi dell’aula. Nel suo discorso di accettazione della carica, Ramaphosa – ex sindacalista di Soweto e poi ricco uomo d’affari – ha rimarcato che la lotta alla corruzione e alla cattiva gestione di aziende pubbliche sarà una priorità della propria amministrazione. La corruzione è «negli schermi dei nostri radar», ha avvertito Ramaphosa, alludendo agli scandali che hanno travolto il suo predecessore.
«Domani – ha poi aggiunto – avremo l’opportunità di indicare alcune delle misure che adotteremo», ha aggiunto il neopresidente, facendo riferimento al suo primo discorso sullo Stato della nazione. «Il nostro intento è quello di continuare a migliorare la vita della nostra gente», ha sottolineato il neo presidente, che ha promesso di essere «servitore del nostro popolo » e che cercherà «di eseguire questo compito con umiltà, con lealtà e anche con dignità». Dopo settimane di pressioni politiche e una lunga battaglia con il suo Anc, mercoledì sera Zuma aveva gettato la spugna, aprendo la strada alla successione. Per il Sudafrica, è la fine di una saga che ha tenuto i cittadini col fiato sospeso. Lambito per anni dalle inchieste sulla corruzione, il 75enne Zuma è stato per nove anni al timone del Paese, obbedendo malvolentieri agli ordini del suo partito, che lo aveva minacciato con un voto di sfiducia in Parlamento. Ramaphosa ha cercato nelle ultime settimane di assicurarsi un passaggio di consegne senza scossoni in modo da scongiurare una catastrofe elettorale. Ma si è scontrato con il rifiuto ostinato del presidente, il cui mandato scadrà l’anno prossimo e che ha resistito fino alla fine. Zuma ha ceduto solo poche ore prima del voto della mozione di sfiducia, sostenuta dal suo partito e dall’opposizione. L’uscita di scena di Zuma, 14 mesi prima della scadenza del suo mandato, era in realtà attesa da tempo. E nella storia democratica del Sudafrica, dopo la fine dell’apartheid, è già la seconda volta che un presidente viene sospeso dall’Anc (prima di Zuma, la stessa sorte è toccata a Thabo Mbeki nel settembre 2008).
Ma la sua parabola è emblematica del clima di diffidenza generalizzata nei confronti della classe dirigente e della gestione del potere ai massimi livelli. In nove anni di presidenza Zuma il Sudafrica si è impoverito, le riforme economiche promesse non sono state attuate e i massimi dirigenti, a cominciare dal presidente, sono stati coinvolti in clamorosi casi di corruzione e nepotismo. Non a caso in queste ore i riflettori sono puntati su un’altra vicenda che riguarda una delle famiglie di imprenditori più potenti del Paese: i Gupta. I tre fratelli Gupta – Ajay, Atul e Rajesh – originari dell’Uttar Pradesh e stabiliti nel Paese dal 1993, sono al centro di diverse inchieste di corruzione, molte in comune proprio con Zuma, amico intimo. In particolare Ajay e Atul sono ricercati in queste ore dalla polizia sudafricana e secondo il Times of India sarebbero stati avvistati nel nord dell’India.