giovedì 4 luglio 2024
C'era stanchezza verso i conservatori. Nel programma del Labour poche promesse di svolta, per il timore di spaventare con l'annuncio di tasse. Confermata la linea dura sui migranti e l'appoggio a Kiev
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In un anno elettorale segnato da sfide infuocate e da populismi di vario segno, Londra si conferma la casa di una democrazia solida e meno contagiata dai virus rispetto ai quali il presidente Mattarella ha messo in guardia mercoledì alla Settimana Sociale dei cattolici a Trieste. Con la vittoria a valanga, secondo gli exit poll a urne appena chiuse, i laburisti tornano al potere dopo 14 anni di governo del Partito conservatore.

Un risultato ampiamente annunciato a motivo del logoramento del fronte Tory, che dal 2010 ha consumato 5 primi ministri (un record per la Gran Bretagna), ha propiziato la Brexit con il referendum indetto da David Cameron nel 2016, ha visto il periodo pandemico scosso dallo scandalo delle feste a Downing Street di Boris Johnson e ha finito con il difficile negoziato per il distacco dall’Europa che ha bruciato Theresa May lasciando in eredità un’economia fragile costata la poltrona a Liz Truss dopo soli 45 giorni e il finale non glorioso di Rishi Sunak. Ora nella storica residenza del capo dell’esecutivo entrerà Sir Keir Starmer, l’avvocato 61enne che ha riportato il Labour su posizioni moderate dopo il radicalismo di Jeremy Corbyn (che correva come indipendente) e tenterà di rinverdire i fasti dell’era Blair, durata 13 anni dal 1997.

C’è quasi unanime consenso che il largo successo sia più il frutto della fisiologica alternanza che caratterizza il sistema inglese che non merito di un leader e di un programma incapaci di suscitare grandi entusiasmi e forti aspettative. Starmer, cresciuto in una famiglia nella quale è stato il primo laureato, spicca in un panorama di tribuni aggressivi e “salvatori della patria” per i toni pacati e il profilo riservato (ha detto che il venerdì alla 18 vorrà staccare dalle incombenze pubbliche e dedicarsi alla famiglia – di cui ha mantenuto la massima privacy, si sa solo che la moglie è vicina alla comunità ebraica). La sua lunga rincorsa è cominciata nel 2020 e si è concretizzata nel voto del 4 luglio.

Il primo punto nelle promesse laburiste è in linea con la tradizione del partito: creare ricchezza per i lavoratori ma, dicono i critici da sinistra, senza spingere troppo sulla ridistribuzione, in un Paese che ha forti diseguaglianze e dove la crisi sta mordendo i ceti popolari. In altre parole, in campagna elettorale non si è parlato troppo di aumentare le tasse, per non spaventare la classe media. Sarà quindi complicato confidare solo nella crescita del Pil per avere più risorse da spendere. Fondi servono soprattutto per il sistema sanitario, un tempo vanto del Regno Unito, che ha milioni di visite ed esami da recuperare, nonché per un progetto di assistenza personalizzata a favore degli individui fragili.

Starmer vuole spingere sulla transizione verde avversata dai conservatori, per esempio anticipando il divieto di vendita di auto non elettriche al 2030. Dove non vi sarà troppa discontinuità è il contrasto all’immigrazione irregolare. Se, ovviamente, cadrà il progetto di deportazione in Ruanda, rimarranno norme severe e restrittive. Un grande progetto di costruzione di case dovrebbe segnare l’impegno sociale del nuovo governo e una politica più orientata a favorire i meno abbienti dovrebbe passare dall’Iva al 20% sulle rette delle scuole private per finanziare assunzioni di insegnanti negli istituti pubblici.

Nessuno scostamento è atteso in politica estera: linea atlantista e pieno sostengo all’Ucraina, come lo stesso premier in pectore ha confermato a Zelensky in un recente viaggio a Kiev. Forse ci sarà anche un lento riavvicinamento all’Europa, ma nessun nuovo voto sull’adesione alla Ue. Sul fronte dei temi sensibili, Starmer ha dichiarato che vuole cambiare la legislazione per consentire il suicidio assistito. In questo senso, i vescovi cattolici avevano invitato gli elettori a chiedere “ai candidati, per i quali intendete votare, se si opporranno alla legalizzazione del suicidio assistito e dell’eutanasia, se sosterranno una riduzione del numero di settimane alle quali l’aborto è legale e misure per interrompere la pratica dell’aborto fai da te, con mezzi propri, consentita, in questo momento”.

Di sicuro, il ritorno del centrosinistra al governo in Gran Bretagna è un segnale che riequilibra alcune tendenze continentali e potrebbe contribuire a raffreddare il clima politico infuocato sulle due sponde dell’Oceano, tra la sfida francese e lo psicodramma americano. La democrazia inglese dove resiste canvassing, il porta a porta dei politici per scambiare una parola direttamente con i cittadini senza la mediazione dei social media, indica che l’alternanza e il cambiamento possono viaggiare su binari consolidati senza strappi e avventurismi. Anche se l’asse si è spostato verso destra, come mostrano i seggi conquistati da Nigel Farage con il suo Reform UK di orientamento populista.

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