Seminari anti-molesti a Tokyo - REUTERS
Alle prese con una crisi demografica drammatica, lanciatosi in un massiccio (e inquietante) programma di rimilitarizzazione, il Giappone vuole “rianimare” il proprio esercito. Reclutando più donne. Un’operazione dall’esito tutt’altro che scontato. Come scrive la Reuters, nell’anno terminato a marzo 2023 il numero di donne che ha presentato domanda di arruolamento nelle Forze di Autodifesa (SDF) è diminuito del 12%. Il motivo? L’ondata di casi di molestie sessuali subite da membri delle Forze armate.
Il bubbone è scoppiato dopo il caso dell’ex soldato Rina Gonoi che, nel 2022, ha reso pubbliche le accuse di violenza sessuale. Il ministero della Difesa ha condotto un’indagine dalla quale sono emersi più di 170 presunti episodi di molestie. Inevitabile l’effetto rallentamento sulle domande di arruolamento. Peraltro il Giappone sconta una situazione di “ritardo”. Le donne rappresentano solo il 9% del personale militare nel Paese, rispetto al 17% degli Stati Uniti, il principale alleato di Tokyo in materia di sicurezza.
Il ministero della Difesa nipponico si è impegnato ad adottare “misure drastiche” per combattere un fenomeno dalle dimensioni epidemiche, puntando in particolare su “un sistema nazionale per la revisione degli standard di formazione anti-molestie”. Funzionerà? Servirà a sradicare un male che denuncia una situazione di violenza e di esasperato maschilismo?
Tokyo punta sulla formazione dei soldati - REUTERS
Costretta a fronteggiare una carenza cronica di soldati, Tokyo si trova dunque dinanzi a un’urgenza: quella di attrarre “talenti”. La decisione di allentare alcune misure e di abbandonare vecchi retaggi, come quella che impone ai soldati di portare i capelli corti, va in questa direzione.
Il vero, epocale, cambiamento è quello che ha terremotato uno status quo impiantato dopo la disfatta nella Seconda Guerra mondiale, quando l’intenzione che guidò gli Stati Uniti era di evitare che il Giappone potesse costituire nuovamente una minaccia nello scacchiere internazionale. Il risultato finale della strategia militare Usa, come ha sottolineato il sito di analisi The Conversation, «è che Tokyo è diventata negli anni una “portaerei inaffondabile”, con basi militari statunitensi sparse in tutto l’arcipelago».
La rimilitarizzazione aggressiva del Paese è ormai un processo consolidato. Il cambio di rotta arriva da lontano. Nel 2012 l’allora premier Shinzo Abe lanciò una nuova dottrina di sicurezza denominata «pacifismo proattivo». La formula mascherava l’intenzione che già allora animava Tokyo: abbandonare progressivamente il dogma dell’autodifesa. Nel dicembre 2022 il Paese ha poi introdotto una strategia di sicurezza nazionale rivista e nuove istituzioni di sicurezza, come il Consiglio di sicurezza nazionale. E ancora: ha revocato il divieto di lunga data sulle esportazioni di armi, avviato nuovi partenariati, modernizzato il suo esercito e reinterpretato - “violentato” – la Costituzione per consentire la partecipazione del Paese alle operazioni collettive di autodifesa insieme agli alleati. Il governo ha detto sì a un nuovo budget record per la difesa: 7,95 trilioni di yen, pari a 55,9 miliardi di dollari per l’anno fiscale 2024, con un aumento del 16,5% rispetto al 2023. L’obiettivo di spesa è di 43 trilioni di yen (302 miliardi di dollari) fino al 2027.
L’invasione russa dell’Ucraina ha poi inferto al processo una forte accelerazione. Nel primo anniversario dell’invasione, il primo ministro Fumio Kishida ha avvertito: «L’Asia orientale domani potrebbe essere l’Ucraina di oggi». La possibile scintilla? Taiwan, con paurose ricadute su tutta l’Asia.