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Stop o pit-stop che sia – poche ore dopo il dirompente annuncio sul blocco della sperimentazione è arrivato quello di una possibile ripresa dei test già settimana prossima – il caso del vaccino Oxford-AstraZeneca è ufficialmente la prima doccia fredda sulle previsioni globali di uscita dall’emergenza Covid. Che questa mattina (per larga parte del mondo scientifico non a sorpresa) hanno dovuto fare i conti con la realtà. E cioè che servirà più tempo.
Il candidato in questione è forse il più promettente su scala mondiale: messo a punto da Oxford, prodotto grazie a un vettore virale realizzato in Italia dall’Irbm e pronto ad essere confezionato sempre in Italia, ad Anagni, l’Azd 1222 è tra i primi ad aver dimostrato la sua efficacia sull’uomo e ad essere entrato nella cosiddetta fase 3, quella cioè della sperimentazione su larga scala che solitamente precede l’approvazione da parte delle agenzie internazionali del farmaco e la conseguente commercializzazione. E sono 50mila le persone su cui sono stati avviati i trial, sparpagliate in gruppi omogenei tra Regno Unito, Stati Uniti, Brasile e Sud Africa: i Paesi, cioè, in cui il Covid fa ancora più male.
«Lo stop non riguarderà questi ultimi» fanno sapere più tardi dall’italiana Irbm. La sospensione riguarda piuttosto «l’arruolamento di nuovi volontari per i test nei Paesi nei quali la sperimentazione deve ancora essere avviata». Le nuove inoculazioni insomma, che coinvolgono non solo volontari sani, ma anche con patologie e su cui «non si possono correre rischi».
E lo stop non cancella «la ragionevole chance» di arrivare ad avere una vaccinazione anticoronavirus entro il 2021. Dall’altra c’è l’euforia dei negazionisti in Rete, certi di aver avuto ragione sulla pericolosità dei vaccini. In mezzo, lo scacchiere delle strategie anti-Covid che ridisegna i suoi confini e le sue priorità, a cominciare dall’annuncio della Commissione europea sull’accordo con la cordata BioNTech-Pfizer per l’acquisto di 300 milioni di dosi del loro vaccino. Come dire: noi guardiamo anche altrove. L’Ue d’altronde è al suo sesto “contratto”, dopo quelli con Sanofi-Gsk, Johnson & Johnson, CureVac, Moderna e la stessa AstraZeneca.
Lo stop temporaneo. Nel tardo pomeriggio lo stop alla sperimentazione diventa «temporaneo», forse addirittura un falso stop. «Stiamo lavorando per accelerare la revisione del singolo evento» spiega il ceo del gruppo, Pascal Soriot, mentre si diffonde la notizia che i test potrebbero addirittura riprendere settimana prossima. «È un processo standard – continua –. Negli studi clinici questi eventi possono accadere anche per effetto del caso».