«La pace e la stabilità internazionali non possono essere fondate su un falso senso di sicurezza, sulla minaccia di una distruzione reciproca o di totale annientamento, sul semplice mantenimento di un equilibrio di potere». Con queste parole, il 23 marzo scorso, papa Francesco si è rivolto ai partecipanti alla Conferenza Onu per la messa al bando delle armi nucleari. Una sfida, quest’ultima, definita da Bergoglio un «imperativo morale e umanitario».
Che la Santa Sede ha voluto e vuole incoraggiare. In tale ottica, rientra l’incontro internazionale “Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale”, organizzato dal dicastero per lo Sviluppo umano integrale. Oggi e domani, esperti di tutto il mondo si confronteranno nell’Aula nuova del Sinodo, a quattro mesi dall’approvazione, da parte dell’Assemblea generale, del divieto delle armi nucleari. E alle 12, i partecipanti saranno ricevuti in udienza da Francesco. Al Simposio, realizzato in collaborazione con il Centro interdisciplinare di Scienze della Pace e dell’Università di Pisa, ci saranno undici Premi Nobel per la Pace, rappresentanti di vari Paesi – tra cui Russia, Stati Uniti, Corea del Sud –, esponenti della società civile, scienziati, studiosi, vertici dell’Onu e, fatto particolarmente rilevante, della Nato. Gli Stati membri dell’Alleanza Atlantica, con l’eccezione dell’Olanda, non hanno partecipato alla Conferenza per il bando.
E tutti vi si sono opposti. Stavolta, invece, il vice-segretario della Nato, Rose Gottemoeller, ha deciso di partecipare alla discussione promossa dal nuovo Dicastero vaticano. Quest’ultimo – creato lo stesso anno del 50esimo anniversario della enciclica Populorum Progressio – ha sottolineato l’importanza di aggiungere la parola «disarmo» all’equazione di papa Montini tra sviluppo e pace.