martedì 17 settembre 2024
Mezzo secolo fa Simone De Beauvoir si chiedeva: "I vecchi sono degli esseri umani?". La questione è ancora quella. Lo dimostra la questione dei servizi loro dedicati al centro di un convegno Erickson
Scartare gli anziani. Da dove nasce il ribrezzo per la decadenza?

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La riforma della non autosufficienza; la pianificazione condivisa; Il maltrattamento nei confronti della persona anziana: la sessualità. Sono alcuni tra i temi al centro del 5° Convegno Internazionale Erickson “Anziani. Dignità, relazioni e cure” che si pone l’obiettivo di favorire una riflessione interdisciplinare finalizzata a discutere come migliorare la qualità organizzativa e operativa dei servizi rivolti alle persone anziane e fragili. Integrando riflessioni, strumenti e ricerche di professioniste/i che si occupano di intervento sociale, sanitario, educativo e psicologico con le persone anziane, il convegno intende promuovere la diffusione di un approccio culturale capace di vedere la persona anziana come soggetto pienamente parte della relazione d’aiuto.

La riforma della non autosufficienza intende mettere a fuoco la Legge Delega 33/2023, emanata a febbraio 2023, che ha disegnato un progetto innovativo e completo in tema di non autosufficienza. Il Decreto legislativo attuativo che ne è conseguito di recente e che doveva tradurre tale progetto in indicazioni operative, sembra tuttavia averne seguito i criteri in modo solamente parziale.

La pianificazione condivisa delle cure (PCC) è da considerare nel rispetto dell’autodeterminazione della persona: un percorso basato sul principio di collaborazione tra persona anziana, professionisti e familiari nella definizione del percorso di cura e assistenza.

Altrettanto importante il tema del maltrattamento nei confronti della persona anziana: l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che, sulla base di dati provenienti da 28 Paesi, 1 persona anziana su 6 (circa il 15,7%) ha subito qualche forma di abuso nell'ultimo anno. In Italia, i dati Istat affermano che circa il 9,6% degli anziani ha subito maltrattamenti, con la negligenza e l'abuso psicologico come le forme più comuni. Questi dati evidenziano l'importanza di sensibilizzare la popolazione, di comprendere i motivi alla base di questo fenomeno e di adottare misure per prevenirlo e affrontarlo efficacemente, perché molto spesso questi episodi rimangono nell’ombra, senza segnalazione e dunque non affrontati.

E infine si parlerà di sessualità e anziani: la dimensione sessuale costituisce un elemento centrale dell’identità di ogni persona a ogni età, strettamente in risonanza con aspetti cognitivi, affettivi, corporei, relazionali e sociali. Nonostante ciò, a oggi prevale un atteggiamento “ageistico” nei confronti della sessualità nelle persone anziane. Occorre osservare le cose da altre prospettive e dotarsi di nuove strategie per superare tabù e pregiudizi e promuovere un approccio umano e rispettoso con l’obiettivo di migliorare il benessere psicofisico dei pazienti.

In occasione del convegno (Il programma completo su: https://eventi.erickson.it/convegno-anziani-2024/Home), Erickson pubblica un instant book a opera di Fabio Folgheraiter - cofondatore di Erickson, già professore di Metodologia del lavoro sociale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove ha coordinato a lungo i corsi di Laurea triennali nonché i corsi di laurea Magistrale in Servizio sociale nelle sedi di Milano e Brescia – dal titolo Scartati. Alla ricerca del Rispetto nelle pratiche di cura, di cui anticipiamo qui la premessa.

Simone de Beauvoir (1971), al tempo degli ormai quasi dimenticati anni Sessanta, affermava: «I vecchi sono degli esseri umani? A giudicare dal modo con cui sono trattati nella nostra società, è lecito dubitarne». Nonostante i molti progressi in campo medico e sociologico, sia teoretici che effettivi, quest’antico interrogativo rimane attuale. Esso fotografa un sentimento ancora prevalente nelle nostre società cosiddette sviluppate (sempre più lanciate verso l’utilitarismo, il consumismo, l’edonismo, il narcisismo, il salutismo, il nichilismo, l’abilismo, eccetera). È l’atteggiamento secondo cui, se l’essere umano non è capace di produrre e consumare a pieno ritmo, se non serve alla prosperità economica generale misurata dal PIL, sarebbe ovvio (che altro se no?) considerarlo superfluo o, come denuncia Papa Francesco, uno scarto. Non più un vero essere umano, degno di esprimersi e di essere ascoltato. Magari un essere umano sì — ci mancherebbe! — ma di serie C.

Lasciando in disparte l’ossessione liberista per il denaro, scavando più a fondo, troviamo pure, in ogni società, non solo in quelle a sfondo calvinista, un fenomeno — un istinto, si potrebbe dire — ancor più radicale: l’ammirazione incondizionata per ogni eccellenza. Le persone splendide, che esibiscono i loro punti di forza — siano la salute, la forza, il denaro, l’intelligenza, la bellezza, la bontà, ecc. — esercitano su di noi un’attrazione quasi ipnotica: ci piacciono! Neppure sforzandoci saremmo capaci di resistere loro. Ancora meno resisteremmo qualora i destinatari della nostra ammirazione fossimo… noi stessi. Poco male in ciò. Ammirare i modelli è una pulsione «troppo umana», direbbe Nietzsche. Rigirando tuttavia la medaglia, sul retro di un tale incantamento, troviamo la… muffa. Parliamo dello speculare sottile ribrezzo verso ogni decadenza. I vecchi, i malati, i deboli, i poveri, gli emarginati, i devianti — in generale chiunque mostri difficoltà nel vivere — ci inducono spesso istintiva pena, e pure a volte un filo di poco cristiano disprezzo (Bernardini, 2022).

Suprematista o igienista può essere chiamato tale sentimento. Nella misura in cui il nostro animo lo avverte, esso resta indicibile: corre in genere «al di sotto del linguaggio» (Natoli e Semeraro, 2023, p. 9). Di tutte quelle innate repulsioni in fondo un poco ci vergogniamo, per fortuna. Esse, tuttavia, hanno

radici profonde. Fanno spesso capolino tra altisonanti parole che maldestramente tentano

di affermare il contrario. Nella trappola di screditare chi non è conforme alle nostre attese cadiamo tutti indistintamente, giovani e vecchi, operatori della cura e dilettanti. Per primi, noi stessi studiosi dei pregiudizi sociali. Pur edotti da tante teorie contrarie, a volte tendiamo a svalutare persino… i target stessi dei nostri studi. Controprova ne è che, pur dichiarandoci, in quanto esperti, fieri paladini degli ultimi, degli oppressi o, usando termini vetusti, degli handicappati, mai accetteremmo uno scambio alla pari tra la nostra condizione di privilegiati e la loro di emarginati. Mai arriveremmo a pensare davvero che, se noi ipoteticamente fossimo loro, ne saremmo senz’altro… orgogliosi. Alquanto disinvolti, nel disprezzare i deboli, sono più spesso i giovani. Spinti da una comprensibile naturale baldanza — e da una cultura estetizzante devota alla vanità — essi tendono a stupirsi di chiunque non esibisca una cartella clinica a norma come la loro. I giovani si percepiscono forti per essenza (vale

a dire: come atto dovuto) e faticano perciò a trovare un senso all’evidenza che altre persone debbano arrancare e soffrire. Essi sanno bene che le miserie esistono, ma qualificano ogni regressione altrui come una disgrazia. Tanti giovani procedono incuranti che la questione li possa riguardare. Forse non hanno letto, e meno ancora meditato, l’enigmatico cartello esposto all’entrata di un grande cimitero medioevale, di cui parla Norbert Elias (1985) e che così declamava: «Quello che noi ora siamo, voi lo sarete. Quello che voi ora siete, noi lo siamo stati».

Pure in tanti anziani è facile trovare un certo discredito verso il decadimento legato all’età avanzata — sociologicamente indicato con il termine ageism (Folgheraiter, 2022). Persino lo riscontriamo a volte in tanti cosiddetti grandi vecchi, i quali, ben sapendo che «la vecchiaia non esiste» (Augè, 2014), di continuo si chiedono «ma quando e come lo siamo diventati?». Taluni di loro, quasi affetti da una sorta di malattia autoimmune, si rivoltano contro il proprio esistere, e si biasimano mormorando: «Che ci sto ancora a fare al mondo, se il mio corpo si è sformato e le mie gambe non reggono, se non ricordo quasi nulla e persino stento a riconoscere i miei figli? È vita questa?».

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