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Si dice che gli uomini siano meno propensi a parlare di sé e a guardarsi “dentro”. In verità, il gruppo di padri che è venuto di recente a formarsi nell’ambito dell’associazione AGAPO-T (Associazione di Genitori e Amici di Persone Omosessuali e Transessuali), incontratosi a Milano, si è mostrato interessato al confronto. Al centro di tale confronto il proprio rapporto con i figli dichiaratisi omosessuali o con disforia di genere, questi ultimi intenzionati cioè a transitare nel genere opposto a quello con cui sono nati. Un incoraggiamento è venuto sicuramente dall’esperienza positiva vissuta dalle proprie mogli, che hanno in precedenza partecipato a un percorso di accompagnamento pedagogico promosso dall’associazione stessa (si veda a tal proposito l’articolo Le madri e la disforia di genere. «Queste nostre figlie riscoperte» su Avvenire del 10 dicembre 2023).
In numerosi casi la scoperta dell’omosessualità o della disforia di genere del proprio figlio o della propria figlia porta scompiglio nella vita dei genitori, nella coppia, all’interno della famiglia, così come nelle relazioni con gli altri.
Più frequentemente è la madre ad accorgersi dei segnali provenienti dai comportamenti del figlio o della figlia e comincia a parlarne. In molti padri è ancora forte, come accennato, la tendenza a manifestare una minore disponibilità a entrare in merito a sentimenti o vissuti personali, pur desiderando spesso condividere ciò che accade nel proprio intimo insieme a ciò che sta accadendo nella vita del figlio o della figlia.
La proposta formativa Oggi ne parliamo con i padri. Incontri su paternità e identità affettiva e sessuale dei figli è stata infatti rivolta specificamente ai padri interessati, provenienti da diverse città e regioni, di differente età e professione. Il ciclo di incontri ha inteso aiutare i genitori a superare innanzitutto la solitudine di cui soffrono. Inoltre, ha voluto offrire l’opportunità a ciascuno di fare il punto sul proprio essere genitore, ritrovandosi a riflettere insieme e a rielaborarne i significati.
Ciò che infatti emerge subito è l’urgenza di parlare del figlio, ancor prima di cominciare a presentare se stessi, soffermandosi piuttosto sulla complessità che incontrano quotidianamente nel vivere la relazione con il figlio o la figlia.
Un padre, ad esempio, racconta la profonda sorpresa e il disorientamento provati di fronte alla decisione del figlio, non più in tenera età, di voler diventare donna (transizione MtF). Sorge forte allora la propria esigenza di meglio comprendere ciò che si sta svolgendo nella vita del figlio, insieme all’urgente bisogno di confrontarsi e comprendere come orientare i propri pensieri e azioni. Nell’esempio citato si ricorre alla preghiera, che aiuta e unisce la coppia genitoriale ad affrontare questa prova inattesa a cui è chiamata.
Diverso per altri aspetti è il caso del genitore che si trova di fronte a una figlia ventenne in transizione (FtM) decisasi per la mastectomia: “Lei è sempre nei miei pensieri, soffro, ma allo stesso tempo faccio in modo che la mia vita non sia troppo inficiata dalle sue scelte”.
Nei genitori è frequente che nascano dei sensi di colpa. Pur nella consapevolezza del ruolo determinante che i genitori e la famiglia hanno nella formazione dei figli, si riconosce come non sia opportuno scivolare nella “colpa”, che sarebbe in questo caso riflesso di un senso di onnipotenza. Nel corso degli incontri è stato tematizzato come i fattori che possono intervenire nella vita di un figlio siano tanti e tali per cui il genitore non può addebitarsi le scelte compiute dal figlio.
Aspetti importanti che emergono dai racconti e dalle esperienze dei genitori e che non è possibile tralasciare riguardano la frequentazione dei Servizi socio-psico-sanitari: come riportato, l’unica scelta offerta dai Servizi ai giovani o meno giovani interessati da disforia di genere è il ricorso a terapie ormonali e interventi chirurgici, nonostante dichiarati stati di malessere, la presenza di comorbilità, storie di abbandoni e di abusi; si opta dunque, sistematicamente, verso scelte che comportano l’effetto di aggredire organi sani del proprio corpo che conseguentemente resta medicalizzato a vita.
“Sento la mia faretra vuota di frecce per aiutarlo. Al momento è soprattutto il Signore a poterlo aiutare”, dichiara un altro padre con il figlio già in transizione da anni, MtF; al momento è ricaduto in una importante crisi, dopo aver superato anni di autolesionismo e maturato progressivamente autonomia e consapevolezza di sé.
In famiglia pure fratelli o sorelle sono chiamati in gioco nelle scelte riguardanti l’orientamento sessuale o il cambio di identità di genere. C’è chi le sostiene e chi le ritiene sbagliate, perché necessiterebbero di una indagine più approfondita, a volte sono il fratello o la sorella a esortare a prendersi ancora del tempo, specie riguardo alle scelte irreversibili.
Dai racconti personali e intimi, emergono modalità e tempi diversi da parte del padre rispetto alla madre nell’affrontare le problematiche riguardanti l’identità sessuale dei figli. Talvolta accade anche che venga in superficie qualche segreto mantenuto tra i coniugi, così come pure certe volte può delinearsi una diversa visione del mondo e un diverso sguardo sui comportamenti del figlio o della figlia.
Grazie all’utilizzo mirato delle metodologie narrativo-autobiografiche i genitori ricercano e ripercorrono dentro di sé, quindi in rapporto con la propria interiorità, momenti particolarmente importanti della vita di relazione con il figlio o con la figlia; nel confronto con le storie degli altri, inoltre, è possibile rivedere o addirittura cambiare i significati assegnati magari da anni a certi eventi, a comportamenti, gesti o parole, pur mantenendo alta l’attenzione ai propri valori e alla propria fede religiosa, lì dove presente.
Negli incontri trova ugualmente ascolto la sofferenza dei padri con figli omosessuali, una sofferenza che nella nostra società sostanzialmente non gode di legittimità, in quanto assimilata alla mancata accettazione dell’omosessualità e quindi del figlio. In verità vengono qui rilevati limiti e difficoltà nella vita relazionale del figlio o della figlia, specialmente chiusure dovute alla frequentazione di ambienti che appaiono circoscritti, o fondati su un’idea riduttiva di libertà e di amore. “Basta l’amore” si dice, e con ciò si nega valore, spesso senza rendersene conto, alla differenza sessuale.
Proprio su questo aspetto la filosofa femminista Luce Irigaray sottolinea come ogni epoca abbia una questione principale da risolvere e il nostro tempo sembra abbia al centro la questione della differenza sessuale. Il tema della differenza sessuale è il polo che, pur presentando importanti differenze, collega le due questioni portate sul tavolo dai genitori, omosessualità e transessualità. La prima riguarda l’orientamento sessuale, la seconda riguarda i casi di identità di genere.
La persona omosessuale non ricerca la differenza sessuale nella relazione d’amore, essendo attratta da persone dello stesso sesso; la persona transessuale non mette in discussione la differenza sessuale, anzi in non pochi casi la enfatizza e persegue una identità di genere opposta al sesso con cui è nata, a causa di una discrepanza percepita tra sesso e genere.
Con naturalezza questi genitori ribadiscono la ferma opposizione a qualsiasi forma di marginalità o di discriminazione verso persone omosessuali e transessuali, in famiglia, a scuola, in parrocchia, nella società. Allo stesso tempo i padri di AGAPO-T si sentono impegnati a vigilare ricercando vie che possano condurre i figli verso una vita buona, a partire dall’amore ricevuto e l’amore dato, insieme al compito educativo che è proprio dei genitori, mirante al pieno sviluppo della personalità dei propri e altrui figli.Un percorso di accompagnamento pedagogico che, come raccomandato da papa Francesco in Amoris laetitia, regala una nuova consapevolezza di essere padri e una fiducia nuova verso i figli. A tal proposito i genitori si riconoscono nelle parole del pontefice che li esorta a non voler avere su di loro un controllo di tutte le situazioni in cui potrebbero trovarsi. Spesso vedono le loro difficoltà nel valorizzare le proprie risorse, oppure temono le conseguenze delle scelte intraprese, tuttavia affermano “abbiamo imparato che è bene lasciar andare i nostri figli”. Come sostiene lo psicoanalista Massimo Recalcati, infatti, il “viaggio del figlio” comporta sempre una parte segreta che rimane inaccessibile anche al genitore (Il segreto del figlio, 2017).
Sembra che papa Francesco venga ancora incontro a questi genitori e non solo a loro, quando ricorda che “Il tempo è sempre superiore allo spazio”, che siamo cioè tenuti ad avviare processi, più che a occupare “spazi”, ovvero posizioni di potere, per raccogliere i frutti seminati anche in tempi lunghi, che vanno oltre la nostra capacità di previsione. Di fronte a questioni delicate e complesse come quelle qui ricordate non resta dunque che seminare attivando momenti di incontro e di confronto. È così, dunque, che sarà possibile “generare nuovi dinamismi nella società, che coinvolgano altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci” (Evangelii Gaudium).
pedagogista