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Mediazione familiare, una risorsa preziosa per sostenere le persone in una fase complicata della vita di coppia, a cui la riforma Cartabia ha dato nuova dignità, ridefinendone identità e percorsi formativi. Ma è proprio così? Ne parliamo con Costanza Marzotto, docente di teorie e tecniche della mediazione familiare e di psicologia sociale della Cattolica di Milano.
L’iter previsto dalla Riforma Cartabia per arrivare a definire la figura del mediatore familiare professionista ed il ruolo della mediazione familiare nel nuovo processo di famiglia, concluso nell’ottobre del 2023, ha davvero dato una nuova spinta alla vostra professione?
Possiamo certamente confermare il ruolo importante della Riforma Cartabia del 2023 e del Decreto Ministeriale 151/23 nella definizione del ruolo del nuovo professionista, il Mediatore Familiare e le clausole per la sua formazione e aggiornamento. Fino ad allora si trattava soltanto di una competenza aggiuntiva ad un’identità professionale pre-esistente (psicologo, assistente sociale, educatore o avvocato) mentre oggi parliamo di una figura professionale che deve dimostrare di aver seguito un itinerario formativo specifico (minimo 240 ore di formazione e 80 ore di stage pratico), e che necessita di una formazione permanente per restare nell’elenco dei mediatori familiari professionisti.
In questa operazione di ridefinizione della professione qual è stato il ruolo della Federazione italiana associazioni di mediatori familiari (F.I.A.Me.F)?
La Federazione si è costituita in data 28 novembre 2016 e ha come soci fondatori l’Associazione italiana di mediatori familiari (A.I.Me.F.), l’Associazione internazionale mediatori sistemici (A.I.M.S.) e la Società italiana di mediatori familiari (S.I.Me.F.) e da gennaio 2023 l’Associazione Medef Italia – Mediatori della Famiglia: tutte associazioni professionali, senza scopo di lucro, fondate da più di 25 anni, che riuniscono oltre duemila Mediatori Familiari professionisti con una specifica formazione. È necessario sottolineare quanto l’attuale normativa valorizzi il ruolo di garanzia e di controllo sulla professionalità degli iscritti da parte delle associazioni professionali inserite nell’elenco tenuto dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy e quindi della FIAMeF quale federazione che vede la partecipazione delle quattro più importanti associazioni di categoria e come noto le associazioni professionali (ex legge 4/2013) sono garanti della professionalità dei soci. Molte sono state le azioni sulle quali è stata ed è impegnata la Federazione, dalla sua costituzione ad oggi, solo per citarne qualcuna: l’interlocuzione con le istituzioni governative e territoriali, la partecipazione al tavolo di lavoro per la revisione della norma tecnica UNI 11644 sul mediatore familiare, la partecipazione e la collaborazione con l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza e la collaborazione con i Tribunali per la costituzione dei comitati previsti dalla Riforma Cartabia in tutte le 142 sedi giudiziarie italiane. Come già è avvenuto in alcuni tribunale all’avanguardia, presso ciascun tribunale sarà redatto un elenco di mediatori familiari professionisti ai quali sia i genitori in separazione che gli avvocati o altre persone interessate potranno rivolgersi per avere una consulenza qualificata.
Perché è importante che i genitori che si rivolgono al mediatore familiare nel corso delle loro dolorose vicende di separazione vengano informati molto bene sulle qualifiche professionali di chi li incontra?
La vicenda separativa che coinvolge coppie sposate o solo conviventi, che hanno finito/interrotto la convivenza, necessita di un’informazione che ricordi loro che la co-genitorialità è un percorso senza fine e che anche laddove l’amore nella coppia è finito, entrambi si sentano riconosciuti nella responsabilità di tirare grandi i figli, contribuendo con le proprie competenze di genere, a far acquisire alla generazione futura la propria identità. Nel nostro modello di intervento è dedicata particolare cura a nominare negli incontri di mediazione, anche le figure dei nonni e dei parenti con i quali i figli, anche dopo il divorzio, hanno diritto /bisogno di mantenere un legame.

Quali sono le regole fondamentali per impostare una mediazione degna di questo nome?
La dignità del percorso mediativo è garantita dalla volontarietà dell’accesso a questo itinerario, la confidenzialità dei contenuti condivisi tra i genitori e il professionista, la durata del percorso (normalmente 8 /10 incontri congiunti di un’ora, un’ora e mezza ciascuno, oltre ad eventuali colloqui individuali) e gli obiettivi raggiungibili. La mediazione infatti non è scambiabile con una psicoterapia: separarsi non rappresenta una patologia familiare, ma una transizione complessa sempre più diffusa, che richiede un supporto della comunità sociale per la riorganizzazione della vita quotidiana di minori ed adulti.
Avvocati e giudici riservano alla vostra opera di mediatori la giusta considerazione, oppure ci sono ancora prevenzioni?
Da un’analisi dei dati raccolti negli ultimi cinque anni dal gruppo di lavoro attivo allo sportello informativo presso la IX sezione del Tribunale di Milano emerge che “Il progetto dello Spazio Informativo rappresenta per certi aspetti il segno di una rivoluzione antropologica avvenuta nel tempo e nello spazio fisico di un’aula. Il terreno comune costruito negli anni di lavoro nella comunità formata dagli operatori che, a vario titolo, si occupano di separazioni, è infatti una sperimentazione unica per l’attività di pensiero e di confronto oltre all’azione sul campo che è in corso e che si è consolidata nel tempo” (Paola Farinacci, coordinatore del progetto di Milano). Infatti possiamo pensare lo Spazio Informativo nei Tribunali come un luogo che realizza l’incontro tra il mondo della giustizia e quello della mediazione familiare, ma anche un luogo di raccordo e di incontro con il mondo dei servizi di mediazione familiare ai quali, le persone possono accedere fuori dalle aule del tribunale. Gli invii da parte degli avvocati sono ancora la maggioranza delle segnalazioni a cui si affiancano gli invii da parte dei giudici – molto sensibili a questo percorso di accompagnamento della coppia nella redazione di un progetto educativo proprio - i quali a volte sospendono le udienze affinché i genitori possano accedere allo Spazio informativo per avere chiarimenti sulle finalità della mediazione familiare, e conoscere l’indirizzo dei servizi pubblici, privati accreditati o dei liberi professionisti che possano fornire loro questa prestazione specialistica. Numerose sono anche le coppie che accedono alla mediazione familiare su indicazione degli psicoterapeuti di coppia o individuali o degli assistenti sociali coinvolti nel procedimento di separazione.
Anche con la riforma Cartabia il percorso di mediazione rimane volontario. Non sarebbe più opportuno invece che fosse il giudice a individuare i casi in cui inviare in mediazione coniugi particolarmente conflittuali?
Come associazioni professionali di mediatori familiari (e come mediatrice praticante in un consultorio familiare accreditato della Regione Lombardia), siamo assolutamente favorevoli all’accesso volontario al percorso negoziale da parte dei genitori perché crediamo che «come insieme ci si sposa, insieme ci separa» (come diceva il professor Vittorio Cigoli, 2017) . Ovvero la scelta di mettersi insieme, fare dei figli e poi anche separarsi è una scelta soggettiva, e qualora fosse un giudice ad inviare in mediazione, questo rischierebbe di alimentar l’aspettativa che il professionista riferisca al magistrato, confondendo il consulente tecnico d’ufficio con il mediatore familiare. È vero però che alcuni casi, dove una sentenza è già stata emessa in tribunale, il magistrato può richiedere l’accesso al Coordinatore genitoriale, (nuova figura professionale introdotta negli Stati Uniti alla fine degli anni ‘90) la cui funzione è proprio quella di rendere praticabili le indicazioni indispensabili proposte dal giudice.
Quali sono invece le situazioni in cui un percorso di mediazione è proprio sconsigliato?
Come noto le situazioni non mediabili sono quelle in cui si sono verificati atti di violenza. Ahimè, alcune coppie in conflitto non riescono a contenere la violenza sia verbale che fisica e questi sono i casi in cui la parità di potere nella coppia non esiste più e una delle parti (spesso le madri) sono succubi dell’aggressione del partner. In alcuni casi questa violenza è documentata da certificati medici, ma fa parte delle competenze del mediatore di valutare la situazione, rischi e vantaggi di avviare questo percorso. Infatti ogni professionista è invitato nella fase di pre-mediazione a valutare lo stato dell’arte, l’equità di potere tra i due genitori ed eventualmente gli esisti di una predominanza dell’uno sull’altro, così da rendere la situazione non mediabile.