Nedelsky, filosofa della politica, canadese, docente alla Osgoode Hall Law School di Toronto: «La riduzione dei posti provocata da macchine e robot va usata come incentivo per le attività di cura» - Archivio Avvenire
Jennifer Nedelsky - filosofa della politica, canadese, docente alla Osgoode Hall Law School di Toronto - ha portato ai giovani di Economy of Francesco la sua proposta di "part time per tutti", elaborata nel libro «A Care Manifesto: (Part) Time For All» scritto assieme a Tom Malleson e in uscita con la Oxford University Press. «L’implicazione più importante del nostro progetto del part time per tutti – spiega Nedelsky – è che la riduzione dei posti di lavoro provocata dall’impiego crescente di macchine e robot dovrebbe essere usata come incentivo per creare nuovi lavori "part time". Se nessuno lavora più di 30 ore a settimana, ci saranno più posti di lavoro. Le società non dovrebbero provare a rispondere a questa situazione cercando di creare posti di lavoro a tempo pieno come esistevano prima. Devono rispondere con creatività, creare eccellenti lavori part time, anche ai più alti livelli dirigenziali».
La vostra proposta chiede di rinunciare a ore di lavoro "ordinario" per fare spazio all’attività di cura, ma per farlo servono "cambi strutturali" delle regole. Che tipo di cambiamento chiedete?
Il principale cambiamento strutturale è che tutti dovrebbero fornire lavoro di cura, non retribuito, almeno 22 ore a settimana. Dovremmo porre fine all’organizzazione della società intorno a una divisione del lavoro: alcune persone svolgono principalmente un lavoro retribuito e altre si occupano principalmente del lavoro di cura, retribuite o meno. Questa divisione del lavoro crea disuguaglianza, dipendenza economica di chi fa principalmente lavoro di cura da chi fa lavori retribuiti, e una diffusa mancanza di consapevolezza riguardo il lavoro di cura. In particolare le persone che ricoprono posizioni di potere decisionale sia nel governo che nel mondo degli affari (per lo più uomini, ma potrebbero essere anche donne con poca esperienza di cura) sanno poco della vera importanza, della gratificazione e del peso del lavoro di cura. Non capiscono a un livello elementare quanto l’attività di cura sia importante per sostenere le relazioni. Il cambiamento per far fare a tutti lavoro di cura deve essere reso possibile dalle nuove norme sul lavoro: massimo 30 ore, una valutazione uguale del lavoro e della cura, un riconoscimento da parte di tutti i datori di lavoro che il lavoro deve essere organizzato in modo che anche i loro lavoratori possano svolgere le loro responsabilità di cura.
Crede che il problema dell’invecchiamento della popolazione occidentale ci aiuterà nei prossimi decenni a riconoscere la centralità del lavoro di cura?
Spero che già la terribile conta dei morti nelle residenze per anziani anche nelle nazioni più ricche (e anche in Canada, dove c’è una buona sanità pubblica) allerterà le persone sulla crisi che c’è nell’attività di cura, una crisi che peggiorerà se non facciamo di questa attività una priorità.
La crisi economica scatenata dal virus sta distruggendo posti di lavoro in tutto il mondo. I governi dovranno cambiare le regole per aiutare le persone a ri-trovare un’occupazione. Può essere un’opportunità per riformare il mondo del lavoro?
Sì, nel breve termine organizzazioni come la New Economy nel Regno Unito hanno preparato progetti per una ripresa che mette al centro l’attività di cura, al posto delle tradizionali strategie per progetti di costruzione dove c’è lavoro soprattutto per gli uomini. Hanno mostrato che una ripresa costruita sull’investimento per il lavoro di cura hanno risultato economici e sociali migliori. Nel lungo termine, spero che la gente si sia resa conto che per fare funzionare le cose serve qualcuno che si occupi del lavoro di cura e che il lavoro di cura e le altre occupazioni sono strettamente legate. Speriamo che il nostro modello di "Part time per tutti" offra idee su come riorganizzare il mondo del lavoro.