lunedì 16 dicembre 2024
Il nostro Paese registra peggioramenti in diversi indicatori, tra cui povertà e disuguaglianze. Occorre rafforzare i territori e puntare sui giovani per provare la svolta decisiva
Quei ritardi italiani sulla sostenibilità: è a rischio il benessere diffuso
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L’Italia si trova davanti a una delle sfide più cruciali della sua storia: abbracciare lo sviluppo sostenibile non solo come obiettivo ma come paradigma per affrontare le disuguaglianze, le crisi ambientali e le trasformazioni economiche. Sia il Rapporto ASviS 2024 presentato il 17 ottobre sia il Rapporto sui Territori che presenteremo il 13 dicembre al Cnel evidenziano in modo chiaro e inequivocabile il «drammatico ritardo» del nostro Paese rispetto ai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030.

Dal 2010 al 2023 l’Italia ha registrato peggioramenti su sei Obiettivi fondamentali, tra cui povertà (Goal 1), disuguaglianze (Goal 10) e governance (Goal 16). Su altri sette obiettivi, tra cui lavoro dignitoso (Goal 8), città sostenibili (Goal 11) e clima (Goal 13), i miglioramenti sono stati contenuti, mentre un progresso significativo si registra solo sul Goal 12 (economia circolare). I divari territoriali, già elevati, rappresentano un ulteriore freno al progresso, basti pensare che per il Goal 4 (educazione) e il Goal 6 (acqua e servizi igienico-sanitari) si registra un aumento delle disparità.

L’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, rete di cui fanno parte oltre 300 organizzazioni della società civile italiana, identifica alcuni possibili fattori di cambiamento capaci di influenzare, in chiave positiva o negativa, il futuro del Paese. Tra questi spiccano la legge sull’autonomia differenziata, che rischia di ampliare le disuguaglianze territoriali, minare la sostenibilità dei conti pubblici e compromettere il coordinamento nazionale su temi cruciali come infrastrutture, energia e mobilità; l’impatto delle normative europee sulla sostenibilità aziendale, che impongono alle imprese nuove regole per la rendicontazione sociale e ambientale, trasformandole in protagoniste della transizione sostenibile; il Regolamento europeo sul ripristino della natura, un’opportunità per tutelare biodiversità ed ecosistemi; la modifica della Costituzione del 2022, che ha rafforzato la tutela ambientale e richiede ora un cambiamento nei processi legislativi per allineare ogni norma ai principi di sostenibilità e intergenerazionalità. Questi fattori, se ben gestiti, potrebbero rappresentare leve decisive per rilanciare il Paese. Tuttavia, la direzione che prenderanno dipenderà dalla capacità delle istituzioni di attuarli con visione e coerenza.

Purtroppo la dimensione sociale, cuore pulsante di ogni transizione sostenibile, risente degli effetti delle crisi. In Italia, la povertà e le disuguaglianze hanno raggiunto livelli molto elevati. Sono 5,7 milioni le persone che vivono in povertà assoluta, un dato mai così alto negli ultimi anni, mentre il 22,8% della popolazione è a rischio di esclusione sociale, un fenomeno che colpisce soprattutto giovani e famiglie nel Mezzogiorno. Il 5% delle famiglie più ricche possiede quasi la metà della ricchezza complessiva, la metà più povera meno dell’8%. Per affrontare questa situazione l’Italia dovrebbe valorizzare strumenti come la Direttiva Ue sui salari minimi, il cui recepimento entro il 2024 potrebbe rappresentare un passo decisivo per promuovere politiche sociali più eque.

Altro aspetto determinante è il coinvolgimento dei giovani. L’adesione dell’Italia al Patto sul Futuro e alla Dichiarazione sulle future generazioni dell’Onu impegna il Paese a garantire una maggiore partecipazione giovanile alla vita democratica, promuovendo strumenti come il voto a distanza per gli studenti fuori sede, sperimentato con successo nelle elezioni europee, e rafforzando l’educazione civica nelle scuole, con un focus su sostenibilità e diritti umani. Altrettanto fondamentale è l’ampliamento del Servizio Civile Universale per soddisfare la crescente domanda di ragazze e ragazzi interessati a mettersi al servizio della comunità. In sostanza, lo sviluppo sostenibile, come definito dall’Agenda 2030, non è solo un ideale, ma una necessità per garantire benessere diffuso, resilienza e competitività economica. Non realizzarlo significa ridurre la qualità della vita delle persone, le loro potenzialità, la loro libertà, erodere la resilienza delle comunità e la coesione sociale nei territori, minare la capacità del Pianeta di rigenerarsi e la possibilità di costruire un benessere economico diffuso e durevole. Vuol dire compromettere il futuro delle nuove generazioni.

È tempo di impegnarsi, agire, coltivare speranza e progettualità. È tempo di “Coltivare ora il nostro futuro”, come evoca il titolo del Rapporto ASviS, affrontando con lungimiranza e coraggio il futuro, nonostante le difficoltà del presente. Con l’Alleanza abbiamo individuato una serie di proposte prioritarie: attuare la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile e integrarla nei documenti di programmazione economica; approvare una legge sul clima; rafforzare la dimensione territoriale delle politiche per contrastare le disuguaglianze; rendere operativo il Programma d’azione per la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile. Il nostro futuro dipende dalle scelte che facciamo oggi. Non agire tempestivamente equivale a tradire non solo gli impegni internazionali ed europei, ma anche le aspirazioni di una società più giusta, equa e sostenibile.

* Presidente Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile - ASviS


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