giovedì 22 giugno 2023
Per la prima volta in Italia è stato istituzionalizzato un sistema di finanziamento per le attività culturali che coinvolge attivamente imprenditori e altri operatori economici
Chiostro di San Salvatore, Brescia, Museo di Santa Giulia

Chiostro di San Salvatore, Brescia, Museo di Santa Giulia - Archivio Fotografico Civici Musei di Brescia/ Alessandra Chemollo

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Si chiama Fabbrica del Futuro il grande padiglione realizzato dagli imprenditori bresciani per quest’anno in cui la loro città, insieme con Bergamo, è la “Capitale italiana della cultura”. Si tratta di un padiglione temporaneo installato nel Parco dell’Acqua di Brescia dove sono in mostra le idee sviluppate da 30 aziende locali selezionate tramite concorso, raccolte in cinque aree tematiche: Cultura d’impresa, Ricerca e innovazione, Sostenibilità, Welfare, Sinergia impresa-territorio. Lo scopo, spiega Franco Gusalli Beretta, presidente di Confindustria Brescia, è «valorizzare la cultura d’impresa che da sempre caratterizza il nostro territorio» perché, nota la vicesindaco Laura Castelletti, «si può essere una città manifatturiera e, allo stesso tempo, riscoprire la propria anima verde e coltivare quella artistica e culturale».

L’iniziativa si inquadra nella prospettiva aperta recentemente dalla “Alleanza per la Cultura”: «È un club, costituito su iniziativa di Fondazione Brescia Musei» riferisce il direttore della Fondazione, Stefano Karadjov. «Nella nostra città, così come a Bergamo, ci sono tante industrie di eccellenza, alcune di grandi dimensioni, con fatturati che superano il miliardo di euro, ma perlopiù operano nella componentistica, per cui la loro notorietà è spesso limitata agli addetti ai lavori. Anche per superare queste limitazioni sin dal 2019 abbiamo pensato di proporre loro una partnership, volta a valorizzare il territorio attraverso i musei e le attività culturali. Non in modo occasionale, non sotto forma di sponsorizzazione di singoli eventi, ma con un impegno continuativo, su un periodo triennale così da consentire una programmazione di ampio respiro».

La proposta ha trovato accoglienza sia nelle singole aziende, sia nelle associazioni di categoria bresciane: Confapi, Confindustria e Coldiretti. Tutte desideravano essere coinvolte, per promuovere il territorio dando rilievo alle sue tradizioni e al suo patrimonio naturale, artistico e produttivo. «È un rapporto fruttifero per tutti. Le aziende hanno un loro ritorno: sono coinvolte nelle attività educative, hanno facilitazioni per le visite ai musei, e per alcune prepariamo operazioni che potremmo chiamare di welfare aziendale» chiarisce Karadjov. Non per nulla sono queste la caratteristiche del “Modello Italia”, che ha visto la partnership tra industrie e cultura dar luogo a quel periodo che tutto il mondo ci invidia noto come il Rinascimento.

«E ancora oggi c’è tantissimo spazio per sviluppare la collaborazione tra pubblico e privato – evidenzia il direttore di Brescia Musei –. Purtroppo spesso è proprio il mondo della cultura ad assumere un atteggiamento distante e esitante. Perché a tutti piace incassare sponsorizzazioni, ma quando si tratta di costruire forme di collaborazione che vadano oltre il mero finanziamento s’insinua il sospetto. Ovviamente il mondo imprenditoriale mira a risultati inquadrabili nella logica del profitto aziendale. Ma bisogna comprendere che anche le aziende si sentono attori sul piano culturale: si tratta quindi di trovare formule aggiornate per instaurare un dialogo, aprirsi a un nuovo interlocutore, svolgere attività di formazione. Mantenendo alto il livello scientifico delle iniziative, bisogna pensare a un processo trasformativo che coinvolga entrambe le parti. Non lo si può concepire a senso unico».

Con questa iniziativa, per la prima volta in Italia è stato istituzionalizzato un sistema di finanziamento per le attività culturali che coinvolge attivamente imprenditori e altri operatori economici e questo pone un esempio importante su come riformare la relazione tra la cultura e il mondo degli affari. È un tema che interessa qualsiasi museo, ovunque nel mondo. Infatti negli anni recenti molte istituzioni museali hanno cercato nuove vie di autofinanziamento, a partire dai tentativi di incrementare gli introiti dalla vendita di biglietti attraverso proposte formative, eventi sociali, mostre temporanee. Sono iniziative che non solo mirano ad aumentare il numero di visitatori, ma anche ad instaurare con essi un rapporto più approfondito. Quanto realizzato a Brescia rende evidente che attorno alle istituzioni culturali si raccolgono gli interessi di tante altre istanze sociali che nella cultura scoprono valori comuni, attinenti all’identità locale, per cui tra cultura e imprenditoria si stabilisce un rapporto da «vasi comunicanti», come l’ha definito la presidente di Brescia Musei, Francesca Bazoli.

Oggi l’Alleanza per la Cultura conta 43 aziende che nel triennio garantiscono un contributo di 1,3 milioni di euro all’anno alla Fondazione Brescia Musei. Il bilancio di questa usualmente è di circa 8 milioni di euro, dei quali almeno 3 sono necessari per gli stipendi dei dipendenti e per la manutenzione delle strutture: restano solo 5 milioni per altre iniziative quali gli eventi espositivi, cioè quelle attività che maggiormente coinvolgono il pubblico e s’impongono all’attenzione dei cittadini, e non solo a Brescia, ma in Italia e all’estero. Coi contributi dell’Alleanza per la Cultura questa offerta viene ampliata notevolmente.

Si tratta, insomma, di valorizzare il territorio quale produttore di ricchezza sia economica, sia culturale, e di guardare al medio e lungo periodo, non solo al ritorno immediato. Non a caso all’Alleanza per la Cultura partecipano anche le sedi bresciane dell’Università Cattolica e dell’Università Statale, l’Accademia di Santa Giulia e la LABA (Libera accademia delle arti). «Sono soggetti normalmente recettori, non erogatori di contributi – chiosa Karadjov – ma hanno capito l’importanza di questo modello di city management e city marketing. Gli è chiaro che la loro attrattività è parte di un processo complessivo, legato non solo alla qualità dei corsi di studi proposti. Ma anche all’ambiente culturale di tutta la città: dagli aventi espositivi alle proposte nel mondo dello spettacolo».

Così, ancor oggi si dimostra che vita attiva e vita contemplativa non sono contrapposte, ma complementari. E mutuamente necessarie perché si possa guardare con fattivo ottimismo al futuro. È un chiaro messaggio che lancia la Capitale della cultura 2023.

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