mercoledì 14 febbraio 2024
Biopap, una realtà da «ciclo naturale»
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Chi ha dimestichezza con il B Impact Assessment (Bia), strumento di valutazione utile nel percorso verso la Società Benefit e fondamentale in quello che porta alla Certificazione B Corp, sa bene che esiste una soglia base di punti (80/200) che definisce la concretezza di un percorso rigoroso sulla sostenibilità già avviato dall’azienda. Accompagnando BIOPAP nel divenire Società Benefit, ero certo che, a chiusura dell’assessment, il risultato sarebbe stato ampiamente superiore agli 80 punti, perché conosco bene l’azienda, i suoi fondatori e la loro visione strategica di sostenibilità, che ha prodotto numerose azioni concrete e innovative. E anche il Bia ha decretato in modo eloquente, con un punteggio altissimo, la bontà della loro storia.

Di un po’ di questa storia parlo con Michelangelo Anderlini, presidente e co-fondatore con la madre, Maria Teresa Brassiolo, di BIOPAP, divenuta Società Benefit da poco. L’azienda ha ideato e da vent’anni produce ed esporta in tutto il mondo contenitori per alimenti compostabili e sostenibili, con caratteristiche uniche di circolarità e performance. Con lui provo a capire dove è nata questa vocazione che ha saputo coniugare sostenibilità e innovazione, sviluppo e una nuova cultura sociale, che oggi innerva ogni loro scelta e investimento. « Può sembrare strano – racconta Michelangelo – ma per dare vita alla nostra organizzazione ci siamo rifatti ai princìpi della natura, ai tempi della semina e della raccolta. Volevamo dare vita ad un progetto che guardasse all’oggi ma soprattutto al domani, proprio come accade nei grandi cicli della natura. Sono state le nostre origini famigliari, i nostri valori ad ispirare questa attenzione, non abbiamo anticipato i tempi in virtù di una scelta aziendale, ma semplicemente allora ci sembrava giusto e bello farlo. Oggi, rispetto a trent’anni fa, tutti abbiamo maturato una maggiore consapevolezza dei problemi ambientali e sociali che ci affliggono, ma deve ancora crescere il senso di responsabilità rispetto all’impatto delle nostre azioni perché ognuno di noi è un attore che può e deve lasciare un’impronta in grado di migliorare il futuro di tutti».

Un esempio è la sede aziendale, progettata con criteri bioclimatici e utilizzando solo materiali naturali e riciclabili come il legno e la pietra, o il nuovo stabilimento, a zero emissioni, zero waste e completamente autosufficiente nel suo fabbisogno energetico, utilizzando come unica fonte l’elettricità proveniente da fonti rinnovabili. Capire come è maturata la scelta di diventare Società Benefit a questo punto è d’obbligo. «Spero di non peccare di superbia dicendo che la nostra azienda è sempre stata caratterizzata da un Dna benefit e per questo abbiamo voluto proseguire, in modo sostanziale e formale assieme, nel percorso iniziato tanti anni fa. Questo passaggio ci aiuta a divenire ancora più consapevoli della necessità di testimoniare nei fatti questo modo di fare impresa e di renderlo ancora più coerente con la nostra visione e la strategia che condividiamo con chi lavora con noi.

A questo si aggiunge, forse per la prima volta, la volontà di comunicare agli altri che è possibile impegnarsi per migliorare la realtà interna ed esterna dell’impresa: l’ambiente che abitiamo, la società, le persone e che questa è la vera sfida di un’impresa oggi e domani». Ma è veramente possibile costruire una comunità tesa al bene comune, stimolando chi lavora all’interno e, nel contempo, i clienti, i partner, il territorio? «Sicuramente sì – risponde Michelangelo senza indugio – e la festa che abbiamo organizzato a settembre per inaugurare il nuovo sito produttivo è stata un esempio. I collaboratori, le istituzioni e tanti amici, clienti e fornitori provenienti da tutto il mondo hanno festeggiato con noi un progetto comune, nel quale ognuno ha dato un suo contributo determinate e spero proprio abbia ricevuto altrettanto».

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