venerdì 18 ottobre 2024
Negli ultimi 35 anni in Italia ne sono nati 600, che hanno contribuito a salvare circa 30mila posti di lavoro. Presentano un tasso di sopravvivenza elevato, pari quasi all’80%
Un lavoratore in una cartiera salvata dal fallimento

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Un lavoratore in un'azienda che rischia il fallimento può diventare "imprenditore". I Wbo-Workers buy out rappresentano il segno tangibile di quello che la cooperazione permette di realizzare in risposta a situazioni di crisi. Solo negli ultimi cinque anni Fondosviluppo Confcooperative ha sostenuto 23 Wbo che hanno dato lavoro a 487 persone. Negli ultimi 35 anni in Italia ne sono nati 600, che hanno contribuito a salvare circa 30mila posti di lavoro. La prima forma di Wbo in Italia risale al 1983 con le Ceramiche Livorno e la costituzione della Cooperativa Ceramica Industriale Livorno.

Nel 1996 l’apertura da parte della Commissione Europea di una procedura d’infrazione aveva bloccato l’operatività della legge Marcora (approvata nel 1985): la mancata definizione delle modalità di rimborso dei capitali immessi nelle cooperative configurava gli interventi come “aiuti di Stato” non compatibili con le norme europee sulla concorrenza. «La legge di riforma, varata dal Parlamento nel 2001, ha recepito le intese raggiunte con la Commissione Europea - spiega Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative - e ha sviluppato ulteriormente le intuizioni originarie di Marcora, costruendo un modello di intervento più evoluto. Le risorse pubbliche vengono conferite dallo Stato a titolo di capitale sociale nelle società finanziarie. E ai lavoratori riuniti in cooperativa è stato attribuito – nel 2014 – il diritto alla prelazione nelle procedure che prevedono l’affitto o l’acquisto delle aziende o dei rami d’azienda di cui essi erano dipendenti».

L’investimento medio per occupato è inferiore ai 12mila euro, meno di quanto costi un anno di disoccupazione. Nel caso dei Wbo però si crea lavoro che genera reddito e gettito fiscale e previdenziale: per un euro investito alla comunità ne ritornano otto. Nessuno fa meglio, come dimostra anche Cfi-Cooperazione Finanza Impresa, investitore istituzionale promosso dalla cooperazione e dal Mimit-Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

«I Wbo uniscono chi rischia di perdere il lavoro, affidando loro le sorti dell'impresa e dando vita a un progetto imprenditoriale rinnovato - aggiunge Gardini -. Crediamo in questo strumento, e per questa ragione abbiamo deciso di continuare a
sostenerlo. Il sostegno alle imprese rigenerate dai lavoratori rappresenta l’impegno concreto di Confcooperative a favore dell’occupazione, della valorizzazione e conservazione delle conoscenze, del know how, in sostanza del patrimonio economico, sociale e culturale dei territori interessati».

Perché ogni impresa che si salva dalla crisi e riparte rappresenta una vittoria. Per i lavoratori che salvano l’occupazione, diventano imprenditori di sé stessi e guardano al futuro con speranza. Per il territorio che conserva una fonte di sviluppo e non perde professionalità e competenze che continuano a generare benessere. Imprese rigenerate che hanno permesso di salvare l’occupazione, ma anche la cultura del saper fare. Nella quasi totalità dei casi le imprese recuperate hanno assunto la forma della cooperativa. Coerente alla sua natura, la cooperativa ancora una volta si è rivelata lo strumento migliore per organizzare in forma imprenditoriale coloro che si uniscono per soddisfare un bisogno comune. Il territorio che esalta l’autoimprenditorialità trasforma un lavoratore in imprenditore di sé stesso, non aspetta interventi dall’alto ma prende in mano le sorti del suo destino.

Nei Wbo è possibile ritrovare l’essenza dal mutualismo, del fare impresa avendo come bussola il bisogno, dove il profitto è mezzo ma non fine. Oltre al coraggio di ripartire, di rischiare, di credere nelle proprie capacità per continuare a coltivare la speranza.

I Wbo presentano inoltre un tasso di sopravvivenza elevato, pari quasi all’80% delle esperienze complessive. Ci sono, tuttavia, degli elementi specifici che ne decretano il successo. Il primo di questi è l’orientamento imprenditoriale. Per le persone coinvolte, è una scelta di vita piuttosto che una «semplice» decisione aziendale. Per questo motivo, è necessario che vi sia una piena consapevolezza dei rischi e dei sacrifici che dovranno essere sostenuti e una forte motivazione da parte dei soci a intraprendere e condividere un simile percorso. Il secondo elemento è costituito dalla necessità per l’impresa di detenere competenze diversificate. È indispensabile che la cooperativa riesca a trattenere o ad acquisire competenze nella ricerca e sviluppo, nel marketing, nel commerciale e nella gestione aziendale, in modo da riuscire a sviluppare nuovi prodotti e nuovi mercati.

I riferimenti all'estero

I Wbo sono un fenomeno sorto negli Stati Uniti all'inizio degli anni Ottanta del secolo scorso, a causa della recessione allora in atto, che ha determinato la chiusura di numerose imprese (soprattutto nella grande distribuzione) e che ha visto un ruolo propositivo dei sindacati per preservare i posti di lavoro. Ai lavoratori, per esempio nel caso dell'acquisizione della Great Atlantic & Pacific Tea Company, è stato chiesto dal sindacato di conferire un contributo iniziale pari a 5mila dollari, assieme a una decurtazione in busta paga di 200 dollari per realizzare questo processo che li ha visti diventare anche imprenditori. Negli Stati Uniti, quindi, i Wbo hanno
fin dal principio riguardato sia grandi imprese (per esempio la National Steel Mill in Virginia, con 7mila addetti), che piccole realtà produttive (tra cui supermercati in Pennsylvania con meno di 50 lavoratori). Come forma di autogestione di fabbriche, i Wbo sono stati realizzati con successo anche nell'industria aeronautica dei trasporti, per esempio con la compagnia aerea United Airlines che, nel 1994, è stata rilevata da una parte dei propri dipendenti.

Negli anni più recenti poi i Wbo hanno conosciuto una rinascita anche al di fuori degli Stati Uniti, dapprima in Argentina con le “empresas recuperadas por sus trabajadores” (imprese recuperate o Ert), in particolare nel periodo successivo alla grande crisi da svalutazione del pesos nel 2001 e alla conseguente chiusura di numerose fabbriche. Moltissimi lavoratori rimasti disoccupati hanno deciso così di mettersi in gioco, avendo competenze e professionalità necessarie per ricominciare, recuperando le imprese per cui lavoravano, costituendo cooperative di lavoro che hanno dato nuova vita alle aziende. Il tasso di successo è risultato alto e i lavoratori hanno acquisito consapevolezza e sicurezza, grazie al modello cooperativo. Nel Paese sudamericano è stato anche istituito un Osservatorio per seguire e promuovere le attività dei Wbo, dove trovare informazioni sulle Ert e approfondire questo fenomeno.

I Wbo sono stati quindi sperimentati con successo anche in Europa. Consente ai lavoratori di un'impresa, di costituirsi in cooperativa acquisendo la società preesistente, mantenendo così il proprio posto di lavoro, diventando imprenditori e gestendo
direttamente l'azienda. Si tratta quindi di un meccanismo capace di integrare politiche del lavoro e politiche di sviluppo, per contrastare il declino industriale causato dagli effetti della crisi. Non è quindi una misura assistenziale: i Wbo devono non solo poggiare su un mercato capace di assicurare ricavi, ma deve sapere sfruttare il know-how dei lavoratori interessati a rilevare l'impresa, anche rischiando in prima persona in veste di imprenditori. Alla base del successo dei Wbo vi è innanzitutto la volontà di adesione dei lavoratori. Si tratta di un processo che inizia dalla cessione o liquidazione dell'azienda o di parte di essa; dall’esigenza di affrontare il ricambio generazionale e consiste in contrattazioni con sindacati, organismi di rappresentanza delle cooperative, consulenti e prevede la sottoscrizione del capitale sociale attraverso l'anticipazione della mobilità o della Naspi o il conferimento del Tfr da parte dei lavoratori.

Tante le buone pratiche

Tra gli esempi più noti, in Piemonte c’è la Cartiera Pirinoli. Fondata nel 1872 da Gaspare Pirinoli a Roccavione, in provincia di Cuneo, l’azienda ha segnato la storia industriale italiana con l’introduzione di tecnologie innovative come la macchina continua per la produzione di carta. Passata alla famiglia Eva nel 1937, si è specializzata in cartoncino per astucci, diventando leader nel settore. Acquisita nel 2006 da Pkarton e trasformata poi in Società Cooperativa nel 2015, ha mantenuto un ruolo di primo piano nella produzione di cartoncino patinato da fibra riciclata. Oggi ha 96 addetti, è presente in tutti i mercati europei ed è specializzata nella produzione di cartoncino multistrato e monolucido per astucci pieghevoli e cartoncino per cartotecnica, per tubi e per interfalde, riciclabile al 100%. Sempre in Piemonte, a Verbania, ma in tutt’altro ambito, c’è anche Archimedia Sistemi Società Cooperativa. Nata nei primi mesi del 2019 direttamente da un’operazione di workers buyout, dà continuità a oltre 25 anni di attività in qualità di Partner Sistemi. Con un patrimonio netto di 250 mila euro e un valore della produzione che supera un milione di euro, l’azienda ha 400 clienti e offre tecnologie, servizi e soluzioni per l’organizzazione, la gestione e controllo delle imprese, ma anche dell’attività di professionisti.

Spostandosi verso Brescia, invece, si trova l’azienda Nova Engines, emersa dalla crisi di Novarossi Srl. L’iniziativa di Wbo, promossa alla fine del 2021 da una parte degli ex dipendenti, puntava al rilancio della fabbricazione di micromotori per modellismo, ambito in cui la precedente azienda si era distinta come leader. La complessità nel perfezionare il processo di produzione, insieme alla necessità di ingenti investimenti e all'intensificarsi degli sforzi per promuovere il prodotto prevalentemente sui mercati internazionali, avevano reso necessario un incremento delle risorse finanziarie. Nel 2023, l’emergenza è stata affrontata sia da parte dei soci lavoratori, con apporto di capitale e riduzione dei costi, sia da Cfi, che ha deliberato ulteriori risorse. L'obiettivo è raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2024.

Un'altra operazione di rigenerazione di impresa da parte dei lavoratori è la ex Trafomec di Tavernelle, in Umbria. L’azienda metalmeccanica oggi si chiama Trafocoop ed è stata rilevata, con il supporto di Cfi e altri soggetti, da 31 dipendenti, dopo il fallimento del 2022 da parte di un gruppo cinese. E restando in terra umbra, la cooperativa Ceramiche Noi. Tutto ha inizio nel 2019, quando i dipendenti di una piccola azienda ceramica di Città di Castello ricevono la notizia della chiusura della loro impresa. La proprietà avrebbe delocalizzato la produzione in Armenia e loro avrebbero perso il lavoro. Dopo una reazione iniziale di smarrimento, 12 lavoratori non si arrendono, decidono di difendere il loro lavoro e di riappropriarsi del loro futuro. Con il supporto iniziale di Legacoop, costituiscono una cooperativa e accedono agli strumenti finanziari previsti per le operazioni di Wbo, investendo tutta la Naspi e una parte del loro Tfr. Attraverso queste risorse, acquistano i macchinari e avviano l’attività della nuova impresa.

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