Alta presenza femminile, quasi un terzo del totale dei lavoratori è rappresentato dai giovani, manodopera straniera al 17% rispetto alla media dell’8,6. È la fotografia di un settore, quello del turismo, che si discosta molto dagli altri comparti produttivi. Non tutti i numeri, però, sono positivi. Secondo i dati elaborati da SL&A Turismo e Territorio per conto del Centro studi del Cemu, il turismo si differenzia anche per la bassa percentuale di assunti a tempo indeterminato (solo il 60,5%) e la minor incidenza di contratti a tempo pieno (41,5%). Tutto ciò si riflette nel numero di giornate retribuite – molto più basso rispetto ad altri settori – e in una paga unitaria inferiore alla media. Nonostante alcune difficoltà, tra cui il maltempo che ha ritardato l’inizio della stagione estiva, le imprese sembra si siano organizzate per le assunzioni. Già lo scorso anno si era registrato un aumento dell’occupazione (+3,5%), in questo caso meglio della media nazionale del 2,3% e le previsioni turistiche per la stagione estiva fanno ben sperare. Secondo l’indagine elaborata Confesercenti, si metterà in viaggio per raggiungere le mete delle vacanze il 69% degli italiani, contro il 60% del 2015. Per Coldiretti, dal mese di luglio il settore turistico è in ripresa con effetti diretti sull’occupazione per cuochi, camerieri, addetti all'accoglienza e all'informazione, ai servizi e all'assistenza alla clientela, ma anche nelle strutture impegnate a offrire prodotti e servizi, a partire da quelle agroalimentari. Cosi come positive appaiono le stime di Federalberghi e dei tour operator intervistati da Enit. "Non possiamo che accogliere con favore le notizie dei forti segnali di ripresa di un settore che riteniamo strategico per tutta l’economia italiana", è il commento di
Cristian Sesena, segretario nazionale della Filcams Cgil: "Per questo continuiamo a ribadire la necessità di qualificare la nostra offerta anche (e soprattutto) attraverso la qualità del lavoro". I dati che caratterizzano il settore devono far riflettere, in particolare le percentuali sulle tipologie contrattuali e di conseguenza le retribuzioni, tra le più basse del nostro Paese. "Proprio in questa fase di possibile uscita dalla crisi – sottolinea il dirigente sindacale – è indispensabile ripartire con una strategia a lungo termine. Vanno rinnovati innanzitutto i contratti nazionali, al palo da più di tre anni, vanno promossi (e non solo promessi) investimenti mirati da parte anche delle istituzioni. Solamente mettendo in campo una serie coordinata di interventi si potrà consolidare e capitalizzare questa ancora incerta fase di crescita".