Niente sconvolgimenti nei piani di assunzione delle imprese. Ma tra chi pensa di cambiare la propria pianta organico, aumenteranno gli ingressi con contratti a termine e in apprendistato, mentre cala la disposizione ad assumere con contratto a tempo indeterminato. Sono queste le maggiori evidenze di un sondaggio
effettuato da Gi Group, la prima multinazionale italiana del lavoro, in
collaborazione con OD&M Consulting su oltre 300 aziende per capire
come le organizzazioni prevedono di cambiare il ricorso alle tipologie
contrattuali, alla luce delle novità introdotte dal Jobs Act, di cui il
Decreto Lavoro da poco convertito in legge costituisce il primo atto.Nel corso del prossimo anno la maggior parte delle imprese non effettuerà grandi cambiamenti nel ricorso alle diverse forme contrattuali per l’inserimento di nuovo personale. Tuttavia, tra le aziende che hanno dichiarato variazioni, da segnalare che aumenterà in particolare l’utilizzo del contratto a tempo determinato (per il 44,4% dei rispondenti) dell’apprendistato (per il 29,3%), dei tirocini (per il 26,6%) e della somministrazione a tempo determinato (per il 24,2%). Le imprese hanno dichiarato, invece, che prevedono in diminuzione soprattutto l’utilizzo di altre forme contrattuali, come il contratto a progetto e le partite IVA (22,9%), e il contratto a tempo indeterminato (22,9%).“Ci auguriamo che il percorso intrapreso di incentivazione e facilitazione della buona flessibilità venga proseguito e portato a compimento con la Legge Delega mediante l’introduzione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti – commenta Stefano Colli-Lanzi, Ceo di Gi Group -. Questo riconsegnerebbe al tempo indeterminato la centralità che gli spetta nelle scelte di assunzione delle aziende, demandando al contratto di somministrazione tramite agenzia la gestione della vera e buona flessibilità. Di conseguenza, auspichiamo, altresì, che tale percorso porti ad un utilizzo sempre più ridotto di forme di cattiva flessibilità, come collaborazioni, contratti a progetto, false partite iva, associazioni in partecipazione, ovvero forme contrattuali che in molti casi non fanno altro che mascherare, in modo fraudolento e precarizzante per le persone, rapporti di lavoro stabili”.