Settore eolico in crescita in Italia - Archivio
La transizione energetica nel nostro Paese – in particolare negli ultimi due anni – ha guidato il mercato del lavoro nella trasformazione e nella formazione di nuovi professionisti con le caratteristiche e le competenze necessarie per affrontare i cambiamenti legati all'economia "verde". Negli ultimi anni abbiamo assistito a un forte spostamento tra mercati affini di figure in grado di riadattarsi ai nuovi scenari e convertire la loro esperienza per far fronte alle caratteristiche degli impianti a fonte rinnovabile: è evidente come molte figure di project management e di progettazione abbiano seguito professionalmente questa tendenza di mercato. «L'offerta di professionisti con competenze legate alla sostenibilità – spiega Gionata Aldeghi, manager della divisione Renewables & Energy Efficiency Division di Hunters Group, società di ricerca e selezione di personale altamente qualificato – rimane comunque fortemente inferiore alla domanda: siamo ancora lontani (di oltre il 40%) dalla diffusione delle skill di cui le aziende hanno bisogno e che ogni giorno ci richiedono. Lo spostamento delle competenze e il continuo investimento sui progetti di reskilling e percorsi per nuovi laureati avvenuti negli ultimi anni non sono stati sufficienti per colmare il gap tra domanda e offerta, non fornendo spesso alle aziende le competenze tecniche e l’esperienza necessaria per i progetti in fase di sviluppo o cantierabili. Le difficoltà affrontate dal settore fotovoltaico nel mercato del lavoro potranno verificarsi nuovamente nei prossimi anni sui nuovi scenari che si apriranno nel mondo delle rinnovabili. Una prossima sfida potrebbe essere rappresentata dall’eolico offshore galleggiante, che si stima possa valere la creazione di circa 1,3 milioni di posti di lavoro nel triennio». Queste tipologie di progetti, oltre a dare un forte impulso alla transizione ecologica nel nostro Paese (l’Italia si distingue come il terzo mercato mondiale potenziale per tipologia di impianti), necessita della creazione di nuovi professionisti in grado di guidare i progetti. «Saper anticipare il mercato, costruendo in casa i nuovi profili dei quali avremo necessità tra cinque anni – aggiunge il manager – è segno di lungimiranza e potrebbe permettere all’Italia di essere ancora una volta fautrice di innovazione, e non semplice follower di mercato. Sarebbe fondamentale, infatti, poter accedere a profili locali e non doverci trovare a identificare professionalità straniere, che abbiano già maturato competenze, da Paesi esteri, rischiando così di aumentare ulteriormente il divario salariale tra l’Italia e il resto d’Europa».
Tra i principali profili richiesti:
• Project manager: è una delle figure più richieste sul mercato, un professionista in grado di saper gestire la commessa, pianificando le attività e interfacciandosi con i vari tempi dettando tempistiche e scadenze, rispettando il budget nella gestione operativa del progetto.
• Asset manager: questa figura ha un background in Ingegneria o Economia, si occupa dell’adempimento degli aspetti tecnici, finanziari e amministrativi di un impianto energetico durante le fasi di sviluppo, costruzione e funzionamento.
• Permitting manager: è la figura professionale che si occupa di richiedere agli enti preposti le autorizzazioni necessarie per costruire impianti a energia rinnovabile.
«Questo scenario – conclude Aldeghi – potrebbe inoltre significare un’ulteriore spinta nella crescita professionale nel Sud Italia già coinvolto nella transizione della Green Economy; è necessario tuttavia investire per tempo nel creare le competenze necessarie nel supportare il settore e far fronte alla domanda di lavoro».
Di fronte alla sfida di ridurre i gas serra e di raggiungere la quota emissioni zero, in Europa, entro il 2050, le organizzazioni stanno dimostrando un forte impegno negli investimenti e nella incentivazione economica in tutti i settori produttivi. Il conflitto in Ucraina, la situazione del mercato energetico e l'attuale contesto geopolitico hanno costretto l'Ue ad adottare misure urgenti per accelerare il processo di transizione energetica e per agevolare l'indipendenza energetica dell'Europa da fornitori inaffidabili e combustibili fossili volatili. «La transizione energetica verso modelli più sostenibili e indipendenti favorisce la crescita del settore energetico, in particolare del mondo del rinnovabile. Questa tendenza incoraggia le società estere e le multinazionali a inserirsi nel mercato energetico europeo per intraprendere un percorso che parallelamente genera una sostanziale crescita di posti di lavoro altamente qualificati. Il mercato del lavoro in tale ambito, però, è contraddistinto da una significativa carenza di personale, costituendo pertanto una sfida che le società europee che operano in questo settore sono tenute ad affrontare. Tra le nuove fonti energetiche legate alla transizione emergono le seguenti: l’idroelettrico è al primo posto, seguito dal fotovoltaico ed eolico, mentre la bioenergia e la geotermia si collocano per ultime costituendo il 20% del totale», afferma Simone Spaziani, Senior Manager - Engineering, Procurement & Supply Chain di Robert Walters Italia.
Le aziende del settore energetico devono concentrarsi sulla formazione, l'istruzione e la riqualificazione dei dipendenti. La curva di apprendimento di alcune tecnologie è relativamente breve per i professionisti qualificati, e ciò dimostra quanto questo tipo di profili siano in grado di adattarsi alle nuove tendenze molto rapidamente. L'impegno per la flessibilità, l'equilibrio tra lavoro e vita privata e la creazione di politiche di fidelizzazione dei talenti è essenziale per le aziende che vogliono competere per i migliori professionisti. Sul fronte salariale, si registrano tensioni nel mercato delle assunzioni, in gran parte dovute alla carenza di professionisti altamente qualificati disponibili e all'elevato turnover dei profili, con un conseguente aumento dei salari nel settore di circa il 7% rispetto al 2022. I professionisti che hanno potere contrattuale e possono beneficiare dei maggiori aumenti retributivi sono quelli legati allo sviluppo e alla gestione, in quanto le aziende del settore devono avvalersi del miglior team e della migliore leadership per sviluppare ed eseguire i loro progetti nei tempi e nei costi previsti.
L'eolico offshore tra sviluppo e difficoltà
Evidenziare il contributo dell'eolico offshore galleggiante al processo di decarbonizzazione del Paese e le ricadute di questa tecnologia sull'economia italiana e le filiere locali. È questo l’obiettivo della Floating Offshore Wind Community, progetto creato da The European House - Ambrosetti in collaborazione con i Partner Renantis, BlueFloat Energy, Fincantieri e Acciaierie d’Italia. Entrando nel merito dell’eolico offshore, si possono distinguere due macro-tipologie: la “fixed-bottom”, la cui fondazione è radicata al fondale marino, e la “floating”, che è supportata da una struttura galleggiante e attraccata al fondale tramite un sistema di ancoraggio e cavi. Quest’ultima presenta notevoli vantaggi: può essere installata in acque più profonde e con venti più forti, il che aumenta il potenziale energetico; può essere posizionata più lontano dalla costa, risultando quasi invisibile nel paesaggio e riducendo i conflitti di interesse con altri usi del mare; e ha minori impatti sull’ambiente e la fauna marina, restando maggiormente in superficie. Effettuando un confronto con i principali player internazionali, emerge che, con una capacità installata di eolico offshore (a fondo fisso) al 2022 pari a 30 MW e un obiettivo al 2030 pari a 2,1 GW (tra impianti a fondo fisso e galleggiante), il nostro Paese viene ampiamente distaccato dalla Cina, leader mondiale, dal Regno Unito, secondo mercato mondiale, e dalla Germania, leader in Ue - che, rispettivamente, vantano un installato nel 2022 pari a 30 GW, 14 GW e 8 GW e un target al 2030 pari a 60 GW, 50 GW e 30 GW (quasi interamente impianti a fondo fisso). Mentre le potenze globali puntano con decisione su questa tecnologia, la bozza di aggiornamento del nostro Pniec-Piano nazionale integrato energia e clima prevede che solo il 2% dell’obiettivo di potenza rinnovabile elettrica installata al 2030 provenga da impianti eolici offshore (a fondo fisso e galleggianti). Grazie alle caratteristiche morfologiche e alla conformazione dei fondali marini, il nostro Paese ha un enorme potenziale per l’installazione di eolico offshore galleggiante: secondo le stime del Global Wind Energy Council, l’Italia è il terzo potenziale mercato mondiale per eolico galleggiante. Inoltre, secondo il Marine Offshore Renewable Energy Lab e il Politecnico di Torino, il potenziale italiano di eolico offshore galleggiante è pari a 207,3 GW (x3,4 le FER installate nel 2022) in termini di potenza, e 540,8 TWh/anno (x1,7 la domanda elettrica nel 2022) in termini di generazione.
Tra le aree del Paese con maggiore potenzialità di sviluppo di questa tecnologia si evidenziano la Sardegna, la Sicilia e la Puglia, in un contesto in cui queste regioni mostrano un divario di rinnovabili da colmare, rispettivamente, del 128%, del 115% e del 50%. Un motivo in più per investire nell’eolico offshore galleggiante, evidenzia la Community. La produzione di eolico offshore galleggiante attiverebbe, inoltre, alcuni settori chiave per l’Italia, in particolare quello dei prodotti metallici, dei materiali da costruzione, della meccanica avanzata, delle naval-meccanica e delle attrezzature elettriche - per un totale di 255,6 miliardi di euro e 1,3 milioni di occupati.
La Community ha messo in luce alcune questioni aperte da affrontare per permettere lo sviluppo dell’eolico offshore galleggiante in Italia. Anzitutto, manca l’individuazione di un obiettivo ambizioso, che dovrebbe essere pari ad almeno 20 GW al 2050, che incentivi gli investitori nello sviluppo di questi progetti. In Italia manca, inoltre, una pianificazione strategica dello spazio marittimo: coerentemente con l’obiettivo di 20 GW al 2050, essa deve identificare, soprattutto nei mari di Sicilia, Sardegna e Puglia, aree che per numero e dimensioni permettano questi sviluppi. Un’ulteriore sfida è quella di efficientare gli iter autorizzativi – a oggi, i progetti di eolico offshore richiedono tempistiche lunghe, includendo le attività organizzative legate alla filiera e al sito costruttivo. È inoltre auspicabile definire sistemi incentivanti a livello Paese che permettano uno sviluppo concorrenziale dell’eolico galleggiante, oltre ai necessari interventi per ampliare la capacità di rete a livello Paese.
Inoltre la costruzione dei 67 impianti eolici off-shore progettati nei mari italiani sottrarrebbe una superficie di circa 13mila chilometri quadrati alle attività di pesca professionale, l'11,6% del totale, in particolare lo strascico e maricoltura, con inevitabili ripercussioni sulla loro sostenibilità economica, in relazione ai volumi del pescato e all'occupazione. È quanto emerge dallo Studio di ricognizione e approfondimento sullo sviluppo delle attività legate alle risorse energetiche alternative, realizzato dal Consorzio Mediterraneo, struttura di ricerca aderente a Legacoop Agroalimentare. A subire effetti particolarmente pesanti, secondo lo studio, sono le marinerie attive nelle acque marittime della Puglia Centrale e meridionale, della Sardegna Meridionale e della Sicilia Sud-Occidentale. Relativamente all'impatto occupazionale, si stima una perdita di oltre 4mila addetti, senza tenere conto del ridimensionamento sull'indotto industriale e commerciale, concentrati soprattutto nella Sicilia Sud-Occidentale (oltre 2mila addetti in meno), in Puglia centrale e meridionale (mille), Sardegna meridionale (500); seguono Romagna (300), Lazio (200), Calabria e Sicilia Ionica (200). Dei 67 impianti proposti, 18 per la Sicilia, 18 per la Sardegna, 15 per la Puglia, sei per la Calabria, sei per il Lazio, tre per l'Emilia Romagna. Tra l'altro, per molti si evidenziano aree di sovrapposizione, che sarebbe bene evitare avviando un'analisi sulle autorizzazioni già concesse o in via di rilascio. Considerando che l'attuale superficie marittima utilizzabile per la pesca a strascico è di poco più di 112mila chilometri quadrati, il 32% della superficie complessiva delle acque italiane, la riduzione dei 13mila chilometri quadrati determinata dalla realizzazione degli impianti previsti, significherebbe sottrarre un ulteriore 11,6% della superficie dei mari di giurisdizione italiana utilizzabile per questo tipo di attività.
Anev, aste e formazione
L'associazione delle imprese dell'eolico Anev giudica positivamente l'esito delle 13esime aste del Gse (Gestore dei servizi energetici) per gli incentivi alla rinnovabili, che hanno visto assegnare 1,041 Gigawatt di potenza su 1,627 Gw disponibili. Anev apprezza «le tempistiche rispettate che, per la prima volta, anticipano la scadenza, dando un segnale di efficienza del nuovo Gse molto apprezzata dagli operatori Fer-Fonti di energia rinnovabili». Quindi, prosegue l'associazione, «l'adeguamento delle tariffe poste a base d'asta, fortemente voluto dall'Anev che ne ha fatto una battaglia lunga alcuni anni e finalmente vinta, ha portato ad una partecipazione molto maggiore delle procedure precedenti». «Altro elemento da sottolineare - scrive Anev - è l'assegnazione di moltissima potenza (79 progetti pari a 1,001 Gw in Asta e 63 progetti per 40,10 Mw a Registro) grazie all'attivazione da parte del Gse della possibilità di utilizzare potenza di contingenti inutilizzati per recuperarli dove necessario». Inoltre «risulta molto piccolo il numero di progetti esclusi, cosa importante poiché denota un livello dei progetti crescente anche grazie al soccorso amministrativo prestato da Gse in questa procedura». «Ora si continui su questa strada - conclude l'associazione - fornendo agli operatori dei segnali di prezzo adeguati nei prossimi Decreti Fer X e Fer2, differenziando le tecnologie e adeguando le tariffe all'inflazione anche dopo l'aggiudicazione e durante l'esercizio».
Infine sono aperte le iscrizioni per partecipare al corso di formazione La sicurezza nel parco eolico, organizzato dall’Anev il 28 e 29 febbraio a Rimini in occasione nella manifestazione Key 2024. Il corso è rivolto a tutti coloro che vogliono conoscere e approfondire la normativa vigente sul tema della sicurezza negli impianti eolici; imparare a gestire l’emergenza in un parco eolico; conoscere i principali fattori dell’analisi di rischio e individuare e minimizzare la matrice del rischio. Inoltre è previsto l’utilizzo del “simulatore in realtà virtuale” per la gestione di un aerogeneratore, elaborato dall’Anev nel progetto europeo SimulWind. Il corso può rilasciare crediti formativi professionali. Sarà possibile partecipare in presenza e da remoto. Qui il link per l’iscrizione. Per informazioni scrivere a: formazione@anev.org.