E' un Salone un po’ depresso, molto assente, discretamente supponente con questa insistita corsa all'elettrificazione ancora distante dalla realtà dei fatti e dall'uso quotidiano che la gente fa dell'automobile. Così il Mondial de l’Automobile 2018 che apre al pubblico domani a Parigi, di mondiale ha soprattutto la lista di chi non ci è venuto. Segno dei tempi e del panorama che cambia: per la prima volta partecipa a un Salone internazionale un marchio vietnamita (VinFast) con ambizioni e un Suv di lusso, mentre i cinesi di Gac Motor per far capire che ci sono (e che ci saranno sempre di più) si regalano uno stand che fa invidia ai grandi costruttori tradizionali.
Ma non è comunque un buon momento per i Saloni, e nemmeno per le quattro ruote in generale, soffocate dai divieti di circolazione sulle strade e la caccia all’untore diesel nelle menti e nei provvedimenti degli ammini-stratori cittadini. Il mercato europeo regge senza entusiasmare, quello italiano ha appena pagato con un conto da -25% il suo settembre nero, complice la spasmodica offerta di sconti praticati a luglio e agosto per smaltire le giacenze di vetture non omologate Euro 6C o 6D temp ora invedibili (salvo deroghe) per le nuove norme Wltp. La pressione sui costruttori intanto è sempre più forte: oggi il Parlamento Ue voterà in merito alla proposta della Commissione Europea che chiede la riduzione – del 15% al 2025 e del 30% al 2030 rispetto al target previsto per il 2021 – delle emissioni di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri immatricolati dopo il 2020. L’inevitabile politica che punta al raggiungimento delle zero emissioni si scontra però con la necessità di una gradualità di provvedimenti auspicata dall’industria automobilistica europea per difendere investimenti e occupazione.
È questo lo scenario sul quale si apre il Salone di Parigi, disertato dal Gruppo Fca: c’è solo Maserati a rappresentarlo, e Ferrari con la prima mondiale delle Monza SP1 e SP2, splendide, esagerate e un filo sotto l'inutile. Mancano Alfa Romeo, Jeep e Fiat; mancano Volkswagen, Ford, Volvo e molti giapponesi. Assenti persino Opel e Nissan, che pure fanno parte di gruppi francesi o sono loro alleati (rispettivamente Psa e Renault) che qui giocano in casa. È facile stimare che circa il 40% del mercato non sia rappresentato in quella che era per importanza la terza rassegna mondiale dopo Ginevra e Detroit. Ma è il sistema Salone in generale che in un mondo globalizzato e iperconnesso sta perdendo la sua ragione d’essere. Troppo caro affittare e allestire uno stand (5 milioni di euro la richiesta media), troppo forte il rischio di vanificare un investimento del genere che ha ormai scarso ritorno d’immagine.
Tedeschi e francesi soprattutto però ci credono ancora: più spazi che contenuti per Renault che qui presenta molta aria fritta e si rifugia nel vintage, più sostanza per Citroen che mostra la C5 Aircross anche nel prototipo della versione ibrida ricaricabile, e Peugeot che toglie i veli alla 508 SW. Mercedes (con la EQC), Audi (con la e-tron), DS (con la DS3 Crossback E-tense) presentano rispettivamente le loro prime vetture completamente elettriche, mentre Tesla mostra per la prima volta in Europa l’attesa Model 3, in verità esteticamente meno bella di quanto ci si aspettasse.
Per fortuna debuttano anche modelli “veri” pronti per essere guidati, come la nuova versione della Bmw Serie 3 e della Mercedes Classe B. E qualche soluzione tecnologica inedita, come le telecamere al posto degli specchietti retrovisori esterni montate sull'Audi e-tron Per il resto, qualche concept-car che non andrà mai in produzione ma buona per far scena. E un fiorire di proposte ibride: praticamente nessun marchio rinuncia a presentare un modello a doppia alimentazione. Con quali reali contenuti di risparmio di consumi e quindi di emissioni, questo è tutto da discutere. Ma la parola d’ordine ormai è una sola: elettrificazione, a tutti i costi. Per continuare a correre, o forse anche solo per sopravvivere.