Lo sviluppo sostenibile può aiutare anche l'occupazione - Archivio
Con l’ambiziosa strategia che mira a compensare al 100%, attraverso azioni specifiche, le emissioni di gas serra all’interno dell’Ue entro il 2050, anche l’Italia si prepara ad affrontare la sfida di raggiungere la neutralità climatica. Ciò che si prospetta nei prossimi anni è una transizione verso un’economia pulita che avrà un considerevole impatto anche sul mercato del lavoro. Le aziende, infatti, necessitano sempre più di competenze “verdi”, anche in relazione all’adozione di nuove tecnologie nel campo della sostenibilità. Secondo l’ultimo rapporto GreenItaly, in Italia gli addetti ai “lavori verdi” hanno superato i tre milioni già nel 2018, mentre le stime prevedono che entro il 2025 saranno necessari circa un milione di nuovi lavoratori, che dovranno essere formati su nuove competenze riguardanti l’efficienza energetica e la digitalizzazione: quando si parla di nuove professioni legate al mondo della sostenibilità, infatti, queste sono strettamente collegate con l’ambito digital e dovranno conoscere e amministrare a vari livelli le tecnologie digitali utilizzate nei relativi ambiti industriali in cui andranno a collocarsi. Proprio alcuni giorni fa 100 imprese "verdi" hanno deciso di allearsi per stilare insieme il primo Manifesto sul futuro circolare. Perché il futuro è sempre più legato a quelle realtà che sanno scommettere su prodotti, servizi, soluzioni ecosostenibili e circolari utilizzando le potenzialità della tecnologia e del digitale. Un Manifesto, un documento identitario, condiviso, visionario, che verrà stilato attraverso un hackathon virtuale da settembre a novembre, annunciato alla Camera dei deputati durante il Wwworkers Camp 2022, organizzato dalla community Wwworkers.it in collaborazione con l'Intergruppo Parlamentare Innovazione. A pochi giorni dalla consultazione elettorale, 30 piccole imprese dal cuore verde hanno raccontato come hanno deciso di fare la differenza e si sono confrontate con i rappresentanti delle coalizioni che si presentano alle Politiche 2022, gli esperti, le istituzioni. Tra le tante storie, da Milano quella di Energy Dome, che ha ideato la prima batteria del mondo a CO2, da Firenze quella di Blue Eco Line, impegnata a ripulire i fiumi italiani dalla plastica. Ma c'è anche Exentiae, con la quale a Catania tre farmacisti-agricoltori producono ecosapone salva-monumenti o Sibillana, che a Montefortino dona nuova vita alla lana sucida (appena tosata e non lavata) che non trova spazio nel mercato tessile italiano. E ancora Circular Farm, che a Scandicci coltiva funghi in acquaponica partendo dai fondi di caffè e ha ideato un kit per l'autoproduzione casalinga. E da Cosenza Le Greenhouse, il primo consorzio di aziende specializzate nella coltivazione di agrumi in serre fotovoltaiche, che immette il 95% dell'energia prodotta nella rete nazionale.
Ecco i manager "verdi" più richiesti
Sustainability Manager, Environmental Manager, Governance Manager, Social Manager ed Energy Manager risultano le figure più richieste nell’ultimo anno. Gli ultimi dati dell’Osservatorio 4.Manager rivelano che più della metà delle grandi e medie imprese sta elaborato una strategia di trasformazione per diventare sostenibili e cerca professionisti del settore in grado di comprendere tutti i processi aziendali, individuarne i punti deboli, riorganizzare la gestione interna e pianificare la migliore strategia in un’ottica di efficientamento e sostenibilità, anche nel quadro degli obiettivi dell’Agenda 2030. «Il mercato del lavoro avrà sempre più bisogno di queste professionalità emergenti. Per affrontare uno scenario geopolitico e geoeconomico in tumultuoso cambiamento assistiamo a una crescita annuale pari al 5% della domanda di competenze manageriali con sempre più precise green skill - spiega Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager e 4.Manager -. L’Italia deve strutturare un piano che analizzi oggettivamente come rispondere alla crescente domanda di approvvigionamento energetico contemperando le esigenze di produzione del sistema industriale, e quindi di crescita del Paese, con quelle di sostenibilità ambientale. È questa la transizione ecologica che auspichiamo nel solco del percorso intrapreso dal Pnrr e che necessita di precise competenze tecniche, scientifiche e manageriali». Dallo studio effettuato emerge che il 58% delle grandi e medie imprese e il 40% delle piccole hanno elaborato una strategia di trasformazione di lungo periodo per diventare sostenibili. Le medie e grandi imprese più orientate all’innovazione e alla trasformazione sostenibile sono quelle che negli ultimi tre anni hanno assunto manager (83%), lavoratori con elevate competenze tecniche (87%) e scientifiche (77%) e che hanno incrementato le risorse per la formazione di manager (73%), lavoratori con elevate competenze scientifiche (75%) e tecniche (78%). La rilevazione effettuata dall’Osservatorio evidenzia anche i principali fattori di attrito alla crescita e allo sviluppo delle imprese: la difficoltà di reperimento delle competenze sul mercato del lavoro (35%); ostacoli di natura normativa o burocratica (31%); la carenza di competenze manageriali interne (23%). Negli ultimi 12 mesi in forte crescita sono le qualifiche professionali del Sustainability Manager, vale a dire il coordinatore della sostenibilità (+46%) e di altre figure manageriali della sostenibilità più specialistiche (+38%) o di carattere consulenziale (+25%). Le competenze più richieste riguardano gli impatti sui Bilanci (+207%); Responsabilità sociale (+69%); Ambiente, salute, sicurezza (+59%); Finanza (+42%). Lo studio condotto dall’Osservatorio sui profili manageriali più richiesti rivela una evoluzione del tradizionale paradigma competitivo, verso orizzonti di crescente affermazione e di professionalità preparate sui temi Esg (Environmental-Social-Governance), continuamente formate e dotate di leadership capace di rispondere ai fabbisogni delle imprese: aumento del volume di affari e della profittabilità attraverso lo sviluppo del business e il sistema reputazionale; aumento delle opportunità finanziarie , quindi di accesso al credito, di investimento, di fiscalità; potenziamento strutturale della competitività aziendale e delle relazioni con gli stakeholder. «I percorsi di transizione verso la sostenibilità appaiono ancora piuttosto frammentati - afferma Giuseppe Torre, coordinatore dell’Osservatorio 4.Manager e docente invitato del laboratorio di ecologia integrale dell’Antonianum - anche se rileviamo i primi segnali di una importante evoluzione soprattutto per il progressivo diffondersi della consapevolezza che il degrado climatico, ambientale e sociale possono essere affrontati solo attraverso modelli valoriali, culturali e comportamentali alternativi a quelli che li hanno generati. A tal proposito è interessante ricordare che Papa Francesco ha avviato una riflessione estremamente sofisticata su questi temi, elaborando un’Enciclica, la Laudato Sì, che è in grado di fornire anche a manager e imprenditori una visione “integrale” sia dei problemi socio-ambientali, sia dei paradigmi da utilizzare per affrontare la crisi». Anche l’Osservatorio di Seltis Hub ha evidenziato come nell’ultimo anno si sia registrato un incremento del 41% nelle ricerche di "lavori verdi". Un dato che, nei prossimi anni, è inevitabilmente destinato ad aumentare come dimostra anche la ricerca del Censis commissionata da Assosomm - l’Associazione Italiana delle Agenzie per il lavoro di cui anche Seltis Hub fa parte – che ha evidenziato come, per una generazione di aspiranti lavoratori, motivati e dinamici, si aprirà nei prossimi 3/4 anni uno scenario che potrebbe offrire oltre 150mila nuovi posti di lavoro. Tra le figure manageriali più richieste:
● Sustainability Manager
● Esg Manager
● Esg Social Media Manager
● Transition Manager
● Innovation Manager
● Manager per le energie rinnovabili
● Technology Manager
● Corporate Social Responsability Manager
● Inclusion and ethical Manager
● Circular Economy Manager
● Supply Chain Manager
● Iso Manager
● HR manager
● Strategic Marketing Manager
● Green Lawyer.
Più formazione "sostenibile"
Purtroppo l'Italia non brilla per sostenibilità: su 29 nazioni europee analizzate in uno studio da Cerved occupa la 15esima posizione ed è al di sotto della media soprattutto a causa delle cattive performance economiche e sociali, mentre vanta un buon livello di sostenibilità ambientale. Tuttavia, se scorporate, le regioni di Nord Ovest e Nord Est si piazzano addirittura al sesto e settimo posto, immediatamente a ridosso dei migliori cinque Paesi monitorati (Svezia, Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Finlandia). La debolezza italiana è soprattutto economica: hanno risultati peggiori solo Romania, Cipro e Grecia, anche a causa di una produttività che da più di 20 anni non registra alcun miglioramento. Questa stagnazione, dovuta a una scarsa attrattività per gli investimenti esteri e alla limitata capacità di innovazione (investiamo poco in ricerca e sviluppo e siamo ultimi tra i grandi Paesi per digitalizzazione), è all'origine della crescita stentata, dei redditi fermi da dieci anni e del basso tasso di occupazione (57%, dieci punti sotto la media Ue). «Con questo strumento - sottolinea Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved Group - ci proponiamo di aiutare i decisori, le istituzioni e le imprese a ragionare in termini di impatto: occorre misurare il fabbisogno delle comunità per pianificare correttamente gli obiettivi dei progetti pubblici e aziendali. Colpisce, nei confronti internazionali (introdotti quest'anno) come in quelli tra le province italiane, l'evidente correlazione tra capacità di innovazione del tessuto produttivo e velocità della transizione ecologica. Ciò significa che le grandi questioni del riequilibrio sociale e ambientale non sono separabili dai problemi strutturali che limitano lo sviluppo». Per crescere l'Italia ha soprattutto bisogno di portare a bordo le pmi anche sui temi della sostenibilità. «Le piccole emedie imprese devono poter misurare i risultati raggiunti in ambito Esg se vogliono attrarre capitali e crediti, italiani e stranieri - aggiunge Mignanelli -. La continua crescita della finanza sostenibile rappresenta infatti un motivo di ottimismo, il 2021 è stato l'anno del debito sostenibile, le emissioni mondiali di prestiti e obbligazioni legati a progetti e parametri sociali e ambientali sono cresciute in modo esponenziale e il nostro Paese figura ai primi posti per obbligazioni green emesse». La mappa europea della sostenibilità sociale (capitale umano, assistenza sociale, fragilità delle famiglie, sistema sanitario, di sicurezza e giustizia) restituisce un quadro molto simile a quello della sostenibilità economica, collocando l'Italia al di sotto della media europea, al 18esimo posto tra i Paesi analizzati. I forti divari territoriali sono confermati anche a livello sociale, con il Mezzogiorno al terzultimo posto, davanti solo a Grecia e Romania. Le debolezze dell'Italia derivano soprattutto da un'elevata fragilità delle famiglie (più di un quarto è a rischio povertà), da una scarsa capacità di formazione del capitale umano e da un sistema di sicurezza e giustizia molto poco efficiente. L'Italia spicca però nell'assistenza sociale e, soprattutto, nella sanità, dove si piazza al settimo posto. Tuttavia, tra le imprese dei servizi professionali che hanno dato il via ad azioni concrete in tema sostenibilità, il 49% ha stanziato risorse per formare i propri collaboratori. È quanto emerge da Asseprim Focus, l’Osservatorio economico dei servizi professionali all’impresa realizzato da Asseprim (la Federazione nazionale dei servizi professionali per le imprese) con Format Research: per la metà delle aziende che hanno cominciato a investire in sostenibilità la migliore soluzione è la formazione del personale, nell’ottica di una maggiore implementazione delle politiche green. Un’impresa su cinque si affida invece all’innovazione dei processi produttivi. Tra le aziende più attive, per tipologia di settore, si annoverano quelle delle attività finanziarie (55%), della consulenza aziendale (52%) e delle ricerche di mercato (49%). Da Asseprim Focus emerge, inoltre, che il 36% delle aziende ha già avviato iniziative sul tema della sostenibilità, mentre un ulteriore 18% ha in programma di farlo. Un’azienda su quattro ritiene che la propria impresa rivedrà sensibilmente le proprie politiche di sostenibilità programmate per questo 2022 e per il 2023 a causa delle ricadute della guerra in Ucraina. L’11% delle imprese dei servizi professionali sta adattando – o ha già provveduto ad adattare – il proprio modello di business alla luce dei nuovi parametri Esg. Per il presidente di Asseprim, Umberto Bellini «l’adattamento del proprio modello di business in chiave Esg comporta la riconversione del 40% circa dei processi aziendali. Per questo, le nostre imprese punteranno a ridurre i consumi e a implementare soprattutto il welfare aziendale, i rapporti con i territori locali e il riciclo di materiali/rifiuti. Sono queste le aree ritenute più rilevanti».
I buoni esempi di Randstad, Terna e Pirelli
Oltre due milioni di ore di formazione dedicata ai lavoratori somministrati e 40.835 ore di formazione interna, 20mila studenti orientati da Randstad. Per quanto riguarda gli obiettivi dell’Agenda Onu 2030, oltre ai quattro già presenti (impegno sull’istruzione, sulla parità di genere, su una crescita economica dignitosa e sulle uguaglianze), nel 2021 il focus è stato centrato su tutto ciò che un’azienda può fare per combattere il cambiamento climatico (Goal 13). Oggi Randstad in Italia è un’organizzazione composta per il 79% da donne, che sono il 43,4% delle persone in posizioni di senior management in azienda e il 42,9% del management team. Il 72,6% dei neoassunti del 2021 è costituito da donne e, di queste, oltre il 66% ha un’età inferiore ai 30 anni. L’azienda ha proseguito il suo impegno a supporto della sfera familiare e della genitorialità: nel corso del 2021, ha erogato 361.124 euro di contributi per asilo nido ai suoi dipendenti, mentre 314 mila euro sono stati offerti da “Randstad Grow Up”, che prevede un contributo di 1000 euro annui dalla nascita del figlio fino al compimento del sesto anno d’età. Nel 2021 il 95,3% delle neomamme è tornata al lavoro dopo il congedo parentale, il 100% è rimasta in azienda dopo un anno. Con un fatturato 2021 di 1,979 miliardi di euro, in crescita del 36% rispetto all’anno precedente, una forza lavoro di 2.755 dipendenti diretti, con 484 assunzioni rispetto al 2020 e complessivamente circa 700 professionisti integrati in organico tra fine 2020 e l’intero 2021, il Gruppo Randstad è il primo operatore mondiale nei servizi per le risorse umane. Il report integrato descrive le azioni, l’impegno e i progetti per la sostenibilità economica, sociale e ambientale dell’azienda. «Gli avvenimenti degli ultimi anni, tra pandemia e situazione geopolitica, ci hanno messo di fronte a sfide dal grande impatto anche sul mondo del lavoro – dichiara Marco Ceresa, Group ceo di Randstad –. Mantenendo una visione positiva anche nei momenti di maggiore difficoltà, Randstad ha reagito con nuovi investimenti, senza rinunciare ai progetti in programma. Abbiamo assunto centinaia di persone nell’organico diretto, abbiamo prestato competenze e forze a sostegno dell’emergenza sanitaria, abbiamo aperto decine di nuove filiali e trasformato smart working e Academy in punti di forza e di svolta professionale per lavoratori e studenti. Abbiamo toccato la vita professionale di migliaia di persone ed erogato milioni di ore di formazione per mantenere alto il livello delle competenze. Non abbiamo mai smesso di "vedere il possibile" nelle persone. Questo approccio ci ha premiato anche a livello economico, facendo registrare una crescita notevole rispetto al 2020 e agli anni precedenti».
Terna, invece, è la prima società in Italia ad aver adottato, su scala nazionale, il progetto di e-bike sharing “CYCL-e around” di Pirelli, con l’obiettivo di incentivare la mobilità sostenibile dei propri lavoratori. Con “CYCL-e around”, Pirelli offre un servizio di ‘e-bike sharing’ aziendale mettendo a disposizione biciclette a pedalata assistita che potranno essere utilizzate dalle persone che lavorano in otto sedi di Terna, dislocate su tutto il territorio italiano, per gli spostamenti casa-ufficio, durante la giornata di lavoro o per il tempo libero. Infatti, con “CYCL-e around” si promuove una mobilità alternativa complementare a quella tradizionale, con condizioni d’accesso più facili ai mezzi di trasporto sostenibili, permettendo di testare questa soluzione in sicurezza e affidandosi alla competenza di un player da sempre attivo nelle varie forme di mobilità come Pirelli. Le persone di Terna potranno prenotare in totale autonomia la propria e-bike attraverso un’apposita App messa a disposizione sull’intranet aziendale, mentre le flotte di e-bike di Pirelli saranno a disposizione in apposite aree attrezzate per la custodia e la manutenzione delle stesse biciclette presso le sedi di Terna. «Questa iniziativa, sviluppata assieme a Pirelli, ha l’obiettivo di favorire sempre più la mobilità sostenibile e di sensibilizzare le persone sulla sua importanza - precisa Roberto Giovannini, responsabile Sostenibilità di Terna -. Abbiamo quindi deciso di partire dai colleghi che operano in otto nostre sedi situate in tutta Italia, ai quali offriamo un’alternativa più efficiente per gli spostamenti nel traffico cittadino e, al contempo, più sostenibile e rispettosa dell’ambiente». «L’adesione al progetto 'CYCL-e around' nasce dalle attività del cantiere 'Sostenibilità e Comunicazione', uno dei sette tavoli di lavoro nell’ambito del progetto NexTerna, news ways of working, avviato lo scorso anno, che sotto l’egida della sostenibilità, dell’innovazione e della digitalizzazione ha inciso sul modo di lavorare delle persone di Terna, garantendo una maggiore attenzione alla persona e al suo benessere, all’ambiente, e, nello stesso tempo, una maggiore efficienza e produttività accompagnata da una serie benefici logistici». «Il servizio ‘CYCL-e around’ rientra nell’attenzione alla sostenibilità che Pirelli pone in tutte le sue attività, prodotti e servizi. L’avvio su scala nazionale da parte di Terna di questo servizio conferma che questa attenzione è diffusa nel mondo delle aziende, segnale che è la strada giusta da seguire - conclude Francesco Bruno, Head of Micromobility Solutions di Pirelli -. È un contributo a uno stile di vita più sano e sostenibile dei propri collaboratori, che favorisce il miglioramento della micro-mobilità nelle città utilizzando mezzi moderni e a zero emissioni, nel rispetto concreto degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite».