sabato 15 gennaio 2011
Passa l'intesa sindacati-azienda, con il fronte del «no» che si attesta al 46%. L'Ad del Lingotto: «Una scelta coraggiosa». Sacconi: «Un'evoluzione nelle relazioni industriali». Tra le incognite, il peso che la Fiom potrà far valere, forte di un risultato che va ben oltre la sua rappresentanza. Mentre la politica incalza la Fiat sul rispetto delle promesse di investimento.
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Vince il "sì" a Mirafiori, ma il fronte del "no" si attesta al 46%. L'accordo separato per il rilancio dello stabilimento torinese ottiene il disco verde, ma restano aperti i problemi legati alla gestione delle relazioni sindacali e al peso che la Fiom potrà far valere, forte di un risultato che va ben oltre la sua rappresentanza.L'Ad di Fiat, Sergio Marchionne, che aveva indicato l'obiettivo minimo del 51%, festeggia una vittoria che non esita a definire "una svolta storica". Stessa soddisfazione arriva dal presidente John Elkann che chiede di archiviare le polemiche e conferma il pieno impegno della famiglia Agnelli nel futuro del Lingotto. I lavoratori di Mirafiori, afferma l'amministratore delegato in una lunga nota, "hanno scelto di prendere in mano il loro destino, di assumersi la responsabilità di compiere una svolta storica e di diventare gli artefici di qualcosa di nuovo e di importante". In un Paese come l'Italia, che "è sempre stato legato al passato e restio al cambiamento, e il referendum di ieri in parte lo ha dimostrato", osserva Marchionnne, "la scelta di chi ha votato sì è stata lungimirante". Rappresenta "la voglia di fare che si oppone alla rassegnazione del declino". Rappresenta "il coraggio di compiere un passo avanti contro l'immobilismo di chi parla soltanto o aspetta che le cose succedano".Il pensiero di Marchionne è rivolto alle scelte della Fiom e, soprattutto, a quei lavoratori che, nonostante lo spettro della perdita del posto di lavoro, hanno comunque espresso il loro dissenso. "Mi auguro che le persone che hanno votato no, messe da parte le ideologie e i preconcetti prendano coscienza dell'importanza dell'accordo che salvaguarda le prospettive di tutti i lavoratori".LE REAZIONI POLITICHEUna vittoria del Sì attesa e salutata come positiva da parte della grande maggioranza delle forze politiche. Solo la sinistra radicale e Antonio Di Pietro, elogiando la prova di dignità della Fiom, mostrano di considerare quella dell'ad Sergio Marchionne a Mirafiori una sorta di vittoria dimezzata. Dagli altri esponenti e leader politici che avevano favorito l'intesa siglata con Cisl e Uil, si leva un invito rivolto al Lingotto: ora rispetti gli impegni sul piano degli investimenti.Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi vede nell'esito referendario l'apertura di "un'evoluzione nelle relazioni industriali soprattutto nelle grandi fabbriche che dovrebbe consentire un migliore uso degli impianti e una effettiva crescita dei salari". Ma nello stesso tempo, per Sacconi, adesso "tocca a Fiat realizzare gli investimenti promessi e continuare il confronto sugli altri siti produttivi". "La vittoria del sì - afferma il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani - è uno snodo fondamentale per la costruzione del futuro di Mirafiori. Adesso Fiat ha tutte le carte in regola per tornare a essere una grande azienda multinazionale italiana". Anche Romani ritiene "ora necessario attuare subito l'accordo, partendo con gli investimenti e con le nuove strategie di produzione". Il coordinatore del Pdl Sandro Bondi elogia "il senso di responsabilità" dei lavoratori, accusa il Pd di averli lasciati soli ma richiama maggioranza e governo all'azione per spingere la Fiat "a onorare gli impegni presi per quanto riguarda il piano industriale che riguarda gli investimenti in Italia". Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, sottolinea che il "risultato va rispettato e va rispettato anche quel tanto di disagio che rappresenta". Parlando nel corso di una manifestazione ad Ancona, Bersani incalza l'azienda: "Ora la Fiat mantenga gli impegni e si rivolga a tutti i lavoratori".LE PROSPETTIVEPer ogni dipendente dell'auto si calcola ce ne siano tre nell'indotto, cinque nell'intera filiera: i 5.431 di Mirafiori diventano così 27 mila.Nel solo torinese lavorano in un migliaio di aziende sparse sul territorio provinciale. Con la vittoria dei sì nel referendum "si è evitato un suicidio collettivo - osserva Gianfranco Carbonato, presidente dell'Unione Industriale di Torino - Non si è salvaguardato solo l'investimento e Mirafiori, ma tutta l'industria nazionale dell'auto". La newco che nascerà dalla joint venture tra la Fiat e la Chrysler, con un investimento di oltre un miliardo di euro, comincerà a produrre i suoi frutti nel secondo-terzo trimestre del 2012, berline e suv dei marchi Jeep e Alfa Romeo. Vetture di gamma alta che ora mancano e che dovrebbero far lievitare i volumi produttivi dalle 124 mila auto del 2010 (erano 178 mila nel 2009) alle 250-280 mila (a pieno regime). Oltre mille veicoli al giorno, destinati per il 50% a essere commercializzati fuori dall'Unione Europea, specialmente in America, dovrebbero uscire dallo stabilimento torinese. MONS. NOSIGLIADopo i veleni dei giorni scorsi, è ora anche il momento della riconciliazione in città. È l'auspicio dell'arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, che si dice disponibile a celebrare una messa proprio di riconciliazione a Mirafiori, se gli sarà richieto. Per lui la vicenda di Mirafiori ha avuto il merito di riportare il tema del lavoro in tutte le sue sfaccettature al centro della discussione. "La consultazione - ha aggiunto - ha posto in risalto che investire sulle persone e sul futuro del nostro territorio offre a tutti gli imprenditori nuove e concrete opportunità".
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