L'Italia è, assieme alla Grecia, il Paese dell'Eurozona che rischia di pagare il prezzo più alto in termini di perdita di produttività a causa dell'invecchiamento della forza lavoro. È quanto emerge da uno studio del Fondo Monetario Internazionale che punta l'attenzione sull'aumento della quota di lavoratori nella fascia di età compresa fra i 55 e i 64 anni, quota che nei prossimi due decenni - secondo l'Fmi - dovrebbe aumentare di circa un terzo, dal 15 al 20% del totale, fenomeno che si tradurrebbe in una perdita fra il 2 e il 4% in termini di produttività.Lo studio ricorda come il picco di produttività si collochi fra i 40 e i 50 anni, per poi scendere rapidamente man mano che ci si avvicina alla pensione. Questo fenomeno rischia così di impattare in maniera pesante su una crescita di produttività nell'Eurozona che nel medio periodo è prevista intorno all'1% annuo.Ma - aggiungono gli esperti del Fondo - la ricaduta dell'invecchiamento della forza lavoro sarà assai diseguale nell'Eurozona, variando da paese a paese, con l'impatto più forte proprio su quelle economie - come Italia, Grecia, Spagna e Portogallo - già colpite duramente dalla crisi e alle prese con un debito pubblico che lascia pochi margini fiscali all'azione del governo.Per l'Italia la perdita di produttività potrebbe ammontare a circa un terzo della crescita potenziale (intorno all'1%) mentre per la Grecia il 'danno' sarebbe intorno al 50%. Sul fronte opposto paesi come Germania o Danimarca, con effetti dell'invecchiamento quasi impercettibili, mentre in Finlandia le ripercussioni saranno nulle per via di un generale 'ringiovanimento' della forza lavoro (fenomeno riscontrabile anche negli Stati Uniti).Per attenuare gli effetti di questo invecchiamento, è la conclusione del Fondo, meglio investire sulla salute dei lavoratori e su programmi di formazione dei lavoratori, nonché - se possibile - abbattendo il cuneo fiscale così da aumentare il reddito disponibile dei lavoratori più vicini alla pensione