Differenze in busta paga tra i lavoratori italiani - Archivio
Quali sono gli stipendi medi in Italia, in quali settori e dove si guadagna di più? Dà una risposta esaustiva a queste domande il Jp Salary Outlook, l’analisi condotta dal portale Jobpricing in collaborazione con Infojobs che fotografa il mercato delle retribuzioni nel nostro Paese. L’ultima edizione dello studio ci rivela che nel 2019 la retribuzione media lorda in Italia è scesa rispetto all’anno precedente: 29.235 euro contro i 29.601 euro del 2018. E per il 2020 aspettiamoci un calo drastico delle retribuzioni medie a causa del lockdown e della crisi del coronavirus che si è abbattuta su tutto il mercato.
Stipendi medi Italia: i settori più redditizi
Stando ai dati, in Italia un lavoratore dipendente nel 2019 ha percepito una Ral (retribuzione annuale lorda) media di 29.352 euro. Ma quando si parla di stipendi medi è doveroso fare le opportune differenze tra settori, inquadramento e collocazione geografica. Quanto ai settori più redditizi, in Italia quelli che pagano meglio sono Banche e servizi finanziari (Ral: 43.277 euro), Farmaceutica e Biotecnologie (39.294 euro), Ingegneria (38.222 euro) e Oil & Gas (38.093 euro). Il settore agricolo risulta invece il meno redditizio: chi lavora nel primario ha una Ral media di 23.795 euro. Ecco come è formata la classifica:
- Servizi finanziari: 41.864 euro
- Utilities: 32.162 euro
- Industria di processo: 31.109 euro
- Industria manifatturiera: 30.290 euro
- Commercio: 28.555 euro
- Servizi: 27.983 euro
- Edilizia: 26.494 euro
- Agricoltura: 23.795 euro
Chi guadagna di più
Il report evidenzia che la finanza paga meglio i dirigenti (101.223 euro) e i quadri (54.236 euro), l’industria paga meglio gli impiegati, le utilities gli operai (24.770 euro). Il commercio è il settore che paga peggio gli impiegati (30.737 euro). Dati che in stipendio mensile netto (su 13 mensilità) si traducono mediamente in:
- 4.487 euro - dirigente
- 2.636 euro - quadro
- 1.681 euro - impiegato
- 1.469 euro - operaio
Su 14 mensilità di stipendio, il percepito medio netto di un operaio è di 1.364 euro, quello di un impiegato 1.561 euro, quello di un quadro 2.447 euro e quello di un dirigente 4.167 euro. Dall’analisi emerge anche che chi lavora in imprese di grandi dimensioni guadagna mediamente di più rispetto ai dipendenti delle piccole imprese. Si passa dai 25.876 euro percepiti da dipendenti di aziende con meno di 10 dipendenti ai 36.608 euro medi rilevati in aziende con oltre 1.000 dipendenti. I dati confermano anche per il 2019 una disparità di genere nelle retribuzioni in Italia, aumentata di oltre un punto percentuale. Gli uomini guadagnano in media oltre 3mila euro in più delle donne, e questo si deve soprattutto alla difficoltà per le donne di fare carriera e raggiungere i ruoli apicali in azienda: i dirigenti donna nel settore privato sono appena il 16% del totale.
Nelle differenze retributive incidono anche:
- l’età, al crescere dell’età aumenta la retribuzione (25-34 anni: Ral 25.818 euro; 45-54 anni: Ral 31.252 euro; 35-44 anni: Ral 28.967 euro);
- il livello di istruzione: la laurea paga di più, la differenza è del 44%. La Ral media dei laureati è di 39.787 euro, mentre quella dei non laureati è di 27.662 euro. Chi ha anche un master di II livello può contare su una retribuzione pari a 47mila euro.
Stipendi e potere d’acquisto degli italiani
Fatta eccezione per i dirigenti, nel primo semestre del 2019 il potere d’acquisto dei lavoratori italiani è calato rispetto al 2018. Questo perché a partire dal 2019 i prezzi sono aumentati più delle retribuzioni. Ma a rendere soddisfacente la retribuzione di un lavoratore non è solo il denaro: i benefit e il welfare aziendale rappresentano infatti una componente sempre più importante nella vita lavorativa degli italiani. Come prevedibile, sono i dirigenti i principali percettori di benefit come smartphone, carta di credito, auto aziendali, rimborso spese viaggio, buoni pasto e ristoranti convenzionati, coperture mediche, fondi pensione, acquisti agevolati, nido aziendale e borse di studio per i figli.
Stipendi medi Italia: differenze Nord-Sud
In Italia gli stipendi al Nord sono superiori rispetto al Sud, a prescindere dalla qualifica contrattuale:
Ral media Nord: 30.276 euro
Ral media Centro: 29.075 euro
Ral media Sud e isole: 26.473 euro
Le ragioni di questo divario sono diverse. Fatta eccezione per Roma, al Nord ci sono molte più aziende di grandi dimensioni e multinazionali che richiedono profili manageriali o con elevate competenze. Vi è poi il costo della vita, che è più basso nelle regioni meridionali e nelle isole, per non parlare del tasso di lavoro “sommerso” che è maggiore al Sud e che fa abbassare fisiologicamente il livello dei salari regolari. I dati sulle retribuzioni nel Centro Italia sono fortemente condizionati dal cosiddetto “effetto Roma”: l’alta concentrazione nella Capitale di multinazionali private e di manager del settore pubblico fa salire i dati dei salari medi, specie per quanto riguarda i profili dirigenziali. Nel dettaglio, i dati rivelano che la Ral media a Milano è 34.022 euro, mentre a Roma è 31.042 euro. Dall’analisi risulta che la regione in cui si guadagna di più è la Lombardia, con una Ral media di 31.446 euro, quella in cui si guadagna di meno è la Basilicata, con 24.308 euro. Ecco la classifica per Regione degli stipendi più alti in Italia nel 2019:
- Lombardia
- Trentino Alto Adige
- Emilia Romagna
- Liguria
- Piemonte
- Veneto
- Friuli Venezia Giulia
- Valle D’Aosta
- Lazio
- Toscana
- Marche
- Umbria
- Abruzzo
- Campania
- Puglia
- Molise
- Sicilia
- Sardegna
- Calabria
- Basilicata
Alessandro Fiorelli, ceo di Jobpricing: «La curva salariale pochissimo “mossa” nei precedenti quattro anni nel 2019 si è definitivamente appiattita (-0,1%) e data la dinamica dei prezzi, di fatto il potere di acquisto dei lavoratori italiani è diminuito. Entrare in una crisi come quella attuale con un mercato retributivo che si ferma non è certo una buona notizia, perché i nodi rischiano di venire al pettine, primo sututti il problema della bassa produttività, che è la causa principale della dinamica salariale asfittica del nostro Paese. È scontato dire che il 2020 sarà un anno in cui le retribuzioni medie caleranno in modo sensibile per effetto del lockdown, ma c’è il rischio di un impatto più di lungo termine vista la base su cui la crisi del Covid-19 si è innestata. Volendo essere più ottimisti, tuttavia, l’emergenza attuale potrebbe anche essere un momento decisivo per rimuovere finalmente incrostazioni che sono alla base del basso livello salariale in Italia. E’ difficile pensare, infatti, che, a livello politico ed imprenditoriale, possa venire una spinta maggiore di quella attuale per dare, finalmente, risposte “vere” rispetto a tre questioni fondamentali, eternamente dibattute e mai aggredite: la gestione delle politiche di crescita economica, lo snellimento della burocrazia, la revisione dei modelli organizzativi delle imprese. Il prezzo che pagheremo in caso di risposte timide e poco coraggiose sarà altissimo, purtroppo, anche quando ci saremo lasciati alle spalle la pandemia».
Filippo Saini, Head of Job Infojobs: «Lo scenario emerso dall’Osservatorio, del quale abbiamo l’onore di essere partner, trova conferma anche nei dati della nostra piattaforma, che nel 2019 ha ospitato quasi 500mil offerte di lavoro. La differenza tra Nord e Sud, ad esempio, che riguarda non solo il salario, ma anche la numerosità delle offerte e una digitalizzazione del processo di ricerca e selezione a due velocità. Ciò che rimane valido per tutto il Paese è che a garantire un vantaggio competitivo sia in primis l’ istruzione. Il conseguimento della laurea, meglio se magistrale, permette non solo il raggiungimento di alte posizioni e retribuzioni, ma è sempre più spesso condizione essenziale per l’accesso a un certo tipo di percorso professionale. Il 2020 invece sarà un anno atipico, tutto da scrivere: a due mesi dal lockdown vediamo alcune categorie professionali crescere -Sanità, ma anche Gdo, Logistica, E-commerce e It - mentre altri, Turismo e Ristorazione in primis, che si trovano a combattere con quella che probabilmente è la crisi più grande di sempre».