Chris Watling, amministratore delegato di Longview Economics - Longview Economics
Chris Watling, fondatore e amministratore delegato di Longview Economics, società di ricerca sui mercati finanziari, in un recente articolo sul Financial Times ha invocato un "great reset" del sistema finanziario per ripristinare le economie occidentali.
Perché proprio adesso?
È da tempo che ci penso, avrebbero dovuto farlo anche i politici negli ultimi anni. Se ne è cominciato a parlare dopo l’ultima crisi finanziaria globale, scoppiata nel 2008, ma alla fine non è stato fatto nulla. Guardiamo però ai sistemi monetari internazionali del passato: fino alla Prima guerra mondiale, le principali economie hanno utilizzato un sistema "gold standard" o "silver standard", in cui l’unità di base della valuta era cioè l’oro o l’argento. Alla fine della Seconda guerra mondiale, con gli accordi di Bretton Woods, si è passati al sistema basato sulla convertibilità dollaro-oro, sistema rimasto in vigore fino al 1971. Ciò che voglio sottolineare è che questi sistemi tendono a durare circa 30-40 anni, poi diventano obsoleti, creando squilibri e tensioni. Il fatto che oggi i tassi di interesse siano negativi in molte parti del mondo e che ci sia un’enorme quantità di debito è un sintomo che il sistema monetario internazionale non funziona più correttamente. C’è per questo bisogno di un aggiornamento, di una revisione realizzabile, più specificamente, attraverso una sorta di "giubileo del debito".
Pensa quindi che sarebbe stato comunque necessario, a prescindere dalla crisi causata dalla pandemia?
Sì, certo. Il superciclo del debito è iniziato alla fine degli anni ’80 e si è protratto durante gli anni ’90. Abbiamo avuto, lo ricordiamo, le bolle immobiliari, poi quelle del mercato azionario, e così via. E tutto perché c’è troppo debito nel mondo.
Come pensa che possa essere tecnicamente messo in pratica?
È piuttosto complicato. Ci sono modi diversi per resettare il sistema finanziario. Ma la prima cosa da fare è pensare a un meccanismo di ancoraggio. Mi spiego: nell’ambito del sistema gold standard, se l’economia di un Paese diventava troppo "calda" perché il governo spendeva troppi soldi, si ricorreva a un prestito dall’estero, quindi l’oro usciva dal Paese restringendo la liquidità interna e rallentando l’economia. Superato il sistema ancorato all’oro, ne abbiamo adottato un altro che però non ha alcuna misura a limitare la creazione di liquidità e a riporta disciplina nell’economia. Per questo non c’è limite a quanto debito uno Stato possa accumulare. Cancellarlo, almeno in parte, sarebbe come tornare a una posizione di partenza. Ci sono alcuni tecnicismi contabili da considerare, ma non è impossibile.
Che tipo di "ancoraggio" immagina?
Penso possa essere, ad esempio, una valuta elettronica con un tetto annuo di creazione. E con la possibilità di sospensione durante le crisi economicofinanziarie. In questo scenario diventeremmo meno dipendenti dalla finanziarizzazione dell’economia, quindi dalla creazione del debito, e più dipendenti dai guadagni derivanti dalla produttività. È questa la chiave della crescita economica e della creazione di ricchezza, non la finanziarizzazione del sistema. Parafrasando Oswald Spengler: «Il denaro al servizio dell’oligarchia è la fine naturale delle democrazie ». La produttività, inoltre, fa bene a tutti i gruppi di reddito ed è rilevante quando si deve affrontare il nodo delle disuguaglianze.
Anche di quelle generazionali…
Certo. Guardiamo ai prezzi delle case: oggi sono così alti a causa dell’enorme quantità di debito ipotecario immesso al mercato negli ultimi 30-40 anni, ovvero da quando le banche commerciali sono entrate nel segmento e il settore finanziario è stato liberalizzato. Più debito ipotecario fornisci, più aumentano i prezzi, mentre i tassi di interesse si riducono per consentire alle persone di pagare il proprio debito. La cosa non rappresenta un problema per chi già possiede una casa, ma per quelli che cercano di comprarla diventa sempre più difficile, meno abbordabile. Da qui nasce la disuguaglianza generazionale.
Pensa che la Bce e le altre Banche centrali siano sufficientemente "attive" per sostenere misure di questo tipo?
È un problema. Ma, se devo essere onesto, credo che la questione debba investire più che altro la politica, in tutto il mondo. Serve un consenso globale per cambiare il sistema monetario. I banchieri centrali, ovviamente, sarebbero coinvolti, ma per metterlo in atto piuttosto che per guidarlo.
Pensa che ci sia spazio per smussare a livello europeo le perplessità sull’opportunità di cancellare il debito?
Ad essere onesti, sarà piuttosto difficile. Sono troppe le parti coinvolte e gli interessi nazionali in ballo. È difficile perché quando si parla di debito c’è sempre da un lato qualcuno che lo ha accumulato e dall’altra qualcuno che lo possiede. Da quello che posso vedere, non c’è un interesse comune a farlo. Penso comunque che i mercati finanziari di tutto il mondo siano predisposti a reimpostare il sistema.