«Non di solo Pil vive l’uomo». Giuliano Amato parafrasa il Vangelo per introdurre un tema che pesa. Quello dell’economia che, anche quando cresce, spalanca il crepaccio tra i pochi ricchissimi e i moltissimi poveri. Insomma, il prodotto interno lordo non misura il reale benessere dei popoli. All’indomani della presentazione del IV rapporto
World Happiness 2016, la Fondazione Cortile dei Gentili, presieduta da Amato mette a confronto economisti del calibro di Jeffrey Sachs, John Helliwell, Richard Layard, Leonardo Becchetti, Stefano Zamagni, Luigino Bruni. Alla platea dell’Auditorium di via della Conciliazione, affollata di liceali, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio per la cultura, fa notare che «la radice indoeuropea di 'felicità' è la stessa di 'allattare', di 'figlio', di
elefteria, libertà in greco: la felicità non è solo una quantità, ma una qualità che ha a che fare con la vita e la libertà». Per Amato «la sproporzione tra chi guadagna di più e chi di meno, oggi è gigantesca» e bene ha fatto il Papa «ad ampliare il tema dello sviluppo sostenibile, non più solo ambientale, ma sociale». Sachs - consigliere di Ban Ki-Moon per gli obiettivi del millennio - spiega qual è la filosofia che ha portato i paesi del Nord in cima alla classifica della felicità: «La loro filosofia è lavorare duro, innovare, avere buoni rapporti sociali, governare onestamente, pagare molte tasse in cambio di servizi adeguati». Anche gli Usa sono in alto... «Ma nel mio Paese la gente non si ama molto, il governo è corrotto, il divario tra ricchi e poveri è il più grande e ogni politico ha un miliardario alle spalle. Tranne due: uno è un socialista che ci piace, ma non sarà presidente perché l’America non è pronta; un altro è lui stesso un miliardario, ma anche un folle pericoloso». Zamagni tra crescita o decrescita indica una terza via: «L’obiettivo vero è lo sviluppo umano integrale che accompagna alla crescita la dimensione socio-relazionale e spirituale ». Becchetti spiega che «Grecia, Spagna e Italia hanno avuto la più grande variazione di felicità, perché sono passati sette anni dalla crisi prima che si rilanciassero gli investimenti pubblici: nell’Ue interessava solo ai paesi del Sud. O impariamo a condividere politiche e tasse, o la differenza economica e occupazionale crescerà ». Helliwell, della British Columbia, rispolvera un motto kennedyano: «Più del governo, cosa possiamo fare noi per i nostri paesi? L’Islanda ha avuto una crisi tremenda, ma oggi è al terzo posto: tutti hanno collaborato».