Un’economia invisibile. Che c’è ma non si vede, non si misura, non fa statistica. Anzi le falsa (le statistiche) facendo schizzare verso l’alto i tassi di disoccupazione e verso il basso i dati sul Pil. Una piaga da debellare. Parliamo di lavoro nero, sommerso, irregolare. Una condizione per nulla eccezionale, che Bankitalia recentemente ha stimato interessi nel Mezzogiorno un lavoratore su cinque. Per un totale di oltre 2 milioni. Stime, certo, che rischiano però di essere anche al ribasso, se si considera il Rapporto della Uil sul lavoro sommerso realizzato sulla base dei risultati delle ispezioni condotte, da gennaio 2006 a ottobre 2010, da ministero del Lavoro, Inps, Inail ed Enpals. Dati certi, insomma, che fotografano oltre 1,2 milioni di lavoratori irregolari nelle aziende ispezionate negli ultimi 5 anni. Di questi il 47,2% (pari a ben 581.360 lavoratori) è stato scovato completamente in nero. Sul totale delle aziende ispezionate, 854.732 sono risultate irregolari (il 61,7%). Un’enormità. I dati «confermano che il lavoro irregolare è una vera e propria metastasi del sistema economico e produttivo », ha detto il segretario confederale Guglielmo Loy alla guida del Servizio politiche territoriali e del lavoro della Uil che ha curato lo studio. Se in effetti risultano accertati quasi 600mila lavoratori, a seguito dei controlli, la stima dei 2 o addirittura 3 milioni di lavoratori irregolari non è per nulla azzardata. Anzi. Se si aggiunge che nel rapporto Uil del 2009 si calcolava che il «fatturato» dell’economia sommersa fosse arrivato a 154 miliardi, «ci sono le condizioni per far sì che il 2011 possa essere l’anno della lotta al sommerso e all’evasione», dice Loy. «Solo riportando a livelli fisiologici il tasso di lavoro irregolare – aggiunge – sarà possibile creare un contesto positivo al dibattito sulla quantità e qualità del lavoro, sul rapporto tra stabilità e flessibilità, sulla necessità di incentivare le imprese a creare posti di lavoro stabili e utilizzare, senza abusarne, tipologie di lavoro non standard che, pur essendo forme 'regolari', cioè non illegittime di lavoro, non sempre rispondono alle regole». Oltre 15 mila i provvedimenti di sospensione adottati nei confronti delle aziende. I settori meno virtuosi sono risultati l’edilizia (5.471 provvedimenti di sospensione) e i pubblici esercizi (4.511).Dallo studio emergono anche delle sorprese, per non dire dei paradossi che dimostrano la complessità del fenomeno. Tra le Regioni con il più alto tasso di aziende irregolari tra quelle ispezionate quattro su cinque sono infatti presenti nel centro-nord: Liguria (73,1%), Lombardia (63,9%), Marche (62,9%), Campania (il 59,8%) e Umbria (il 59,4%). Così come la più alta percentuale di lavoratori in nero rispetto all’occupazione irregolare trovata nelle aziende ispezionate è stata riscontrata prevalentemente nel Nord. Oltre alla Campania dove si concentra la più alta percentuale di lavoratori in nero (il 70,8%), si trovano, l’Emilia Romagna al 55%, il Friuli Venezia Giulia al 46,1%, il Molise al 44,7% e la Liguria al 44,2%. «A differenza di diffusi luoghi comuni, questo fenomeno non è prevalentemente radicato nel Mezzogiorno», evidenzia Loy. Anche se più realisticamente sono lo specchio dell’ennesimo gap del Mezzogiorno. Che oltre a essere il cuore del lavoro nero – almeno nelle stime più generiche e dall’esperienza diretta di chi vive al Sud – è la parte del Paese dove si fanno meno controlli, «sommersi» anche loro. Dove c’è una tolleranza non più tollerabile. Dove, accanto ai tanti, troppi che subiscono le irregolarità e sono costretti a tenersi forte quel lavoro senza tutele, ce ne sono tanti altri, troppi, che preferiscono essere 'invisibili' per sfruttare al meglio le 'opportunità' dei retaggi di un assistenzialismo che blocca ancora lo sviluppo del Sud. Centinaia di migliaia di disoccupati virtuali che godono di sussidi e lavorano in nero, usufruendo di agevolazioni e servizi. A danno di chi lavora regolarmente. Secondo una recente indagine della Cgia di Mestre le unità di lavoro irregolari presenti nel nostro Paese sarebbero 2.951.300, il 44,6% concentrato nel Mezzogiorno. Segue il Nord-Ovest con 626.700 unità (il 21,2%), il Centro con 542.700 (il 18,4%) e il Nord-Est con 464.500 (il 15,7%). A guidare la lista 'nera' è la Calabria. Qui il tasso di irregolarità (l’incidenza percentuale del numero di unità di lavoro irregolari su quelle regolari) è del 26,9% con 175.200 lavoratori in nero. Seguita dalla Sicilia con un tasso di irregolarità del 21,4% (326.300 lavoratori irregolari). In coda alla classifica le regioni del Nord con il Veneto al terzultimo posto (tasso dell’8,7%, 197mila lavoratori), l’Emilia Romagna al penultimo (8%, 166mila lavoratori in nero). In coda troviamo la Lombardia, la più virtuosa, con un tasso del 7,8% (349.200). Per Bankitalia i lavoratori irregolari nel Sud sono 1 milione e 304 mila. Lì dove la disoccupazione giovanile sfiora il 25%. Al lordo del nero, ovviamente.