sabato 29 giugno 2024
In Italia ci sono ogni anno centinaia di migliaia di persone che lavorano all’estero in modo temporaneo, personale in trasferta o in distacco. Un decreto per facilitare l'accesso
Cresce la mobilità dei lavoratori espatriati

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In Italia ci sono ogni anno centinaia di migliaia di persone che lavorano all’estero in modo temporaneo, sono i cosiddetti espatriati, ossia personale in trasferta o in distacco all’estero. Un "lavoratore distaccato" è un dipendente che viene inviato dal proprio datore di lavoro in un altro Stato, su base temporanea, per svolgere un’attività professionale. Al contrario, ci sono altrettanti lavoratori stranieri che lavorano per le aziende collocate in Italia sempre come distaccati. Con il termine espatriati si fa pertanto riferimento ad un lavoratore qualificato inviato all’estero dalla propria azienda. Il termine di espatriati va distinto dal termine migranti, che solitamente fa riferimento a persone che in spinte da necessità di tipo economico e sociale si spostano in un paese terzo rispetto a quello di origine

Il fenomeno della mobilità degli espatriati, soprattutto in ambito europeo, è in costante crescita: in cinque anni è raddoppiato arrivando 2,6 milioni di lavoratori e professionisti coinvolti. Di questi, il 92% è di sesso maschile; la maggior parte di loro lavora nel settore manifatturiero (39%) e nei trasporti (31%). Gli espatriati da altri paesi verso l’Italia, invece, sono oltre 108 mila, provenienti soprattutto da Romania, Germania e Croazia. Le aziende, tema importante da sottolineare, sono chiamate a una serie di obblighi tra cui anche la garanzia della piena parità retributiva (non più solo del rispetto dei minimi salariali) tra lavoratori “distaccati” e lavoratori locali nel periodo di assegnazione nell’altro Stato Membro dell’Ue. (Fonte: Commissione Europea, Report in A1 portable documents issued).

«Le imprese anno dopo anno stanno ampliando la ricerca e gestione dei talenti a livello globale per costruire una forza lavoro diversificata che contribuisca alla crescita aziendale. Si tratta di una mobilità internazionale del lavoro che porta una crescente quota di dipendenti a lavorare per la stessa azienda ma, per alcuni periodi, in Paesi diversi da quello di residenza - spiega Andrea Benigni, ceo di Eca Italia -. In Italia, inoltre, emergono spesso necessità specialistiche che il mercato del lavoro locale non è in grado di soddisfare, portando alla ricerca di esperti residenti all’estero. Uno scambio di professionisti flessibili in termini di luogo di lavoro, dislocabile su una dimensione territoriale che va oltre i propri confini nazionali. E i numeri del fenomeno indicano un trend ormai strutturale di mobilità internazionale dei talenti che implica anche una complessa gestione di aspetti fiscali e normativi internazionali e locali per le aziende».

In questi anni, complice la pandemia Covid-19, si è diffusa una nuova modalità di svolgimento della prestazione lavorativa attraverso il cosiddetto smart working internazionale. Tale modalità che consiste nel lavorare per la propria azienda, ma in modalità smart working, ossia da remoto, rimanendo fisicamente nel proprio Paese che sarà pertanto diverso da quello dove ha sede il datore di lavoro. Per fare un esempio, è il caso di un ingegnere italiano che lavora per una società svedese dall’Italia e che per quella società realizza attività di ricerca e sviluppo piuttosto che di un Marketing Manager francese che lavora per una società italiana, ma dalla Francia. La società svedese non avrà a sua disposizione una sua italiana così come la società italiana che assume il Marketing Manager francese non disporrà di una sua società controllata in Francia. Secondo una ricerca 2023 di Eca Italia, su un campione di medie e grandi aziende, il 79% di queste ha fatto ricorso a questa inedita forma di lavoro transnazionale e nel 49% dei casi è stato il lavoratore a richiederlo per ragioni di tipo personale, che impediscono lo spostamento del lavoratore e dei propri familiari in altro Paese.

Le regole per l'assunzione

A partire dal 17 novembre 2023 anche in Italia è in vigore la nuova Blue Card per l’assunzione di lavoratori extracomunitari altamente qualificati, in applicazione della Direttiva UE del 2021. La norma mira, attraverso l’introduzione di un regime più attrattivo ed efficace, a colmare il mismatch professionale riscontrato dalle aziende italiane nel reclutamento di personale tecnico specializzato non laureato nei settori del legno e del mobile, delle costruzioni, delle industrie metallurgiche e dei macchinari. Il fabbisogno occupazionale in questi comparti è di 4,5 milioni di lavoratori nel quinquennio 2022 – 2026 (Anpal- Unioncamere, Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine 2022-2026).

Il decreto estende le opportunità di ingresso per i lavoratori altamente qualificati, favorendo una maggiore mobilità all’interno dell’Unione Europea. Oltre ai titoli di istruzione superiore, il decreto considera anche esperienze professionali rilevanti come requisito di ingresso. In alternativa ai titoli di istruzione universitaria (laurea almeno triennale), si riconoscono anche le qualifiche professionali superiori post-secondarie con almeno cinque (tre nel settore Ict) anni di esperienza paragonabile ai titoli di livello terziario. Le nuove regole consentono alle aziende di valutare candidati in base a criteri più ampi, favorendo una selezione mirata e inclusiva. I requisiti di ammissione più flessibili agevolano l’ingresso di talenti altamente qualificati anche se non laureati. L’apertura a esperienze professionali rilevanti stimola la creatività e l’innovazione.

«Il decreto rappresenta un passo importante verso una politica migratoria più efficace e inclusiva, garantendo alle aziende la possibilità, fino ad oggi negata, di assumere personale specializzato anche se non laureato per far fronte ai propri fabbisogni operativi, associando anche un regime fiscale di grande attrattività per talenti provenienti da tutto il mondo - conclude Benigni -. Con questo nuovo strumento normativo le aziende italiane che spaziano dall’automazione industriale passando per meccatronica, automotive o ingegneria vedono ampliare in forma esponenziale il loro bacino geografico di reclutamento, potendo in tal modo far fronte a quel fenomeno di people scarcity che condiziona a diversi livelli l’operatività dei business».

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