martedì 2 luglio 2024
Sono le sfide delle aziende nei prossimi mesi, alle prese con la transizione digitale e le politiche di inclusione. Il punto di vista di Assochange e Futureberry
Il cambiamento può aiutare le aziende a cresce

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Sarà una bella sfida per imprenditori e manager. Nei prossimi mesi dovranno confrontarsi sempre più con i cambiamenti legati alla transizione digitale e all'inclusione. Negli ultimi anni, infatti, il mondo del lavoro si è trovato ad affrontare la trasformazione tecnologica, la diffusione dell’intelligenza artificiale, gli effetti della pandemia. Tematiche che hanno fortemente messo in discussione le modalità in cui le persone interagiscono in azienda, nonché gli assetti stessi delle organizzazioni.

Tra tutte, le questioni sociali hanno acquisito un peso non più trascurabile e la ricerca di maggiore flessibilità è diventata sempre più diffusa. Cresce anche l’attenzione verso il benessere degli individui e il raggiungimento di un sano equilibrio tra la vita privata e professionale. Stando ai dati, infelicità e malessere sono oggi fattori determinanti che spingono a cambiare lavoro per un’inversione di rotta. Infatti, secondo l'edizione 2024 del report State of the Global Workplace di Gallup, il 25% dei lavoratori italiani prova tristezza ogni giorno, il che posiziona l’Italia sul terzo gradino del podio nella classifica della tristezza (dopo Cipro e Regno Unito). Quasi la metà di tutti i dipendenti (46%) afferma di essere stressato e il 41% sta attivamente cercando un altro lavoro. Quale futuro immaginare, dunque, per le organizzazioni e per i lavoratori negli anni a venire in questi tempi di continua trasformazione e cambiamento di prospettiva?

Uno spaccato si può avere dall’Osservatorio Assochange sul Change Management in Italia, realizzato in collaborazione con il Politecnico di Milano, con la sponsorship di Anima e di Saipem, e con il supporto logistico organizzativo di PwC. Sono state oltre 120 le organizzazioni che hanno risposto all'indagine, il 30% delle quali appartiene al settore industriale, il 22% al comparto dei servizi, il 14% a quello finanziario, il 10% alla Pubblica Amministrazione, il 7% all’Energy & Utilities, il 6% al Farmaceutico, il 3% al mondo delle Telecomunicazioni e il 2% alla Gdo. Il 55% delle organizzazioni sono multinazionali e il 45% opera prevalentemente in Italia. I fattori che inducono il cambiamento sono risultati numerosi. Tra questi, i più importanti riguardano l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione (71%), la diffusione di nuove modalità di lavoro (49%), l’evoluzione delle competenze (48%) e la sostenibilità (46%). A tutti questi, si è aggiunta, l’Ia, sulla quale le organizzazioni stanno iniziando sperimentazioni concrete (43%) o alla quale iniziano ad avvicinarsi (40%). In occasione del decimo anniversario dell’Osservatorio, inoltre, è stato fatto un confronto con le criticità rilevate nel 2014, data della prima indagine, riscontrando profonde diversità per quanto riguarda le sfide principali, che allora erano identificate nell’ottimizzazione dei costi (50%), negli adempimenti di legge (50%), nell’evoluzione di prodotti e servizi (49%) e nella internazionalizzazione (46%).

«Per la prima volta nella storia - spiega Moira Masper, presidente di Assochange - fino a cinque generazioni diverse si trovano a lavorare fianco a fianco: una diversità che non è solo anagrafica, ma che si fonda anche su differenze culturali, identitarie e del senso che si attribuisce al lavoro e alla tecnologia. Vogliamo generare un confronto su come il change management può facilitare questa complessità, su come si possa costruire un dialogo intergenerazionale per costruire il futuro delle nostre organizzazioni, su quali sono le chiavi motivazionali da utilizzare per valorizzare la differenza, su come sarà opportuno agire per incoraggiare persone di generazioni differenti a condividere le rispettive competenze. Non tutte le aziende stanno cambiano allo stesso modo. Dipende anche dalle dimensioni e dai settori. È soprattutto una questione culturale». Il tema del passaggio e della convivenza tra generazioni è collegato a un'altra tematica di grande attualità: le sfide poste alle organizzazioni e ai loro leader dall’avvento dell’intelligenza artificiale generativa. Per quanto riguarda i fattori di fallimento dei progetti di Change Management, dall’Osservatorio è emerso che non esiste una sola causa, ma che al mancato raggiungimento degli obiettivi concorrono vari elementi: assenza di attività di comunicazione efficace (28%), assenza di una cultura aziendale aperta e inclusiva (27%), incapacità e non volontà delle persone di adottare il cambiamento (24%), scarsa capacità di coinvolgere i collaboratori (21%). L’Osservatorio ha fatto inoltre registrare anche una netta distinzione tra le organizzazioni Top Performer, ossia quelle che hanno raggiunto almeno l’80% degli obiettivi prefissati, le altre. I Top Performer, pari al 19% del campione, si distinguono per un approccio sistemico, che si basa sull’attivazione di metodologie e strumenti di Change Management fin dalle prime fasi del progetto (86%), nella predisposizione di adeguate attività di monitoraggio (71%) e nel coinvolgimento delle persone in maniera strutturata (67%). Questi elementi sono stati anche evidenziati come fondamentali da Assochange nella scelta del tema dell’anno, dedicato proprio ai temi della comunicazione e del monitoraggio.

«È importante - aggiunge Daniele Cantore, vicepresidente di Assochange - come gestire i processi di cambiamento organizzativo e come affrontare l’impatto della Ia nel mondo del lavoro, anche sotto il profilo etico e sociale. Assochange sostiene da sempre che i cambiamenti non si devono affrontare come spettatori passivi di ciò che avviene intorno a noi, ma come attori consapevoli e attenti, capaci di utilizzare e produrre nuove soluzioni metodologiche e tecnologiche, concepite e sviluppate in sintonia con valori e peculiarità del nostro sistema Paese. La formazione e la comunicazione diventano sempre più funzionale in un'ottica di cambiamento, ma non bisogna confondere gli strumenti con il fine».


I tre passi per il cambiamento

Una possibile risposta arriva anche dagli esperti di Futureberry, società di consulenza che supporta le aziende nei loro percorsi di trasformazione, innovazione e cambiamento organizzativo, che hanno individuato tre possibili scenari paralleli - e non alternativi - in grado di ridefinire le strutture e i modelli aziendali nel prossimo futuro.

Organizzazione carismatica. Si tratta di un’organizzazione in cui gli obiettivi, i valori e l’impatto positivo che si intende generare costituiscono il trait d’union tra le persone che vi lavorano, che sono motivate da ideali, pratiche e visioni condivise. In questo contesto, tutti sono chiamati a fare la propria parte. Gli spazi di lavoro sono pensati per favorire relazioni e momenti di scambio. Il fine comune è creare valore economico massimizzando gli effetti positivi per la comunità e il pianeta. La grande sfida per il reparto Hr è far sì che la promessa di valore sia mantenuta: per questo si pone grande attenzione alla coerenza tra la realtà interna ed esterna e si predilige una comunicazione orizzontale per raccogliere idee e spunti preziosi dai dipendenti.

Organizzazione rizomatica. In questo tipo di assetto, la struttura gerarchica passa in secondo piano e si trasforma in una rete di professionisti ampia e diffusa, con team di lavoro che si compongono ogni volta in modo diverso a seconda delle esigenze e delle competenze necessarie. Tra un’organizzazione rizomatica e le persone che vi gravitano intorno si instaura così una relazione di continua scelta rispetto a progetti specifici. Questa modalità di lavoro motiva i collaboratori a scegliere le sfide più interessanti con cui misurarsi. Il compito fondamentale degli Hr qui è selezionare i talenti più qualificati e adatti ai singoli progetti, offrendo anche proposte di formazione lungimiranti e coltivando i rapporti in un network internazionale e multidisciplinare.

Organizzazione agonistica. Questa categoria comprende le organizzazioni che valutano sopra ogni cosa performance e ambizione, cercando i talenti anche nelle funzioni più operative e nelle linee produttive. Tra i pilastri del modello agonistico spicca l’inclusione di lavoratori caratterizzati da una forte motivazione a migliorare la propria traiettoria di crescita, indipendentemente dai percorsi di vita e formazione. La struttura è gerarchica ed efficiente al fine di garantire un’operatività fluida e il riconoscimento delle performance. L'ascesa professionale dei singoli diventa una forte spinta interna anche per la crescita dell'intera organizzazione. Per favorire tali processi, le risorse umane devono saper ottimizzare l’analisi dei dati per valutare i talenti interni già a partire dalle funzioni operative, comprenderne il potenziale e valorizzarlo attraverso percorsi ad hoc.

«Le dirompenti svolte tecnologiche, sociali e culturali degli ultimi anni continueranno a modellare inevitabilmente il mondo del lavoro e le aspettative delle persone che lo popolano, stimolando la creazione di nuovi approcci alla collaborazione e nuove interpretazioni degli assetti aziendali - conclude Dino Torrisi, fondatore e ceo di Futureberry -. L’applicazione di un modello organizzativo innovativo sarà una sfida per molte realtà e rifletterà i valori, le percezioni e gli obiettivi delle persone che ne fanno parte: un’opportunità da cogliere con la giusta consapevolezza e preparazione».


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