Il cambiamento può aiutare le aziende a cresce - Archivio
Sarà una bella sfida per imprenditori e manager. Nei prossimi mesi dovranno confrontarsi sempre più con i cambiamenti legati alla transizione digitale e all'inclusione. Negli ultimi anni, infatti, il mondo del lavoro si è trovato ad affrontare la trasformazione tecnologica, la diffusione dell’intelligenza artificiale, gli effetti della pandemia. Tematiche che hanno fortemente messo in discussione le modalità in cui le persone interagiscono in azienda, nonché gli assetti stessi delle organizzazioni.
Tra tutte, le questioni sociali hanno acquisito un peso non più trascurabile e la ricerca di maggiore flessibilità è diventata sempre più diffusa. Cresce anche l’attenzione verso il benessere degli individui e il raggiungimento di un sano equilibrio tra la vita privata e professionale. Stando ai dati, infelicità e malessere sono oggi fattori determinanti che spingono a cambiare lavoro per un’inversione di rotta. Infatti, secondo l'edizione 2024 del report State of the Global Workplace di Gallup, il 25% dei lavoratori italiani prova tristezza ogni giorno, il che posiziona l’Italia sul terzo gradino del podio nella classifica della tristezza (dopo Cipro e Regno Unito). Quasi la metà di tutti i dipendenti (46%) afferma di essere stressato e il 41% sta attivamente cercando un altro lavoro. Quale futuro immaginare, dunque, per le organizzazioni e per i lavoratori negli anni a venire in questi tempi di continua trasformazione e cambiamento di prospettiva?
Uno spaccato si può avere dall’Osservatorio Assochange sul Change Management in Italia, realizzato in collaborazione con il Politecnico di Milano, con la sponsorship di Anima e di Saipem, e con il supporto logistico organizzativo di PwC. Sono state oltre 120 le organizzazioni che hanno risposto all'indagine, il 30% delle quali appartiene al settore industriale, il 22% al comparto dei servizi, il 14% a quello finanziario, il 10% alla Pubblica Amministrazione, il 7% all’Energy & Utilities, il 6% al Farmaceutico, il 3% al mondo delle Telecomunicazioni e il 2% alla Gdo. Il 55% delle organizzazioni sono multinazionali e il 45% opera prevalentemente in Italia. I fattori che inducono il cambiamento sono risultati numerosi. Tra questi, i più importanti riguardano l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione (71%), la diffusione di nuove modalità di lavoro (49%), l’evoluzione delle competenze (48%) e la sostenibilità (46%). A tutti questi, si è aggiunta, l’Ia, sulla quale le organizzazioni stanno iniziando sperimentazioni concrete (43%) o alla quale iniziano ad avvicinarsi (40%). In occasione del decimo anniversario dell’Osservatorio, inoltre, è stato fatto un confronto con le criticità rilevate nel 2014, data della prima indagine, riscontrando profonde diversità per quanto riguarda le sfide principali, che allora erano identificate nell’ottimizzazione dei costi (50%), negli adempimenti di legge (50%), nell’evoluzione di prodotti e servizi (49%) e nella internazionalizzazione (46%).
«Per la prima volta nella storia - spiega Moira Masper, presidente di Assochange - fino a cinque generazioni diverse si trovano a lavorare fianco a fianco: una diversità che non è solo anagrafica, ma che si fonda anche su differenze culturali, identitarie e del senso che si attribuisce al lavoro e alla tecnologia. Vogliamo generare un confronto su come il change management può facilitare questa complessità, su come si possa costruire un dialogo intergenerazionale per costruire il futuro delle nostre organizzazioni, su quali sono le chiavi motivazionali da utilizzare per valorizzare la differenza, su come sarà opportuno agire per incoraggiare persone di generazioni differenti a condividere le rispettive competenze. Non tutte le aziende stanno cambiando allo stesso modo. Dipende anche dalle dimensioni e dai settori. È soprattutto una questione culturale». Il tema del passaggio e della convivenza tra generazioni è collegato a un'altra tematica di grande attualità: le sfide poste alle organizzazioni e ai loro leader dall’avvento dell’intelligenza artificiale generativa. Per quanto riguarda i fattori di fallimento dei progetti di Change Management, dall’Osservatorio è emerso che non esiste una sola causa, ma che al mancato raggiungimento degli obiettivi concorrono vari elementi: assenza di attività di comunicazione efficace (28%), assenza di una cultura aziendale aperta e inclusiva (27%), incapacità e non volontà delle persone di adottare il cambiamento (24%), scarsa capacità di coinvolgere i collaboratori (21%). L’Osservatorio ha fatto inoltre registrare anche una netta distinzione tra le organizzazioni Top Performer, ossia quelle che hanno raggiunto almeno l’80% degli obiettivi prefissati, le altre. I Top Performer, pari al 19% del campione, si distinguono per un approccio sistemico, che si basa sull’attivazione di metodologie e strumenti di Change Management fin dalle prime fasi del progetto (86%), nella predisposizione di adeguate attività di monitoraggio (71%) e nel coinvolgimento delle persone in maniera strutturata (67%). Questi elementi sono stati anche evidenziati come fondamentali da Assochange nella scelta del tema dell’anno, dedicato proprio ai temi della comunicazione e del monitoraggio.
I tre passi per il cambiamento