mercoledì 3 luglio 2024
La startup Finest Future aiuta gli istituti a trovare allievi nei Paesi poveri: già coinvolti circa 1.500 ragazzi, che imparano la lingua e possono poi restare per lavorare
Una vista della città finlandese di Porvoo: la Finlandia ha uno dei tassi natalità più bassi d'Europa

Una vista della città finlandese di Porvoo: la Finlandia ha uno dei tassi natalità più bassi d'Europa - CC Paul Theodor Oja (Pexels)

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Culle vuote equivalgono, nel giro di poco tempo, a un numero sempre maggiore di scuole chiuse. Succede in Italia, dove ogni anno “spariscono” 110-120mila studenti, succede di fatto in tutta Europa, considerato che la denatalità è un fenomeno diffuso nell’Unione. Che fare, dunque, per riempire quei banchi e consentire alle scuole, soprattutto quelle delle aree interne, di andare avanti?

Dalla Finlandia arriva una proposta sostenuta da una startup, Finest Future: reclutare studenti con buoni voti da Paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina per le scuole che ne fanno richiesta. Da un lato i giovani coinvolti possono così accedere ad un sistema scolastico come quello finlandese di buona qualità, dall’altro le classi non si svuotano. Di più: è probabile che, terminati gli studi, quei ragazzi si fermino anche a lavorare in Finlandia, contribuendo così alla crescita di un Paese che fatica ad attirare i lavoratori stranieri qua-lificati di cui avrebbe bisogno. Gli studenti stranieri coinvolti in questo programma sono già oltre 1.500.

L’Economist fa l’esempio della classe di un liceo a Rautavaara, una piccola città nell’Est della Finlandia, che ogni anno potrebbe accogliere una ventina di nuovi alunni. Questo autunno, però, sarebbero solo 12 i ragazzi della zona a potersi iscrivere. Così la preside, Marianne Korkalainen, ha intenzione di invitare ragazzi dall’estero per poter colmare i posti vacanti. Ragazzi del Myanmar, del Vietnam o della Tanzania potrebbero dunque aver accesso al sistema educativo finlandese, il tutto senza dover pagare alcuna iscrizione ai corsi.

Si stima che entro il 2030 la Finlandia potrebbe avere il 10% di minori in meno rispetto a oggi e che entro il 2040 si arriverebbe al 20% in meno. Sono in particolare le scuole delle zone rurali, che oltre alle poche nascite scontano il processo migratorio verso le città, a soffrire lo spopolamento: centinaia gli istituti di ogni ordine e grado ad aver già chiuso i battenti.

Una situazione che ricalca quella dell’Italia, dove nei prossimi cinque anni si stima che chiuderanno almeno altre 1.200 scuole, tra statali e paritarie, secondo una ricerca della rivista specializzata Tuttoscuola. Alcune scuole finlandesi già oggi offrono ai giovani locali dei “bonus” pur di salvaguardare le loro iscrizioni, da lezioni di guida a borse di studio di ogni tipo.

Ma nemmeno i bonus possono bastare, senza un aumento delle nascite. Secondo Statistics Finland, il tasso di fertilità del 2023 è stato in Finlandia di 1,26 bambini per donna, il più basso mai registrato dal 1776, con appena 43.383 nuovi nati. Il numero totale di abitanti, 5,5 milioni, inizierà a calare entro il prossimo decennio.

La startup Finest Future ha l’obiettivo di incrementare il suo programma in particolare nelle scuole secondarie – che oggi vedono un totale di 110mila studenti – con 15mila ragazzi stranieri ogni anno: già oggi alcune piccole scuole stanno accogliendo più alunni stranieri che finlandesi. Per i nuovi arrivati c’è ovviamente la necessità di imparare la nuova lingua e di doversi adattare alla vita in un Paese dal clima rigido e lontano da casa, ma la possibilità di un’educazione di qualità gratuita – e che può proseguire anche all’università – è un’opportunità molto vantaggiosa per chi proviene da contesti molto differenti.

Le scuole approvano perché, secondo le regole attuali, il governo centrale elargisce finanziamenti per ogni nuovo studente iscritto, senza tener conto della nazionalità, purché ci siano posti vacanti. La Finlandia fatica ad attrarre lavoratori stranieri, soprattutto con competenze di alto livello. Circa il 9% dei suoi abitanti sono nati all’estero, una percentuale simile a quella dell’Italia.

Secondo Peter Vesterbacka, co-fondatore di Finest Future, è molto più probabile che i giovani stranieri decidano di restare dopo aver studiato nel Paese e che possano diventare lavoratori qualificati. Secondo questo ragionamento, nel lungo termine gli stessi giovani contribuirebbero alla produttività e alla ricchezza del Paese molto più di quanto sarà costata la loro istruzione.

Da verificare, ovviamente, se lo stesso ragionamento possa funzionare con numeri molto più grandi di quelli attuali. Lo stesso governo di Helsinki, una coalizione formata da conservatori ed estrema destra nazionalista, ha chiaramente fatto intendere di non essere troppo favorevole a finanziare l’istruzione di bambini provenienti da altri Paesi. Certo è che, qualsiasi direzione si prenda, l’esperimento finlandese potrebbe fornire indicazioni preziose ad altri sistemi scolastici in via di contrazione.

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