Sono quasi 1,5 milioni gli occupati nella filiera culturale - Fotogramma
La cultura continua ad avere un peso economico notevole. Anche se gli effetti della pandemia colpiscono l’intero sistema produttivo culturale e creativo italiano: la ricchezza prodotta dalla filiera, infatti, si riduce dell’8,1%. L’occupazione – circa 1,5 milioni gli addetti – scende invece del 3,5%. Nonostante l’emergenza sanitaria, la filiera "culturale" del 2020 vale 84,6 miliardi di euro, che corrisponde al 5,7% del valore aggiunto e attiva complessivamente 239,8 miliardi. Con la provincia di Milano in testa (incidenza del 9,7%), seguita da quella di Roma (8,7%). Sono i dati di Io sono cultura 2021, il rapporto annuale di fondazione Symbola e Unioncamere, giunto all’XI edizione, illustrato alla presenza del ministro della Cultura Dario Franceschini.
«Il 2020 è stato un anno di grandi difficoltà per le attività culturali e creative – spiega Andrea Prete, presidente di Unioncamere –. Da 11 anni Unioncamere realizza insieme agli altri partner il rapporto sulle industrie culturali e creative, un’esperienza unica e uno strumento utile per impostare le politiche dedicate a questo settore». Fra le attività più colpite in testa le performing art, che registrano un meno 26,3% (di ricchezza prodotta) e segnano un meno 11,9% in termini occupazionali. Fortemente colpito anche il comparto del patrimonio storico e artistico con una contrazione del 19% in termini di ricchezza prodotta e dell’11,2% in meno sul fronte dell’occupazione. Malgrado il forte impatto della pandemia alcuni comparti culturali e creativi tengono e, anzi, crescono. In particolare, le attività di videogiochi e software, pur registrando una leggera riduzione degli occupati (0,9%), aumentano la ricchezza prodotta del 4,2%, anche per la spinta al digitale e all’home entertainmentdovuta ai mesi di blocco.
«L’Italia – sottolinea Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola – deve essere protagonista del nuovo Bauhaus voluto dalla Commissione europea per rinsaldare i legami tra cultura, creatività, produzione, scienza, tecnologia e affrontare la transizione verde. Se l’Italia produce valore e lavoro puntando sulla cultura, sulla bellezza e sulla coesione, favorisce un’economia più a misura d’uomo e, anche per questo, più competitiva e più capace di futuro come affermiamo nel Manifesto di Assisi».
«Io dissi nel 2014 – conclude Franceschini – che questo della Cultura è il ministero economico più importante del Paese. Sembrava una forzatura, adesso c’è maggiore consapevolezza che gli investimenti in cultura in Italia non sono solo un adempimento di un dovere costituzionale, ma sono anche una grande opportunità di sviluppo economico e di crescita sostenibile. Il governo ne è consapevole e come ha dichiarato Draghi al G20 di Roma, la cultura è il motore della ripartenza economica del Paese».