Povertà ed esclusione sociale in crescita per le famiglie italiane - Fotogramma
La ripresa post-covid registrata dall'economia italiana nel 2021 non ha ridotto la quota di italiani a rischio di povertà o esclusione sociale: lo certifica l'indagine dell'Istat "Condizioni di vita e reddito delle famiglie". Gli italiani in difficoltà sono quasi 15 milioni di persone, vale a dire il 25,4% della popolazione: percentuale praticamente stabile rispetto al 25,3% del 2020 e al 25,6% del 2019. Con una postilla significativa che non passa inosservata: il nostro non è un Paese per famiglie. «Il rischio di povertà o esclusione sociale si attenua per tutte le altre tipologie familiari – sottolinea l’istituto di statistica – tranne che per le coppie con figli, per le quali aumenta al 25,3% rispetto al 24,7% del '20 e al 24,1% del '19».
L'istituto di statistica certifica un lieve peggioramento per la disuguaglianza con il reddito totale delle famiglie più abbienti è 5,8 volte quello delle famiglie più povere (era 5,7 volte nel 2019). Nell'anno dell'emergenza covid questo valore, peraltro, sarebbe stato decisamente più alto (6,9) in assenza di interventi di sostegno alle famiglie. Quanto al livello medio di reddito netto delle famiglie per il 2020 l'Istat lo fissa a 32.812 euro annui. Gli interventi di sostegno (reddito di cittadinanza ealtre misure straordinarie) ne hanno limitato il calo (-0,9% in termini nominali, -0,8% in termini reali). Si stima che il RdC abbia raggiunto oltre 1,3 milioni di famiglie (il 5,3% del totale), con un beneficio annuo di 5.216 euro pro capite. Il 10,7% delle famiglie residenti nel Mezzogiorno ha ricevuto almeno una mensilità del RdC, quota di gran lunga superiore a quella registrata nel Nord-est (1,7%), nel Nord-ovest (2,9%) e nel Centro (3,6%).
Il 5,6% della popolazione (circa 3 milioni e 300 mila individui) si trova in condizioni di grave deprivazione materiale, ossia presenta almeno quattro dei nove segnali di deprivazione individuati dall'indicatore Europa 2020; l'11,7% degli individui vive in famiglie a bassa intensità di lavoro, ossia con componenti tra i 18 e i 59 anni che hanno lavorato meno di un quinto del tempo. Se si guarda solo alle persone a rischio di povertà, ovvero quelle con un reddito netto equivalente inferiore al 60% di quello mediano (10.519 euro) e non pure ai nuclei con una bassa intensità lavorativa o quelli in una situazione di deprivazione materiale, nel 2021 il dato raggiunge il 20,1% delle persone residenti in Italia (circa 11 milioni e 800 mila individui).
Il Mezzogiorno rimane l'area del Paese con la percentuale più alta di individui a rischio di povertà o esclusione sociale (41,2%), stabile rispetto al 2020 (41%) e in diminuzione rispetto al 2019 (42,2%). La riduzione del rischio di povertà o esclusione sociale riguarda in particolare la Puglia e la Sicilia mentre è in sensibile aumento in Campania per l'incremento della grave deprivazione e della bassa intensità lavorativa. Il rischio di povertà o esclusione sociale è maggiore tra gli individui delle famiglie con tre o più figli (41,1% rispetto al 39,7% nel 2020 e 34,7% del 2019), tra le persone sole (30,6%) e nelle famiglie monogenitore (33,1%).