Trova «conservatore, come la sua linea» lo sciopero indetto dalla Fiom. Anche i metodi di Marchionne, tuttavia, sono «al limite». Davanti alla nuova intesa per Pomigliano, Enrico Letta, vicesegretario del Pd, rompe il silenzio finora tenuto sull’argomento Fiat per definire «necessario» l’accordo, ma pure «essenziale la riduzione delle tensioni sociali». Per questo punta alla «riscrittura completa delle regole» nelle relazioni industriali. E al riguardo rivela che una serie di incontri riservati avuti con Camusso, Bonanni e Angeletti all’Arel (il centro studi di cui Letta è segretario) gli fa pensare che «le distanze non sono incolmabili» per arrivare a una legge sulla rappresentanza sindacale.
Partiamo dal Pd. Troppo diviso anche su Fiat?Io trovo naturale che si fatichi a comporre il quadro. Questa è una vicenda che sta dilaniando fortemente il mondo del lavoro. Va anche sottolineato, semmai, che il Pdl la affronta con notevole superficialità. Nessuno può schierarsi battendo la grancassa, come fa Sacconi, su un fronte o sull’altro. La nostra complessità ci tiene uniti. Perché questa è una vicenda che è figlia della crisi e causa a sua volta di una crisi sociale molto seria. Se per recuperare competitività si arriva a limare 10 minuti alle pause di lavoro, si sta proprio raschiando il fondo del barile.
Qual è il suo giudizio complessivo?Questi accordi li trovo necessari, nella situazione economica in cui viviamo, ma non sono un elemento che può essere facilmente esteso alle altre imprese. Necessari, se si pensa che l’impatto del sistema Fiat sull’industria nazionale supera i 60 miliardi. Se la Fiat lasciasse l’Italia sarebbe un depauperamento drammatico.
Ragione sufficiente per accettare ogni condizione imposta da Marchionne?No. I suoi metodi non vanno messi sul piano del ricatto, ma sono al limite. Diciamo però che se le tre foto dell’attività di Fiat oggi sono Marchionne che dialoga con Obama, lui con Lula a Pernambuco e Marchionne che investe in Italia, questa terza immagine non deve essere un fotomontaggio. Tutto funzionerà quando Fiat dimostrerà di tener fede agli investimenti in Italia. Per costruire un’industria dell’auto non più sovvenzionata dallo Stato, competitiva e globale. E il rischio di un accordo simile, che ha ragione nel voler ridurre l’assenteismo ma eccede nell’insistere su aspetti minori, è di far passare in secondo piano la portata dell’intero piano.
Molti, però, nella sinistra - e anche nel Pd - strizzano l’occhio alla Fiom.Le posizioni della Fiom sono conservatrici, e sbaglia chi dà loro corda. Esaltare troppo l’eventuale violazione di diritti del lavoro non fa considerare che l’aspetto dirimente è quello degli aumenti in "busta-paga". Tutti gli indicatori ripetono che i due grandi mali dell’Italia sono la scarsa produttività e i bassi salari. Per questo un accordo che affronta questi due nodi è giusto sul profilo strategico. Tuttavia resta essenziale il recupero di una sigla che rappresenta una parte significativa dei lavoratori italiani.È sbagliata quindi la norma che esclude dalle Rsu interne i sindacati non firmatari?È sicuramente il punto più controverso. Ma è anche vero che la logica per cui qualcuno aveva il diritto di veto sempre, non poteva più andare avanti. Ciò detto, va pure aggiunto che non si può alimentare un clima di tensione sociale permanente. Non si può andare avanti senza un moderno sistema di rappresentanza. Finché non c’è, il caos regnerà sovrano e consentirà situazioni-limite come queste delle
newco Fiat fuori dal quadro interconfederale.
Lo reputa possibile un nuovo sistema?Registro i passi avanti compiuti sul triangolo Camusso-Bonanni-Federmeccanica. A novembre e dicembre abbiamo avuto all’Arel alcuni incontri coi leader sindacali, l’impressione è che le distanze non sono incolmabili. Ha ragione Bonanni: bisogna che la politica e il governo coadiuvino le parti sociali nella loro autonomia. La prima cosa da fare per il governo il 3 gennaio è convocare un tavolo sulla rappresentanza. Non provocare divisioni nel sindacato, cosa che non aiuta in prospettiva anche se può essere giusto nel momento in cui una sigla si autoesclude.