La produzione industriale va a fondo in tutta Europa. I cattivi dati diffusi ieri dall’Eurostat, combinati con quelli (altrettanto negativi) sulle vendite al dettaglio negli Stati Uniti hanno affossato le Borse sulle due sponde dell’Atlantico. In Italia la recessione picchia di più, le nostre fabbriche, in particolare quelle di autoveicoli, hanno visto scendere in maniera ancor più consistente la produzione. Nei Paesi dell’Eurozona l’attività industriale è infatti diminuita a novembre del 7,7% rispetto allo scorso anno, mentre da noi il crollo è stato del 9,7% considerando il dato corretto per i giorni lavorativi (21 contro 20 del 2007) e addirittura del 12,3% valutando il grezzo. I dati, diffusi dall’Eurostat e dall’Istat, parlano anche di una flessione congiunturale dell’1,6% nell’Uem e del 2,3% in Italia. Poco incoraggianti anche i dati del Centro Studi di Confindustria, secondo cui la flessione della produzione industriale in dicembre è pari al -2,1% sul mese di novembre, mentre a dicembre 2008 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente si registra un crollo del -10,1%. La diminuzione del 9,7%, oltre a essere la settima consecutiva, è la maggiore dal gennaio 1991 a oggi. Per di più tra tutti i settori produttivi soltanto il tessile-abbigliamento (+0,5%) riesce a mettere insieme un timido risultato positivo. Dunque l’industria si avvia a chiudere i conti del 2008 con una decrescita vicina al 4% che spinge peraltro anche il prodotto interno lordo dell’intero anno verso una diminuzione che non avveniva da 1993. La caduta interessa un po’ tutti i Paesi ma in Italia la crisi delle fabbriche si fa sentire maggiormente perché la nostra struttura produttiva, in rapporto all’intera economia, ha un peso più rilevante. Forse proprio per questo la ripresa, come prevedono alcuni, arriverà prima da noi rispetto agli altri Paesi europei. Ma resta il fatto che per ora siamo dietro ai più importanti partner comunitari. Tutti insieme intanto, noi e gli altri, aspettiamo notizie dall’Eurotower, sede della Bce, che proprio oggi, visto l’aggravamento della recessione, dovrebbe comunicare un ulteriore taglio del tasso di sconto, utile per ravvivare l’esangue economia europea. Il dettaglio dei dati relativi ai gruppi di industrie, tornando all’indagine dell’Istat, su base annua fa emergere soltanto segni negativi, pure per l’energia (-10,2%) che invece fino ad ora è risultata in ogni caso positiva. Quanto ai settori di attività economica, nel mese di novembre la produzione industriale ha marcato su base annua variazioni positive soltanto nel citato tessile-abbigliamento (+0,5%); le diminuzioni più marcate hanno invece riguardato la pro- duzione di minerali non metalliferi (13,9%), quella degli articoli in gomma e materie plastiche (-13,8%) e quella dei mezzi di trasporto (-22,3%). All’interno di questi ultimi, la produzione di autoveicoli si è quasi dimezzata registrando una riduzione del 42,8% su base annua, mentre nel periodo gennaio-novembre la diminuzione è stata del 16,3%. Va ricordato che per il nostro paese l’auto è un settore strategico («Quando va bene la Fiat va bene tutta l’economia» recita un vecchio adagio di Corso Marconi). Ed è proprio qui che si attendono interventi importanti di sostegno, come sta per fare l’America di Obama con le tre grandi aziende automobilistiche statunitensi. Quanto a possibili aiuti al settore, il ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola ha dichiarato: «Venerdì ci sarà la riunione dei ministri dell’industria europei e il tema sarà affrontato». Le Borse europee hanno bruciato 207 miliardi di euro di capitalizzazione, azzerando i guadagni del 2009. Cali pesanti dappertutto: -5,1% a Londra, -4,6% a Parigi e Francoforte, -3,6% a Milano. Colpa delle difficoltà dell’industria del Vecchio Continente; ma soprattutto dei pessimi dati sulle vendite al dettaglio americane, che a dicembre sono calate del 9,8% rispetto al 2007. È la sesta flessione consecutiva, il più lungo periodo di contrazione dal 1992. Il Beige Book della Fed, diffuso ieri sera, parla di «ulteriore peggioramento dell’economia ». A complicare la situazione ci hanno pensato poi l’annuncio di Deutsche Bank che il quarto trimestre 2008 si chiuderà con un rosso da quasi 5 miliardi di euro e le preoccupazioni sullo stato di Citigroup, che prepara nuovi tagli dei costi (il titolo ha perso il 24%). La discesa di Wall Street (che a due ore dalla chiusura perdeva più del 3%) ha peggiorato i ribassi dei mercati europei.