venerdì 13 giugno 2014
Il lavoro non fa più identità ed è crisi per la rappresentanza. Per il 51% degli occupati di 15-24 anni si rileva una transizione da una condizione professionale a un'altra.
Impiego ibrido per circa nove milioni di italiani
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Il Censis ha presentato il rapporto Il vuoto della rappresentanza degli interessi, in occasione del primo dei quattro incontri di giugno dell'iniziativa Un mese di sociale, dedicato quest'anno a I vuoti che crescono. Nel rapporto, si evidenziano diversi aspetti legati al nostro Paese. In particolare, il lavoro non fa più identità ed è crisi per la rappresentanza. E se è vero che c'è un "lavoro ibrido" per il 51% degli occupati di 15-24 anni, è anche vero sono quasi nove milioni gli italiani in transizione da una condizione professionale a un'altra. Tutti senza rappresentanza. Negli ultimi anni la voglia degli italiani di impegnarsi nella tutela di interessi collettivi è diminuita. Si riduce la quota di cittadini che svolgono attività gratuite per sindacati o strutture di rappresentanza: dall'1,3% del 2003 all'1,1% del 2013 (571mila persone). Le associazioni impegnate nelle grandi battaglie per l'ambiente, la pace, i diritti civili perdono attivisti: dal 2,3% all'1,5% degli italiani (778 mila persone). Malgrado la sfiducia generalizzata verso le classi dirigenti del Paese, rappresentanze sociali comprese, la maggioranza degli italiani (59,7%) continua però a considerare gli organismi intermedi come un elemento centrale nel funzionamento democratico del sistema: il 42,5% li ritiene importanti in quanto rappresentanti di interessi e valori comuni a gruppi di cittadini e il 17,2% ritiene un valore la loro presenza come collante aggregativo in una società sempre più individualista. Il 40,3% degli italiani invece ha un giudizio negativo: il 12,7% considera il loro ruolo del tutto inutile perché gli interessi devono esprimersi attraverso la politica e le istituzioni, il 16,9% pensa che siano superati perché superate sono le logiche aggregative degli interessi secondo le appartenenze professionali, e il 10,7% punta il dito sull'approccio corporativo dei soggetti di rappresentanza e sulla loro tendenza a chiudersi nella difesa di interessi settoriali.Si sgretolano lavoro e ideologie. "All'origine della crisi di identità e appartenenze dei nostri giorni - scrive il Censis - c'è lo sgretolamento di quelli che in passato erano stati i fattori aggreganti: lavoro e ideologie, che oggi appaiono sempre meno capaci di fare tessuto". Una indagine dimostra che solo il 15,2% degli italiani condivide ancora una qualche forma di appartenenza di classe, dichiarando che le persone a cui si sentono più vicini sono quelle che svolgono lo stesso lavoro (7,9%) o che hanno lo stesso reddito (7,3%). Ancora più debole è la forza delle ideologie: solo il 5,2% degli italiani si sente vicino a persone che hanno le stesse idee politiche (2,8%) o la stessa fede religiosa (2,4%). I fattori che invece innescano meccanismi di appartenenza oggi riguardano la dimensione individuale delle persone: al primo posto (26,6%) c'è la condivisione dello stesso stile di vita. Interessi culturali, vacanze, sport riescono a sviluppare maggiore senso di appartenenza.
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