L’emergenza povertà esiste e va affrontata, ma il reddito di cittadinanza rischia di non raggiungere l’obiettivo. Come dimostra il difficile decollo dei primi mesi. E un dato su tutto: a fronte di cinque milioni di poveri rilevati dall'Istat, ha risposto solo un milione. Il rimedio non ha funzionato. «È il male del nostro secolo, la povertà. Ma forse lo è sempre stato. Di ogni secolo. Il fenomeno è ormai di dimensioni planetarie. Con le ricadute sociali (e politiche) che conosciamo tutti. Nessun Paese al mondo fa eccezione. Le immagini dei migranti sui barconi hanno condizionato il referendum sulla Brexit, come se Lampedusa fosse nel canale della Manica, i forgotten men americani hanno spinto Donald Trump verso la Casa Bianca, come se i muri potessero risvegliare una grandezza perduta. E non si può girare la testa dall’altra parte e pensare che i dimenticati abbiano torto: perché non c’è peggior comportamento dell’indifferenza. Qui, nella consapevolezza del “mi riguarda”, si costruisce il mondo che verrà». È un brano della prefazione con cui la giudice Lucia Cammarota apre il suo libro Il reddito di cittadinanza (Direkta Edizioni), i cui proventi andranno alla mensa dei poveri della parrocchia di San Demetrio di Salerno. Il sottotitolo dà l’idea della scelta di approfondimento, senza pregiudizi: I nuovi ricorsi giurisdizionali e le ombre di incostituzionalità. Il lavoro nella new economy e lo scenario europeo.
La lotta alla povertà come obiettivo giusto e doveroso. Il reddito di cittadinanza come mezzo non risolutivo. Non solo per le domande inferiori alle attese, per il ruolo incerto del navigator e per l’esiguità delle somme, ma anche per i ricorsi giurisdizionali e per l’inevitabile iter di incostituzionalità. Un esempio per tutti, spiega l’autrice, che è anche pubblicista, riguarda proprio gli stranieri: si prevede una procedura «più lunga, più complessa, più difficile» che va a violare il principio di uguaglianza. Da una parte «sono persone che contribuiscono al benessere e al progresso del nostro Paese», dall’altra vengono ostacolati se in condizioni di indigenza. «Dovremmo soffermarci sulle parole scelte da Papa Francesco per definire la politica una vocazione altissima, una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune - spiega Cammarota -. Una politica che può fare oggi la differenza: cavalcare l’onda di passaggio tra emozioni e social network oppure cercare faticosamente il bene comune. Per entrare nella storia. E nel cuore della gente. I passaggi possono essere anche impopolari, ma il senso di una leadership è un po’ come l’amore vero: bisogna attendere tanto, prima che venga riconosciuto».
Eppure, «la carità, la generosità, la solidarietà hanno origini storiche nell’uomo stesso, sono nate con lui», scrive l’autrice. Ma nelle premesse storiche è proprio il messaggio di Gesù a cambiare il mondo. «Rispetto alle società delle origini, è con il cristianesimo che i poveri, diventando i poveri di Cristo, consentono, attraverso “il dare per pietà”, la redenzione, la purezza e la salvezza dell’anima. Nella celebre lettera ai Galati di san Paolo, si superano gli steccati sociali, si cancella anche la differenza tra schiavi e liberi, si abbattono frontiere secolari con una passione rivoluzionaria. ‘Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù».
Il reddito di cittadinanza, riconosce la giudice, ha avuto il merito di accendere un faro su un’emergenza spesso ignorata, ma la strada è ancora lunga e tortuosa. E i “dimenticati” hanno bisogno di noi, non può finire qui. Forse c’è bisogno di potenziare davvero le politiche attive del lavoro. L’occupazione non si crea per decreto. Serve soprattutto semplificare le norme giuridiche e amministrative. Sarebbe molto più utile agevolare le assunzioni ed evitare contenziosi.
L’emergenza povertà esiste e va affrontata, ma si rischia di non raggiungere l’obiettivo. La giudice Lucia Cammarota evidenzia i nuovi ricorsi giurisdizionali e le ombre di incostituzionalità
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