Operai al lavoro - Ansa
Prima degli anni della pandemia le imprese lamentavano la carenza di almeno il 25% della forza lavoro richiesta, oggi si è al 50% e per alcuni profili più specializzati si arriva al 60% o anche al 70%, generato dalla mancata risposta alle proposte di selezione delle imprese e dalla mancata corrispondenza dei requisiti dei candidati che si presentano alle selezioni. D’altro lato si ha un’eccedenza di offerta di figure professionali non richieste, dovuta al disallineamento della attuale offerta formativa a livello nazionale. È un fenomeno paradossale: conosciuto come mismatching. Il lavoro c’è, ma non ci sono i lavoratori. Una tendenza sempre più diffusa, non solo in Italia. La Commissione Europea ha individuato 42 settori in difficoltà. Gli studi di Unioncamere confermano l’urgenza della crisi che si presenta principalmente dal lato dell’offerta.
I profili scientifico-tecnologici continuano a essere carenti dal lato dell’offerta nel mercato del lavoro anche a causa di denatalità, abbandono scolastico e Neet (giovani che non studiano e non lavorano) in crescita. Per esempio l'anno scorso le aziende hanno inutilmente richiesto oltre 47mila diplomati degli Its-Istituti tecnici superiori Academy, trovandone solo poche migliaia. I profili difficilmente reperibili sono quelli dell’area elettronica, informatica e meccanica e l’area geografica con la maggiore richiesta è il Nord-Ovest. Mancano in particolare le competenze digitali trasversali. Per Laura Di Raimondo, direttrice di Assotelecomunicazioni-Asstel, «le aziende della filiera Tlc collaborano strutturalmente a tutti i livelli del sistema formativo nazionale e crediamo di poter supportare le istituzioni per disegnare al meglio l’offerta, e quindi incoraggiare le ragazze, sin dalle scuole superiori, ad approcciarsi al mondo delle Stem-Scienze, tecnologia, ingegneria e matematica». «Le materie Stem sono strumento fondamentale anche per lo sviluppo delle competenze digitali in Italia, con una particolare attenzione agli ambiti del Cloud e della Cybersecurity – spiega Di Raimondo – nel nostro Paese si prevede un mismatch annuale tra domanda riferita a tutti i settori produttivi e offerta di circa 13mila persone fino al 2026. E nonostante l’88% dei laureati in tecnologie dell’informazione e della comunicazione sia occupato, solo il 2% di studenti sceglie questi indirizzi e una percentuale ancora minore opta per gli Its Academy come istruzione terziaria. Istruzione e mondo del lavoro devono collaborare in modo sempre più sinergico, anche per consentire alle donne parità di accesso al lavoro, di retribuzione e di carriera. È necessario attuare una strategia di lungo respiro sull’education puntando su alcune leve: orientamento, incremento delle lauree Stem e valorizzazione degli Its per rispondere alla domanda di tecnici delle imprese. Un’alleanza tra aziende e mondo dell’istruzione/formazione necessaria per superare il mismatch tra domanda e offerta di competenze sul mercato e offrire opportunità alle ragazze e ai ragazzi. Occorre uno sforzo collettivo per appianare questi divari: solo così potremmo disegnare un futuro più equo per tutti».
Anche la pubblica amministrazione nel prossimo quinquennio avrà bisogno di circa 3,8 milioni di lavoratori, ai quali si aggiungeranno le richieste dovute agli effetti “traino” degli investimenti del Pnrr-Piano nazinale di ripresa e resilienza nei settori “costruzioni e infrastrutture” (21%), “turismo e commercio” (18%), “servizi avanzati” (16%) e “formazione e cultura” (13%). Da qui al 2028, ogni anno, la Pa avrà un ricambio di personale mediamente pari a 148mila profili professionali. Nove su dieci di questi saranno una sostituzione per turnover. La maggior parte (quasi 310mila in 5 anni) troverà impiego nei Servizi generali della Pa. La metà di queste professionalità saranno profili altamente specializzati, con competenze elevate in ambito digitale e tecnologico. A questi vanno aggiunti i 234mila profili che troveranno lavoro nel settore pubblico dell’Istruzione e 198mila in quello della Sanità. Ma già oggi sappiamo che all’appello mancheranno, sia nel pubblico che nel privato, tra gli 8 e i 17mila giovani con laurea Stem, tra i 9 e i 12mila con indirizzo insegnamento e formazione e circa 7mila con un profilo medico sanitario.
«È un grande punto interrogativo per il rinnovamento della pubblica amministrazione - sottolinea il segretario generale di Unioncamere Giuseppe Tripoli -. Per la transizione amministrativa e digitale, accanto alle tecnologie, servono persone e competenze. L’Italia purtroppo avrà circa otto milioni di persone in età da lavoro in meno entro il 2050 per effetto dell’andamento demografico e dell’invecchiamento della popolazione. Inoltre, nell’ultimo anno gli italiani che si sono trasferiti all’estero, ci dice il Censis, sono stati oltre 82mila. Trentaseimila di questi sono giovani tra i 18 e i 34 anni». Per rinnovare la Pa e consentirle di svolgere il ruolo di volano della nostra economia e della nostra società, secondo Tripoli occorre «renderla più attrattiva per i giovani. È necessario anche innestare la marcia sulla formazione continua del personale, soprattutto sul fronte del digitale. Cammino che le Camere di commercio hanno intrapreso già da alcuni anni».
Queste le motivazione della riforma che il ministero dell’Istruzione e del Merito intende vagliare: 4+2, con quattro anni di scuola secondaria superiore e due anni negli Its Academy, considerando gli 1,5 miliardi di euro destinati dal Pnrr-Piano nazionale di ripresa e resilienza agli Its.
Risultano carenti anche le figure degli artigiani, in particolare nel settore tessile e per la manutenzione ordinaria presso i privati, il tutto è dovuto ad un declassamento e ad un fattore culturale che ha portato a sottovalutarne gli sbocchi occupazionali. Questo fenomeno ben noto altrove in Europa diventa sempre più diffuso anche in Italia.
Le buone prassi
Il divario tra domanda e offerta di specialisti Ict continua ad aumentare e negli ultimi anni ha toccato numeri molto preoccupanti. Nel 2022 si è registrato un gap di circa 175mila professionisti specializzati nel solo mercato italiano: la domanda di mercato vale quasi cinque volte l’offerta. Il problema è inoltre aggravato dalle crescenti difficoltà che le istituzioni educative registrano nel percorso di adattamento alle nuove esigenze del mercato. Per questo motivo nasce Epicode Institute of Technology, Istituto Superiore di Istruzione Tecnologica che ha l’obiettivo di far evolvere velocemente il panorama universitario utilizzando un metodo didattico riconosciuto e validato in Europa, interamente orientato all’inserimento lavorativo. I nuovi percorsi di laurea e master saranno basati sui seguenti pilastri metodico-organizzativi:
● Percorsi di studio costruiti insieme alle aziende, sulla base delle esigenze del mercato e metodo didattico orientato all’inserimento nel mondo del lavoro.
● Riconoscimento internazionale del titolo, che permette la costruzione di un programma di studi più aggiornato e spendibilità globale dei laureati.
● Flessibilità garantita da una formazione 100% online con lezioni sia registrate che in diretta, alternate da progetti pratici con le aziende ed esperienze dal vivo come eventi, accesso ai co-working, attività di community e viaggi all’estero.
● Percorso di career coaching individuale per l’accompagnamento al mondo del lavoro e sviluppo di soft skills: pensiero critico, team working e problem solving, saranno temi fondativi del modello didattico.
● Garanzia del rimborso dell’intera quota di partecipazione per gli studenti che non trovano lavoro entro 12 mesi dalla laurea.
Nel contesto delle attuali sfide economiche, sociali, ambientali e organizzative, è oggi più che mai necessario portare innovazione anche nel campo dell’istruzione. Stiamo infatti assistendo ad un rapido cambiamento del mondo del lavoro, che sta portando alla conseguente necessità di sviluppare competenze nuove, soprattutto in termini di soft e life skill. Lo dimostrano i dati: un giovane su due (55%) teme il cosiddetto skill mismatch, ovvero il disallineamento tra formazione universitaria, titoli di studio e competenze richieste dal mercato del lavoro. Una sfida accolta da Forward College. L’obiettivo è quello di proporre un nuovo metodo di formazione volto a preparare i giovani ad approcciarsi con successo alla vita professionale, valorizzando le competenze e le attitudini del singolo studente. Il programma prevede un insegnamento personalizzato e cucito su misura dello studente, grazie al 100% di classi di piccole dimensioni (in media, 15 studenti per classe) e l’offerta di tutoring individuale. L’obiettivo è riconoscere e valorizzare le attitudini e le competenze del singolo. Gli studenti si distinguono infatti per un pregresso background straordinario nello sport, nelle arti, nelle loro comunità o nell’impegno politico – oltre all’eccellenza dal punto di vista scolastico. Allo stesso tempo, viene data la massima importanza all’accessibilità della formazione: è infatti stato istituito un sistema di borse di studio, di cui si sono avvalsi il 35% della prima coorte di studenti. Inoltre si basa sui principi dell’active learning: invece di impartire semplicemente delle conoscenze accademiche, i tutor, utilizzando un modello di flipped classroom, forniscono agli studenti gli strumenti, le competenze e le strategie che permetteranno loro di diventare degli studenti attivi, acquisendo una comprensione molto più profonda e operativa dei problemi che saranno chiamati a risolvere. L'eccellenza non è solo accademica. Il cuore del percorso formativo è infatti focalizzato allo sviluppo della human intelligence, in tutte le sue forme: competenze cognitive, sociali, emozionali, e pratiche. Infine si propone di formare i leader del futuro, partendo da una definizione di leadership come un processo intenzionale, collaborativo e basato sui valori che porta a un cambiamento sociale positivo. La leadership viene infatti intesa come un processo relazionale e sfaccettato e, soprattutto, il risultato di un'esperienza di apprendimento collettiva. L’obiettivo è formare gli “adulti emergenti”, “i leader del futuro”, attraverso un modello basato sul coinvolgimento, che cerca di sfruttare tutto il potenziale delle intelligenze umane.
Nella convinzione che la Regione Insubrica sia un territorio con grandi potenzialità, dopo quasi quattro anni di lavoro, il gruppo di ricerca del progetto Skillmatch Insubria ha elaborato il Masterplan Formazione Insubria 2030, per tradurre in ulteriori passi concreti una visione sul futuro del lavoro e della formazione nella regione transfrontaliera. Una visione costruita nel confronto dialettico tra i partner di progetto, partendo dalle sfide comuni che la Regione è chiamata ad affrontare e che impongono lo sviluppo continuo e l’implementazione di scelte e di buone pratiche, su cui ragionare collettivamente per arrivare a soluzioni
condivise, con una governance sempre più coordinata, pur nel rispetto delle identità delle comunità che la compongono. Molte sono le azioni proposte nel Masterplan per intervenire efficacemente sulla filiera formazione-lavoro: iniziative di awareness building per costruire e diffondere la consapevolezza sul tema del mismatch delle competenze; attivazione di sistemi di monitoraggio sui due lati del confine che, a partire dalle analisi già avviate per il progetto, aggiornino con cadenza periodica i dati quantitativi e qualitativi sui profili richiesti dal mercato del lavoro transfrontaliero e alimentino un tavolo permanente di analisi e confronto; creazione di un sistema di orientamento e informazione condiviso a livello transfrontaliero; valorizzazione dei qualification framework riconosciuti e sperimentazione di percorsi formativi condivisi per la regione transfrontaliera; lotta all’esclusione e all’abbandono scolastico; rafforzamento dei percorsi di formazione sul lavoro.
Bip ha realizzato un sondaggio sulla popolazione aziendale interna ed esterna all’organizzazione, da cui è emerso che per ridurre il fenomeno dello skill mismatch è necessario individuare percorsi di apprendimento più efficaci e coinvolgere tutte le persone. La motivazione è data dalla volontà di crescita, di apprendere nuove competenze (58%) o di svolgere meglio il proprio ruolo all’interno dell’azienda (25%). Secondo lo studio, le principali soft skill necessarie a svolgere al meglio la propria mansione nell’organizzazione di riferimento sono il problem solving in contesti complessi (41%), il pensiero critico e la capacità di analisi (37%), oltre a creatività, originalità e iniziativa (30%); minore è invece l’importanza attribuita alle competenze come resilienza, leadership e ascolto attivo, rompendo così il paradigma tradizionale. Le persone hanno, inoltre, maturato un maggior interesse su modalità di apprendimento basate sull’interazione Human2Human: il knowledge sharing è ritenuta quella più efficace (36%), diventa quindi indispensabile passare da un modello di apprendimento individuale alla collaborazione aperta fra più realtà che permetta uno scambio di competenze e arricchimento collettivo. Solo l’11% dei votanti, emerge dall’indagine, si è mostrato pienamente soddisfatto delle azioni intraprese dall’azienda per lo sviluppo delle competenze.
Infine sono cinque i punti di attenzione secondo Intoo (Gi Group) per sopperire alla difficoltà di reperire personale esterno:
• Una comunicazione attenta che tenga le persone sempre informate sulla strategia dell’azienda e sul mercato, quindi sui cambiamenti necessari per essere competitivi; i dipendenti devono sentirsi parte di una catena di valore: sapendo qual è il proprio ruolo e il proprio apporto al progetto comune saranno portate a fare al meglio ciò che sarà loro chiesto.
• Feedback costante; non è più tempo di performance management una volta l’anno; le aziende devono sapere costantemente se le persone sono allineate con gli obiettivi e possono farlo implementando una cultura del feedback continuo, che accolga anche i suggerimenti, le proposte e le difficoltà che le persone vedono e segnalano. L’azienda deve stare in ascolto, solo così avrà il termometro di cosa manca ai dipendenti.
• Molteplicità di strumenti a disposizione delle persone per formarsi e aggiornarsi anche in autonomia; corsi, ma anche, press release, piattaforme di e-learning, approfondimenti per un continuo upskilling personale che stimoli un mindset di proattività individuale.
• Reskilling puntando delle competenze non agite: su quali competenze possedute, ma non agite dei dipendenti si può far leva per costruire i ruoli che mancano e che non si trovano sul mercato? Su quali interessi o attitudini? Uno strumento che può essere rivelatore di competenze inespresse è il rilancio del job posting interno. Sulle figure critiche si suggerisce la mappatura/bilancio delle competenze integrata da test, per una lettura a 360 gradi della persona.
• Azioni per la retention; preoccuparsi delle persone, verificando periodicamente su cosa l’azienda potrebbe fornire maggiori risposte e soddisfazione, favorendo ad esempio community professionali che possano contribuire alla condivisione di esperienze e allo sviluppo delle competenze. Anche il networking interno è molto utile per rafforzare il senso di appartenenza. E poi prepararsi a una vera controfferta sui bisogni in caso di dimissioni volontarie per rilanciare non tanto in termini economici, ma in termini di maggiore conoscenza, flessibilità, servizi.