Come vedono e affrontano il futuro, come si preparano, in cosa credono, qual è il loro approccio all’impresa e quale percezione hanno le aziende nei loro confronti. Umana, con la collaborazione scientifica dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto G. Toniolo di Milano e Valore D, ha dato vita a una articolata e inedita indagine su scala nazionale che fotografa il mondo dei giovanissimi e il loro rapporto con il lavoro. Attraverso i confronti fra le diverse generazioni, le analisi di Umana si prefiggono l’obiettivo di creare consapevolezza condivisa sulle caratteristiche delle nuove generazioni al lavoro e fornire informazioni utili ai processi di selezione delle organizzazioni e dei recruiter delle imprese.
«Da tempo – spiega Maria Raffaella Caprioglio, presidente di Umana – le percezioni, i segnali che arrivavano “dal campo” quando affrontavamo il mondo dei giovanissimi e il loro approccio al lavoro, erano scarsamente intelligibili. Tutti i modelli finora studiati, tutti i paradigmi, le regole che avevamo a disposizione, con loro, valevano poco. Ci siamo resi conto che i ventenni che entrano al lavoro oggi sono molto diversi dalle generazioni che li hanno preceduti. Dovevamo perciò fare un passo in avanti con l’umiltà di chi deve mettersi in discussione. Dovevamo avvicinarci e capire il loro mondo, individuando gli strumenti da dare alle aziende per consentire loro di trovare una strada per raggiungere questa nuova generazione, una strada verso il futuro che rappresentano».
La “Zeta” è la prima generazione a non aver memoria diretta del Novecento. La parte più matura della Generazione Z ha oggi 20-24 e sta compiendo il proprio percorso di transizione scuola-lavoro. Sono pochi, sotto i tre milioni, e sono ancora meno dei Millennial. Il rapporto con le nuove tecnologie è senz’altro il loro elemento distintivo. I ventenni di oggi hanno visto la crisi economica investire in pieno i Millennial. Sono quindi più disillusi, partono con minori aspettative ma non sono meno determinati. Tendono a essere più cauti e pragmatici, più concreti rispetto al presente e riconoscere che l’impegno di oggi è premessa indispensabile per realizzare i propri obiettivi professionali e di vita.
Alla domanda “Il lavoro è per te…”, la percentuale più elevata di risposta è quella che corrisponde a “strumento per procurare reddito”, ma cresce molto anche la voce “luogo di impegno personale” che si posiziona poco sotto la precedente. Arrivano a superare il 90% anche le voci “un modo per affrontare il futuro” e “una modalità di autorealizzazione”. L’autorealizzazione non è quindi al primo posto, non perché non sia questo il desiderio principale dei giovani, ma perché l’impatto della crisi economica e le persistenti difficoltà del Paese hanno reso più concreti e pragmatici i giovani rispetto alle condizioni materiali. La preoccupazione principale è quindi quella di un buon stipendio (94,2%), che porta con sé anche la possibilità di affrontare il futuro (91,3%). In mezzo c’è però la consapevolezza della necessità di mettere l’impegno personale (93,1%), che risulta anche un modo per sentire il lavoro come qualcosa di proprio, che coinvolge e stimola a fare e migliorarsi.
Le dimensioni più rilevanti per gli intervistati risultano essere il livello di remunerazione e la tipologia di contratto. Seguono a poca distanza la coerenza con le proprie passioni (56,3%) e le prospettive di carriera (54%). Ma sono proprio queste due ultime voci quelle che aumentano in modo più rilevante nella Generazione Z. Questi elementi in crescita riflettono un aumento della visione positiva del lavoro.
Questi dati sembrano suggerire che il desiderio di fondo della Generazione Zeta non sia tanto quello di porre confini al lavoro per dare più spazio alla vita libera dal lavoro, ma di contaminare i due territori e soprattutto riempire di vita il lavoro, in termini di passioni, interessi, modalità di integrazione (più che conciliazione) con le scelte familiari e di vita.
Rispetto agli elementi considerati utili per trovare un buon lavoro il titolo di studio è sempre più considerata una condizione necessaria ma non sufficiente (13,6%). Il requisito nettamente più importante la capacità di adattarsi (44,9%) da intendere non solo rispetto a quanto il mercato offre ma anche e soprattutto ai cambiamenti del mondo del lavoro. E’ oramai consolidata ampiamente la consapevolezza che le conoscenze e le competenze acquisite vanno continuamente aggiornate.
Per gli Zeta è considerato importante poter combinare positivamente il lavoro con altre dimensioni di realizzazione personale. Aumenta inoltre sensibilmente tutto quello che rende dinamico, sfidante e innovativo il lavoro (complessivamente 35,4%). Piace anche la possibilità di viaggiare con il proprio lavoro (15,9%), interagire e incontrare persone nuove (9,5%).
Tra le life skill che gli Zeta pensano di avere in modo ampio, più delle generazioni precedenti, si distinguono l’avere un sogno da realizzare (63,2%), la capacità di stare in relazione con gli altri (59,6%), di perseguire obiettivi (59,4%) e riconoscere gli aspetti positivi delle situazioni (54,0%). Va considerato che essendo ancora giovani, esiste anche una tendenza a sopravvalutare il proprio saper essere e fare prima ancora di mettersi pienamente a confronto con le sfide del lavoro e della vita.
S’impongono le competenze avanzate (digitali, 55,5%), la creatività e lo spirito di iniziativa (entrambe indicate da oltre la metà dei rispondenti, 51,6%). Poco sotto si posizionano attività favorite dalla giovane età (verbali, uditive, mnemoniche, spaziali; 47%). Particolarmente interessante è il confronto ponendo tutti gli intervistati nella stessa condizione di immaginare per un attuale diciottenne quali siano le competenze più importanti di cui dovrebbe dotarsi per trovare oggi lavoro. La più importante risulta per gli Zeta (e in modo più forte rispetto alle generazioni precedenti) il “Desiderio di imparare” (85%). Su valori bassi invece si posizionano l’abilità di essere un leader, l’empatia, la capacità di sostenere le proprie idee, l’avere un sogno da realizzare.
Punti di contatto e qualche differenza con la ricerca parallela dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo emergono nell’indagine di Umana realizzata con la collaborazione scientifica di Valore D, che ha misurato in questo caso, sempre su scala nazionale, la visione e la percezione di Hr Manager e Decision Maker di grandi aziende riguardo agli Zeta e ai più giovani tra i Millennials, rilevando anche le eventuali differenze per genere. Per le aziende tra le competenze che più caratterizzano le nuove generazioni vi sono l’uso delle nuove tecnologie (72,5%) anche rispetto a: modalità di apprendimento (63,4%), ricerca di un’occupazione (social network 73,2%; internet 63,4%). Le aziende ritengono che per la Generazione Z e per i giovani Millennials sia riconosciuta la centralità del lavoro insieme all’importanza di avere tempo da dedicare ad attività extra lavorative e alla vita privata: flessibilità oraria (97,4%), tempo libero per la cura dei cari (92,3%), poter lavorare da casa o da altra sede (92,3%), tempo libero per attività extra (92,1%). Le nuove generazioni ritengono che il proprio sviluppo sia favorito dalla possibilità di fare esperienze all’estero (100%), dall’importanza di ricevere una formazione professionalizzante (92,3%) e dalle opportunità di job rotation (89,7%). Altre competenze delle nuove generazioni sono ad esempio la conoscenza della lingua inglese (87,5% e il 92,7% delle aziende ritiene siano aumentate rispetto alle generazioni passate), l’uso di tecnologie (72,5% e l’85,4% ritiene siano aumentate) la creatività (70% e il 65,9% ritiene siano aumentate). Tra le soft skill il lavoro di squadra (77,5% e 82,9% ritiene siano aumentate), il desiderio di imparare (67,5% e il 58,5% ritiene sia aumentato). Critiche sono: destrezza manuale, resistenza e precisione (80,5% delle aziende ritiene siano diminuite); lettura, scrittura, matematica e ascolto attivo (63,4% ritiene siano diminuite) abilità verbali, uditive, mnemoniche e spaziali (46,3% ritiene siano diminuite). Infine, un buon clima aziendale è importante per i giovani (buone relazioni con i colleghi 97,4%; con i superiori; 92,3%; lavorare in team 94,9%; un’attenzione alle offerte di welfare 92,3%) cosi come gli scambi generazionali che sono un valore aggiunto per i dipendenti, sia giovani che senior.
Due gli assi portanti dell’indagine Umana:
Il primo indaga su un campione rappresentativo di 2000 giovani della Generazione Zeta a livello nazionale sul tema: “Fra Generazione Z e Millenials. Nuovi approcci al lavoro e nuove professionalità per nuove generazioni” (ricerca condotta dall’Osservatorio giovani dell’Istituto G. Toniolo a gennaio 2019 con il coordinamento scientifico di Alessandro Rosina, demografo, Università Cattolica Milano).
Il secondo, indaga sul tema: “Giovani nell’impresa; la visione e la percezione delle aziende sulla Generazione Z”, attraverso una ricerca condotta da Valore D attraverso delle survey a Hr Manager e Decision Maker di 41 grandi aziende di 11 settori differenti che contano complessivamente oltre 300mila dipendenti.
S’impongono le competenze avanzate (digitali, 55,5%), la creatività e lo spirito di iniziativa (entrambe indicate da oltre la metà dei rispondenti, 51,6%)
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