venerdì 5 agosto 2016
​Il numero delle imprese riprende a crescere e, per la prima volta dal 2008, il saldo torna positivo. Ma per gli industriali la crescita ha bisogno di più investimenti in infrastrutture (nella foto Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria).
Export e start up, il Sud prova a ripartire
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Il «potenziale di crescita è enorme», la crescita reale, invece, si ferma allo 'zerovirgola': il Sud d’Italia è ripartito ma va avanti piano e rischia di bloccarsi. «Non abbiamo più alibi, bisogna accelerare sulle politiche per la crescita », è l’appello di Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, nel presentare ieri il rapporto Ceck Up Mezzogiorno. Una fotografia dello stato del meridione che fa emergere segnali di vitalità dopo gli anni neri della crisi, cataclisma che ha inghiottito 80 miliardi di Pil e 200mila imprese allargando ulteriormente lo storico divario con il centronord. Nel 2015 c’è stata una piccola inversione di tendenza e le regioni meridionali sono cresciute leggermente più della media nazionale (1% a fronte dello 0,8%). Un abbrivio che quest’anno già mostra il fiato corto. Secondo le stime diffuse ieri nel 2016 il Pil meridionale si fermerà a un esangue + 0,3% (a fronte dello 0,8% nazionale) nonostante la spinta del turismo (che beneficia delle svariate crisi nell’area mediterranea) e il buon andamento dell’export e in particolare del settore auto (Fca ha due grandi insediamenti industriali al Sud). Insomma l’economia del Mezzogiorno «è in cerca di conferme» dopo la piccola ripartenza dello scorso anno. I segni positivi ci sono ma vanno accompagnati da politiche di sviluppo, con particolare attenzione alle infrastrutture, che restano molto più arretrate che nel resto del Paese, e con un utilizzo efficiente e oculato dei fondi di coesione europei (entro l’anno ci sono da spendere 2,5 miliardi nel solo Sud), anche come volano per riattivare gli investimenti privati. Tra le luci evidenziate dal rapporto, c’è la crescita del numero delle imprese, che tra il secondo trimestre 2015 e il secondo trimestre 2016 è salito di 10mila unità (+0,6%); anche se si tratta in larga parte, sottolinea lo studio al quale ha collaborato il centro studi Srm di Intesa Sanpaolo, «di aziende di piccola e piccolissima dimensione (il 99% delle imprese meridionali ha meno di 49 addetti)». Salgono però anche le imprese di capitali (+6%), quelle giovanili, e le start up innovative (+39% in un anno). Le esportazioni, rispetto al primo trimestre del 2015, sono cresciute del 2,5% (a fronte di una sostanziale stazionarietà nazionale), ma «all’interno della macro-area si rafforza la differenziazione dei risultati»: delle otto regioni del sud a crescere sono state Abruzzo, Molise e Basilicata. Tra i settori produttivi colpisce la piccola battuta d’arresto dell’agroalimentare (-2,4%), che «era cresciuto ininterrottamente anche negli anni della crisi». Il clima di fiducia delle imprese, pur restando più elevato degli ultimi anni, «nella prima parte dell’anno registra un andamento più incerto proprio nel meridione». In miglioramento il lavoro, con 50mila occupati in più negli ultimi 12 mesi, soprattutto dipendenti a tempo indeterminato. Una tendenza che «sembra frenare nei primi mesi del 2016 – nota però il rapporto – anche a causa della riduzione degli sgravi contributivi: le assunzioni agevolate nei primi 5 mesi dell’anno si sono ridotte del 57% rispetto a un anno prima. Resta elevatissima la disoccupazione (oltre il 20% il dato generale, sfiora il 54% quella giovanile). Non a caso Boccia ha invitato il governo a rafforzare gli sgravi sulle assunzioni stabili, specialmente nel Mezzogiorno, sottolineando il positivo effetto indiretto sui consumi generato della stabilità lavorativa. Altro pedale da spingere con maggiore decisione, secondo Confindustria, è quello degli sgravi fiscali sugli accordi di produttività. Al Sud infatti, la produttività è in media del 18% più bassa che nel Nord Italia e di quasi il 50% che in Germania. 
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