Difficile trovare una grande azienda quasi novantenne che non ricordi, nella sua storia, grossi scontri con i sindacati. Italtel – gruppo che lavora sulle reti di telecomunicazioni basato a Settimo Milanese, con 2mila dipendenti – era un gruppo all’avanguardia nei rapporti con le organizzazioni dei lavoratori. Tra i primi, ad esempio, a introdurre i "contratti di solidarietà" per gestire le crisi, negli anni Ottanta. Non tutte le migliori tradizioni, però, durano per sempre. Martedì il tavolo tra Italtel e i sindacati, al ministero del Lavoro, si è risolto malamente. E ieri i dipendenti milanesi hanno occupato gli uffici delle risorse umane.L’azienda – controllata da un gruppo di fondi con quasi il 60% delle quote, e con l’altro 40% diviso a metà tra Telecom Italia e Cisco System – è in difficoltà da parecchi mesi. Fatturava 546 milioni di euro nel 2007, è scesa a 467 milioni nel 2008 e l’anno scorso avrebbe perso altri 50 milioni di euro di ricavi. Colpa della dipendenza da Telecom Italia, che è suo azionista di minoranza ma anche suo principale cliente: il colosso delle telecomunicazioni ha ridotto il budget di investimenti sulla rete, e Italtel ne paga immediatamente le conseguenze. «Il 24 marzo 2009 l’azienda ha annunciato l’obiettivo di ridurre l’organico di 450 persone, spiegando che voleva "cambiare pelle"» racconta Roberto Dameno, delegato della Fiom Cgil. Si è arrivati a un accordo nel giugno successivo: con i contratti di solidarietà 1.385 lavoratori accettano di lavorare un giorno in meno al mese per consentire all’azienda i risparmi necessari ad evitare un centinaio di esuberi. I piani dell’amministratore delegato Umberto De Julio però sono più drastici, e a gennaio di quest’anno l’azienda annuncia altri 400 tagli. I sindacati rilanciano i contratti di solidarietà: sarebbero disposti ad arrivare a 4 giorni lavorativi in meno, allargando anche la base dei lavoratori interessati, pur di evitare gli esuberi. Niente da fare, l’azienda andrà avanti con i suoi piani: 400 lavoratori in cassa integrazione a zero ore per 12 mesi. Da qui la rottura, che provoca anche l’annullamento della precedente intesa sui contratti di solidarietà. Significa che gli esuberi complessivi – nelle tre sedi di Settimo Milanese, Roma e Carini (Palermo) – rischiano di salire a 500.«Significa anche – chiarisce Enrico Vacca, della Fim Cisl – che gente qualificata dovrebbe vivere un anno con un reddito anche dimezzato, restando fuori da un settore che chiede continuo aggiornamento». L’ostinazione dei manager, agli occhi dei dipendenti, è «inspiegabile», racconta uno di loro, Paolo Pieroni, che lo ha scritto in una lettera inviata all’assessore allo Sviluppo economico lombardo, Romano La Russa. Pieroni e i sindacati ricordano come il settore delle reti sia in fermento, e che Italtel potrebbe giocare un ruolo decisivo nella costruzione della rete a banda larga italiana. E proprio La Russa ieri ha incontrato i rappresentanti dei lavoratori. «È stato molto disponibile – dice Dameno – spero non sia solo campagna elettorale». La Regione potrebbe rilanciare l’azienda investendo nelle infrastrutture tlc con i soldi stanziati dal governo per la banda larga, anche se, secondo le sigle dei lavoratori, potrebbe forse essere «troppo tardi».Quella dei dipendenti Italtel è una lotta che punta a mantenere «la vera natura dell’azienda». Il sospetto dei sindacati è che la strategia di Italtel, quel «cambiare pelle» annunciato un anno e mezzo fa, consista nel ridurre il gruppo da impresa che realizza la reti a semplice società di consulenza. Forse «su pressione delle banche» dice Dameno. «Una strategia – conclude Vacca – che brucerebbe competenze e professionalità in un settore vivo, e sarebbe il finale assurdo di una bella storia di buoni rapporti tra azienda e lavoratori».