Un contratto di lavoro sottoscritto in Italia è difficilmente applicabile in un altro Paese Ue e viceversa. La difficoltà di equiparazione degli accordi è uno dei motivi che frena la mobilità dei lavoratori in Europa, ancora molto bassa (0,5% della popolazione, pari a 1,1 milioni secondo gli ultimi dati Eurostat). Proprio per far fronte a questa esigenza il Cnel ha aderito al progetto ColBar-Europe, che prevede la comparazione dei contratti vigenti in Italia a quelli adottati in altri Paesi dell’Unione Europea contenuti nella banca dati della fondazione olandese Wageindicator che cura la raccolta, l’approfondimento dei contenuti e la codifica di quasi 800 accordi collettivi dei settori pubblici e privati di 23 Paesi Ue e, in misura minore, accordi transnazionali.
Il Cnel ha già inserito e comparato circa 80 contratti e ne è emerso che quelli italiani sono molto più evoluti degli accordi di altri Paesi dell'Ue nelle norme previdenziali, nella disciplina del welfare e, nel settore privato, anche nella formazione, sebbene ci siano notevoli differenze fra settori e spesso la loro attuazione venga disattesa. I nostri accordi dei settori del credito e metalmeccanici sono tra i più all'avanguardia. Il progetto, finanziato dal programma di dialogo sociale, del quale è capofila l’Università di Amsterdam e di cui il Cnel è membro assieme all’istituto di ricerca Celsi di Bratislava, viene sviluppato nell’alveo di una linea di ricerca più ampia che ha preso il via cinque anni fa. L’idea di fondo dell’attività che tale organismo svolge è la condivisione dei contenuti della contrattazione collettiva, mediante la pubblicazione dei testi (particolarmente interessante nei Paesi che non dispongono di un archivio dei contratti) e dei relativi schemi di lettura, con l’ambizione di fornire agli operatori una modalità per comprendere meglio e confrontare le clausole e le disposizioni contrattuali fra aziende, settori e Paesi.
«I lavoratori che si muovono in ambito europeo da un Paese all’altro attraverso la piattaforma Wageindicator, potranno avere immediatamente la percezione di quali sono i loro diritti, il loro salario, le loro ferie, la loro malattia in ogni singolo Paese e quindi anche i contratti italiani saranno visibili da tutti, lavoratori e aziende - dichiara la consigliera del Cnel Manola Cavallini -. Allo stesso tempo, questo progetto messo in campo dal Cnel è molto importante perché consente di avere un’analisi comparata degli istituti contrattuali in tutti i Paesi dove la contrattazione è sviluppata. Questo lavoro, articolato e complesso, è stato reso possibile grazie ai dati dell'Archivio nazionale dei contratti presso il Cnel, uno dei più ampi e completi database internazionali sui contratti. Senza l'archivio sarebbe stato tutto più difficile».