Perché l'apprendistato in Italia non riesce a
decollare? Probabilmente perché si sono sovrapposte troppe riforme. E
poi perché le parti sociali non sono coinvolte in maniera attiva, manca
una partnership tra azienda e scuole sui fabbisogni formativi ed è
scarsa l'alternanza scuola-lavoro. Ancora, c'è un sistema di
certificazione delle competenze che è inadeguato. Sono solo alcune delle
motivazioni per come emergono da uno studio di Adapt, il centro studi
fondato da Marco Biagi e diretto da Michele Tiraboschi, che ha messo a
confronto le 13 linee guida indicate dalla Commissione europea come
fattori chiave per il consolidamento di un efficace sistema di
apprendistato.
"L'Italia - si legge nello studio Adapt - ne soddisfa ben poche e
ad ogni riforma si allontana poco alla volta dal benchmark europeo
rappresentato dalla Germania. In Italia siamo ancora agli aspetti di
dettaglio (forma scritta del piano formativo, formazione pubblica,
stabilizzazione) senza alcuna logica di sistema e quasi come se la
pianificazione e il controllo di un percorso di apprendimento e crescita
professionale fosse poco più di una fastidiosa grana burocratica che
penalizza imprese pure desiderose di assumere e investire sui giovani".Molte delle 13 linee-guida indicate dalla Commissione Europea continuano così ad essere puntualmente disattese.*
Anzitutto per un rilancio dell’apprendistato, le istituzione europee
indicano l’esistenza di un quadro regolatorio e istituzionale stabile.
In Italia, con il Jobs Act, siamo, invece, al quarto intervento in tre
anni. Dopo l’approvazione del Testo Unico del 2011, infatti, sono giunti
in ordine cronologico: la Legge Fornero (2012), il Pacchetto
Letta-Giovannini (2013), il Decreto Carrozza (2013);Segue un ruolo
attivo delle parti sociali, ma queste sono state via via escluse dalla
condivisione delle ultime riforme legislative e hanno dimostrato scarso
attivismo soprattutto nell’implementazione dell’apprendistato di primo e
terzo livello;
* Anche il coinvolgimento delle imprese è variabile. Su progetti
specifici si registrano sperimentazioni interessanti, ma nulla di
realmente sistemico;
* Completamente assente risulta poi il dialogo tra mondo del lavoro e
mondo della scuola che è decisivo sia in termini di orientamento (dove
funziona l’apprendistato è scelta fatta a 15 anni, da noi si accede
all’apprendistato solo terminata la scuola) sia per la definizione dei
fabbisogni di competenze e per la progettazione di un’offerta formativa
corrispondente e adeguata. Questo spiega il grave ritardo su altri
quattro punti chiave indicati dall’Europa: un matching virtuoso
tra apprendista e realtà ospitante, la diffusione della metodologia
dell’alternanza, la certificazione delle competenze, l’avvio di percorsi
fortemente personalizzati;
* I pochi punti forte della via italiana all’apprendistato sembrano
essere l’esistenza di finanziamenti ad hoc, una disciplina contrattuale
definita e una buona qualità nel tutoraggio degli apprendisti che, però,
rischia ora di essere penalizzata dal venir meno del piano formativo
individuale, vera bussola per il percorso formativo del giovane. La
distanza con gli altri Paesi europei rimane quindi abissale. In Europa,
l’apprendistato è un sistema integrato tra mondo della scuola e mondo
del lavoro. In Italia, invece, è un contratto di primo inserimento
fortemente incentivato, ma poco formativo.
Lo studio completo può essere consultato all'indirizzo: www.bollettinoadapt.it.