Più sofferenze e meno lavoratori. In estrema sintesi, per le banche italiane, negli ultimi anni è andata proprio così. A fronte di un aumento dei crediti non performanti, infatti, si è assistito a una drastica diminuzione dei dipendenti degli istituti. E se attraverso il supporto degli strumenti messi in campo recentemente si cercherà di smaltire la maggioranza dei quasi 200 miliardi lordi di Npl, non è prevista alcuna inversione di trend sul fronte occupazionale. Anzi, la forza lavoro è destinata a scendere ancora. Perché nonostante dalle banche italiane dal 2013 a marzo 2016 siano già usciti quasi 12mila lavoratori, si stima che altri 16mila lascino il loro posto entro quattro anni in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Logica conseguenza è che ci saranno anche meno sportelli, dal 2010 a oggi già ridotti di 4mila unità (ora se ne contano poco più di 30mila su tutto il territorio nazionale).A fornire un quadro dettagliato sugli esuberi (passati e futuri) è la Fabi, che sottolinea come siano quasi esclusivamente i lavoratori a pagare i costi della crisi del settore. Eppure secondo il segretario generale del sindacato, Lando Maria Sileoni, sarebbe possibile gestire in modo più morbido il problema occupazionale dei prossimi 3 anni consentendo l’uso dei fondi Naspi pagati dagli istituti per finanziare l’allungamento della permanenza da 5 a 7 anni dei lavoratori nel fondo esuberi. Nello studio si indicano le uscite per singola banca. «Nei 5 maggiori istituti italiani – ovvero Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi – dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali», aggiunge Sileoni.Se da una parte il sindacato propone l’utilizzo del fondo per evitare una nuova emorragia di posti di lavoro, dall’altra si chiedono anche altri interventi per proseguire nella
spending review del settore senza penalizzare il personale. «Sul fronte della riduzione dei costi – evidenzia Sileoni – desidereremmo interventi più incisivi sia dal governatore Visco sia dal ministro Padoan rispetto alle consulenze milionarie soprattutto in ambito informatico, alle sponsorizzazioni selvagge e inutili come quelle per esempio del raduno delle macchine d’epoca, del finanziamento di improbabili circoli culturali, del finanziamento di sagre e feste di dubbio valore, di sponsorizzazioni per attività sportive professionistiche che non hanno alcun senso». Come a dire che gli ambiti per ridurre le spese, non mancano di certo.