Come in un flipper, la pallina impazzita di Mps, (ri)spedita nei giorni scorsi dal Pd alla banca senese e agli enti locali che la controllano, ieri è tornata in casa democratica. Il mittente, stavolta, è il premier uscente e tanto basta per tenere alto il livello dello scontro in piena campagna elettorale. L’avvertimento è chiaro e arriva proprio nelle ore in cui a Siena si apre l’assemblea fiume degli azionisti. Da un lato, il presidente del Consiglio deve rispondere alle accuse in arrivo dal Pdl sull’uso di risorse pubbliche a favore del Montepaschi, i cosiddeti Monti bond che ieri hanno ricevuto il via libera dai soci, dall’altro l’intreccio tra politica e finanza è un piatto troppo invitante per sottrarsi alla polemica con gli avversari ed ex alleati del Partito democratico. «Non voglio attaccare Bersani» premette il Professore, quasi a voler preservare il rapporto di stima col leader democratico, «ma il Pd nella questione Mps c’entra». Punto. Il siluro è partito e permette a Monti di criticare innanzitutto «la commistione fra banche e politica, una brutta bestia che va sradicata». Poco dopo, arriva la replica di Bersani che ironizza: «Monti adesso trova un difetto al Pd tutti i giorni, mentre per un anno non ne ho mai sentiti».
«Basta corride politiche»Monti sa bene qual è il nervo scoperto del caso toscano e perciò insiste sul legame tra la Fondazione e la banca, quel vincolo proprietario mai allentato dagli enti locali fino a quando lo scandalo derivati è scoppiato. «Il partito democratico è coinvolto in questa vicenda perché ha sempre avuto grande influenza sulla banca attraverso la sua fondazione e il rapporto storico con il territorio culturale e finanziario senese». Nello stesso tempo, le dichiarazioni del premier uscente puntano a rafforzare l’estraneità del suo esecutivo rispetto alle accuse mosse nelle ultime ore. Ci sono responsabilità di Palazzo Chigi? No, perché il compito del governo è quello di «evitare che ci siano problemi nel sistema bancario italiano e assicurare il buon funzionamento delle autorità indipendenti». Ma i puntini sulle "i", Monti intende metterli anche per fare chiarezza sull’utilizzo dei soldi pubblici a favore del credito. «I soldi dell’Imu vanno al settore pubblico, ci vanno e ci restano. C’è una nuvola terroristica circa gli importi relativi alla questione su Mps diventati oggetti di corride politiche». Nello specifico, Palazzo Chigi ribadisce di non aver fatto «alcun regalo al Monte dei Paschi di Siena: si tratta di un prestito di 2 miliardi, con un interesse molto oneroso pari al 9 per cento, mentre i restanti 1,9 miliardi sono rimborsi dei precedenti Tremonti bond».
Le nuove accuse della Legal fronte politico apertosi intorno a Mps vivrà una nuova puntata martedì, quando è attesa l’audizione in Commissione finanze al Parlamento del ministro dell’Economia, Vittorio Grilli. «Ribadisco la mia assoluta fiducia e stima sulla Banca d’Italia di ieri e di oggi – ha voluto puntualizzare il titolare di Via XX Settembre –. Del resto, come ho detto durante il dibattito sulla qualità del lavoro di vigilanza lo dimostra il fatto che il sistema bancario italiano è stato meno colpito dalla crisi rispetto a quello di altri Paesi». Ma il nodo Siena resta uno dei bersagli preferiti per l’opposizione, come dimostra la nuova levata di scudi della Lega Nord. «C’è puzza di tangenti – ha attaccato nuovamente il segretario del Carroccio, Roberto Maroni –. Credo che il governo debba procedere al commissariamento della banca, se dovesse essere accertata la tangente, visto che ci ha messo 4 miliardi di euro, per procedere poi a risanamento e vendita».