lunedì 16 settembre 2024
Spagnolo “di Napoli”, il sacerdote dell’Opus Dei se n’è andato a 93 anni dopo aver lasciato una profonda impronta spirituale, umana e culturale
Don Michele (in piedi) a Urio negli anni Sessanta durante un convegno teologico con relatore l'allora cardinale Albino Luciani e moderatore Cesare Cavalleri

Don Michele (in piedi) a Urio negli anni Sessanta durante un convegno teologico con relatore l'allora cardinale Albino Luciani e moderatore Cesare Cavalleri - .

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«Vi auguro di avere una vita lunga e felice come la mia». Così don Michelangelo Peláez ha salutato chi lo accudiva al Campus Biomedico di Roma, poco prima di morire, a 93 anni, dopo essersi speso per tutta la vita in un apostolato intenso, cordiale, accogliente, profondo, sensibile, intelligente. Da cuore a cuore, «un asinello di Gesù», come ha detto nell’omelia al suo funerale a Napoli nella basilica dell’Incoronata don Giovanni Manfrini, vicario per l’Italia dell’Opus Dei. Spagnolo di Zamora, nella regione di Castiglia e León, ma ormai italianissimo (arrivò a Roma nel 1953, appena completati gli studi civili: e da allora è rimasto sempre nel nostro Paese, del quale era innamorato), Peláez era infatti un figlio spirituale di san Josemaría Escrivá, seminatore instancabile della santificazione di ciascuno nella propria vita quotidiana, al centro del carisma dell’Opus Dei, cui aderì nel 1948.

Laureato in Giursprudenza, prese una seconda laurea a Roma in Diritto canonico alla Pontificia Università di San Tommaso e fu ordinato sacerdote l’11 dicembre 1955 per poi svolgere negli anni il suo ministero a Roma, Bologna, Napoli, Bari, Milano e Trento, dove fu cappelllano della neonata Facoltà di Sociologia negli anni 1965-66. Continuò a coltivare i suoi studi etico-giuridici, pubblicando una “Introduzione allo studio della criminologia” (Giuffrè 1960). Dotato di grande apertura mentale, curiosità a tutto campo e intelligenza vivacissima, iniziò a collaborare nel 1964 con le Edizioni Ares e con la rivista “Studi Cattolici”, diretta da Cesare Cavalleri, diventandone caporedattore (incarico svolto sino al 1975), punto di riferimento intellettuale per tanti cattolici e non, proprio per la sua vivacità e per l’interesse sincero verso le forme del pensiero contemporaneo.

Negli anni del Concilio e del post-Concilio “don Michele” come veniva chiamato – fu protagonista con saggi, studi, conferenze, dibattiti, seminari, attento in particolare ai temi di morale professionale (tra le sue opere, “Etica, professioni e virtù”, “L’arte di vivere bene”, “Scienza per l’uomo”, tutti editi da Ares, come la raccolta dei suoi articoli su Studi cattolici, “Studi 1960-2003”).

Tra gli anni Settanta e Ottanta a Roma, fu vicario delegato dell’Opus Dei per il Centro Italia, dal 1994 al 2009 cappellano e docente di Antropologia ed Etica all’Università Campus Biomedico di Roma, dando sostanza agli studi umanistici che costituiscono il punto di forza e la caratteristica centrale di questo centro formativo dei futuri medici.

Sacerdote di grande spessore umano, intellettuale e spirituale, ha lasciato una traccia profonda nella vita di chi l’ha frequentato, per un dialogo culturale o per confessarsi, per la direzione spirituale o per un’amicizia d’intenso gusto umano. Fine consigliere, ironico, sorridente e pronto a una risata cordiale, conversatore ricco di temi e di saggezza, dotato di una memoria precisa, e soprattutto prete dalla fede semplice e forte, ha sempre espresso tutti questi doni con la sua capacità comunicativa, condita di simpatia e buon umore, segno anche della lunga permanenza a Napoli, città che gli era particolarmente congeniale e dove ha chiesto di essere sepolto.

Chi l’ha conosciuto più da vicino fa notare che quest’uomo di Dio se n’è andato in punta di piedi dopo una lunga e intensa vita sacerdotale, mostrandoci che vivere una vita come la sua “vale la pena”. «Ogni giorno – l’ha ricordato Manfrini – con molta regolarità intercalava il tempo dedicato allo studio con quello riservato alla preghiera e ad accogliere, con immediata disponibilità, le persone che lo cercavano per un aiuto spirituale. Ogni giorno le stesse cose, alla stessa ora. Pieno di zelo apostolico, non ha lesinato energie per avvicinare nuove persone e nuovi ambienti al Signore. Anche dopo aver compiuto gli 80 anni, si dava da fare per promuovere ritiri o conferenze spirituali, non solo a Napoli dove abitava, ma anche in altre provincie della Campania. E tutto questo pur avendo seri problemi di salute. Entrava nel cuore delle persone, si interessava sinceramente alla loro vita; ancora a distanza di anni, quando incontrava alcune di queste persone ricordava i loro nomi, i nomi dei parenti prossimi, i particolari di alcune vicende professionali e familiari. È certo che aveva avuto il dono di una memoria prodigiosa, ma è altrettanto vero che sapeva mettere questo dono al sevizio della carità, perché ognuno si sentisse particolarmente da lui amato. Sono tanti coloro che assicurano di aver incontrato in don Michele un padre, una guida che ha cambiato loro la vita, e che aiutava a essere ottimisti».

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