Separazioni e divorzi. Percentuali in vertiginosa ascesa, così come il numero di convivenze e di figli nati fuori dal matrimonio: di fronte a questo scenario, non solo italiano, i vescovi di tutto il mondo hanno espresso al Pontificio consiglio per la famiglia la loro preoccupazione. E il dicastero vaticano ha in cantiere un progetto per «promuovere ricerche sociologiche in vari Paesi, allo scopo di quantificare costi e sofferenze - personali e collettivi - delle separazioni e dei divorzi, a livello psicologico, esistenziale, ma anche economico, giudiziario, culturale. Presenteremo i risultati all’opinione pubblica, perché chi ha il potere politico ed economico intervenga a sostegno della famiglia». Lo ha annunciato domenica scorsa il cardinale Ennio Antonelli, da un anno alla guida del dicastero, incontrando i membri dell’associazione 'Famiglie separate cristiane' (Fsc), riuniti a Roma per il loro convegno nazionale. «Alcuni di voi non possono fare la comunione eucaristica, ma è sempre possibile la comunione - non di poco conto - con la mensa della Parola. Mettersi umilmente in cammino è già un grande passo, da accompagnare sempre con la preghiera», ha rilevato Antonelli, valorizzando il cammino di fede che può compiere chi vive il fallimento delle nozze: «Un separato fedele al suo matrimonio può incarnare l’amore in maniera eroica, rivivendo l’abbandono di Cristo in croce, la sua solitudine interiore; chi perdona nonostante il male ricevuto, non si rassegna e non si ripiega su se stesso, ma lascia la porta aperta al coniuge, somiglia al Crocifisso e partecipa alla fecondità della croce». Secondo il porporato, anche i separati possono collaborare «alla salvezza di tante famiglie attraverso il proprio fallimento, purché vissuto nell’amore e nel dono di sé, senza arrendersi e lasciarsi schiacciare dalle situazioni negative». Tuttavia molto resta ancora da fare in ambito pastorale, ha ammesso il presidente del Pontificio consiglio: anche se «oggi la famiglia è la principale preoc- cupazione della Chiesa», ci si trova dinanzi a una società profondamente mutata rispetto agli anni Ottanta: «Nella formazione permanente del clero si dovrebbero introdurre questi temi, e allo stesso tempo promuovere per i fidanzati e le giovani coppie lunghi itinerari di fede sulla vita cristiana: altrimenti ci si espone a nozze nulle». Dal canto suo Ernesto Emanuele, presidente dell’associazione fondata a Milano nel 1998 e membro del Forum associazioni familiari, ha riferito di avere «presentato recentemente come Fsc, sia alla diocesi di Milano che alla diocesi di Roma, le nostre proposte pastorali per separati cristiani, in un documento dal titolo 'We have the dream'; nella capitale il vicegerente, monsignor Luigi Moretti, ci ha confermato in questi giorni la sua stima per la collaborazione già in atto da tempo nelle parrocchie romane». Oggi Fsc è presente in 15 città con 33 gruppi di preghiera e circa un migliaio di aderenti. Da questa realtà è scaturita, nel 2001, quella dei 'Separati fedeli', associazione composta da chi sceglie di restare comunque fedele al sacramento del matrimonio e porta la sua testimonianza anche durante gli incontri dei fidanzati che si preparano alle nozze. «Non ci occupiamo di problemi teologici, anche se per alcuni è un dolore accettato il fatto di non potersi accostare alla comunione eucaristica: un problema che, purtroppo e in alcuni casi, frena l’accoglienza dei separati da parte delle comunità cristiane », ha evidenziato Emanuele, auspicando una «maggiore accoglienza e apertura delle diocesi: ci sentiamo ancora famiglia, pur se spezzata, e vogliamo essere Chiesa, portando la nostra testimonianza e disponibilità a lavorare insieme».