venerdì 16 settembre 2016
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Eventi ecclesiali – ma pure sociali e culturali – che da oltre un secolo costellano i percorsi della Chiesa in Italia in un impegno condiviso da clero e laicato, i Congressi eucaristici nazionali, nacquero, quasi per gemmazione, da quelli internazionali mettendo le radici nel Belpaese dopo il I Congresso internazionale di Lille in Francia nel 1881, non senza intenti di rivendicazione della visibilità della fede in risposta a contesti che tendevano a comprimerne le manifestazioni pubbliche. Dieci anni dopo, infatti, a Napoli, ecco il primo celebrato in Italia, aperto dal telegramma benedicente di Leone XIII e dedicato alla “Difesa dell’Eucaristia e del suo culto”. Da allora, compreso quello che si è aperto a Genova sono ventisei gli appuntamenti di questa storia che ha visto intrecciarsi le dimensioni della pietà eucaristica, fra impegno umano e azione pastorale. Con diverse cesure, messe in rilievo dagli storici e rilevabili nelle pubblicazioni degli “Atti”. Cesure che via via hanno segnato ora il superamento di una devozione ancorata al culto eucaristico come qualcosa di isolato, ora una progressiva interazione tra congressi e rinnovamento liturgico, e, dal Vaticano II a oggi, una riconfigurazione della stessa “pietà eucaristica” sulla centralità della celebrazione eucaristica “fonte e culmine” della vita cristiana.  Alla prima fase si ascrivono i primi cinque congressi nell’ultimo decennio dell’Ottocento: dopo quello a Napoli (con l’adorazione eucaristica continua in Duomo e la Comunione generale, ma pure la distribuzione del pane ai poveri della città), quelli ravvicinati dal 1894 al 1897: il II a Torino (1894, “L’Eucaristia nella devozione e nel culto”); il III a Milano (1895, “L’Eucaristia, presenza del Redentore”), il IV a Orvieto (1896, “L’Eucaristia e l’azione socia-le”), il V a Venezia (1897, “Fede, storia, culto dell’Eucaristia”). Impostasi una lunga pausa per esigenze di maggior organizzazione e gettate le basi per un apposito comitato, i Congressi eucaristici in Italia ripresero il loro cammino da Bergamo, nel 1920 – dopo la crisi del modernismo, lo scioglimento dell’Opera dei Congressi e la morte di Pio X – con il tema Eucaristia e santificazione personale), aprendo la fase tra i due conflitti mondiali nel quadro della riconciliazione fra Chiesa e Stato. Dunque altri sette congressi: a Genova, il VII (nel ’23, su “Cristo, mediatore tra Dio e gli uomini”, per la prima volta con il legato pontificio e le rappresentanze del governo, poi presenze abituali); a Palermo l’VIII (nel ’24, titolo: “Gesù nell’Eucaristia è l’Emmanuele”); a Bologna, il IX (nel ’27, tema: “Dottrina e vita eucaristica in Italia”); a Loreto il X (nel ’30, dopo il Concordato, tema: “La santissima Eucaristia e la famiglia cristiana”); a Teramo l’XI (nel ’35, su “L’Eucaristia nella Sacra Scrittura”), mentre tutto particolare fu il successivo, il XII, nel ’37, a Tripoli, senza tema specifico, nel pieno apogeo del fascismo fra slanci di conquista e nazionalismo.  Dopo una lunga sospensione per la seconda guerra mondiale, i Congressi ripresero, nel segno di un rinnovamento dottrinale e di una maggior coesione del mondo cattolico attorno alla propria identità, con i quattro degli Anni ’50: il XIII ad Assisi (nel ’51, “L’Eucaristia mistero della fede”); il XIV a Torino (nel ’53, “L’Eucaristia nella società moderna”); il XV a Lecce (nel ’56, su “Eucaristia Sacramento di unità e vincolo di carità”); il XVI a Catania (nel ’59, tema: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, un congresso eucaristico e al contempo mariano che congiunse all’adorazione dell’Eucaristia la consacrazione dell’Italia al cuore immacolato di Maria), cui seguì il XVII, a Pisa (nel ’65, tema “La presenza reale di Gesù Cristo”) con la novità della presenza di Paolo VI che da poco aveva raccolto l’eredità di Giovanni XXIII e del Concilio).  E si arriva all’ultima fase nel segno di un generale rinnovamento, con i congressi sempre più eventi di massa. Il XVIII, e primo postconciliare, a Udine (nel ’72, “Eucaristia e comunità locale”) e il XIX a Pescara (nel ’77, “Il giorno del Signore è la Pasqua settimanale del popolo di Dio”) ancora con la presenza di papa Montini nella giornata conclusiva); il XX, per la seconda volta a Milano (nel ’83, “L’Eucaristia al centro della comunità e della sua missione”), che vide Giovanni Paolo II a confronto con tutti gli stati della società civile, della cultura e del mondo del lavoro. Cinque anni dopo, il XXI congresso si svolse a Reggio Calabria (’88, “L’Eucaristia segno di unità”). Il XXII si tenne a Siena (nel ’94, “L’Eucaristia dalla comunione al servizio”) ancorato alla “grande preghiera” per l’Italia e l’Europa proposta in precedenza dal papa ai vescovi. Assai “mediatico” il XXIII congresso, a Bologna (nel ’97, “Gesù Cristo, unico salvatore del mondo, ieri,oggi e sempre”) con quasi 400.000 persone, moltissimi giovani, e rockstar davanti a papa Wojtyla.  Nel frattempo, con il nuovo statuto del 1996, la gestione dei congressi era stata assunta direttamente dalla Cei e inserita nella sua programmazione pastorale. E si arriva ai più recenti: al XXIV, a Bari (nel 2005, “Senza la Domenica non possiamo vivere”) e ad Ancona-Osimo (nel 2011, “Signore da chi andremo? L’Eucaristia per la vita quotidiana”), tutte due accompagnati dalle alte lezioni di papa Benedetto XVI. E adesso, come nel ’23, tocca ancora una volta alla “statio” di Genova. La nuova sosta. Nello scorrere della vita ordinaria, un’altra tappa straordinaria tutta sul mistero eucaristico: evento di grazia e occasione pastorale attorno al dono della fonte unica di misericordia.
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