La platea è corale e varia. Così, a pochi metri, c’è Massimo Fogliato, cuneese, della Coldiretti piemontese: «Associamo tante famiglie, conosciamo i loro problemi, soprattutto le difficoltà del rapporto tra vita familiare e lavoro. Alla Settimana sociale vorremmo portare questo messaggio: è necessario trovare il modo di coniugare solidarietà e impresa per un’economia più equa». Il fiorentino Gianni Fini è il presidente del Forum toscano delle associazioni familiari, che ha prodotto un documento: «Notiamo un gran desiderio di comunità. E allora è necessario rafforzare il collegamento tra le due reti: la rete degli organismi ecclesiali impegnati nel sociale, dalla Caritas alla San Vincenzo, e la rete del volontariato familiare d’impronta cristiana ». Sull’altro versante dell’Appennino, Roberta Guerrieri è la responsabile della casa di spiritualità per le famiglie dell’arcidiocesi di Modena- Nonantola: «Da queste giornate mi aspetto proposte concrete, per far crescere le famiglie e consentir loro di stare meglio». Il problema maggiore delle tante famiglie che incontra ogni anno? «La fragilità dei legami, la stabilità precaria». La pastorale familiare è massicciamente rappresentata.
L’arcidiocesi calabrese di Rossano-Cariati ha inviato ben otto coppie. In particolare, Maria Immacolata Maringola insegna nella scuola primaria: «L’idea che mi piacerebbe portare nella mia assemblea tematica è che la famiglia è al centro dei processi educativi, e non può non incontrarsi con la scuola, per una sana alleanza». C’è poi chi è a Torino in vista di impegni futuri. La salesiana suor Emilia Di Massimo, di Roma, è stata inviata alla Settimana sociale dal suo Consiglio ispettoriale. Prossimamente terrà dei corsi di formazione all’Università Cattolica. Chi la sua formazione la sta per completare è invece Paolo Zanandreis, di Chiavari (Genova). Lasciato il suo impiego da ragioniere, cinque anni fa è entrato in Seminario. Il vescovo della sua diocesi, monsignor Alberto Tanasini, gli ha chiesto di partecipare alla Settimana sociale, seguendo in particolare il tema dell’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.
A crescere molto negli ultimi anni è stato il progetto Policoro, con la sua rete di formatori e le tantissime esperienze imprenditoriali giovanili. È la Chiesa che pensa e opera. Il pugliese don Pasquale Cotugno è il garante di Policoro della sua diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano, dove è anche il referente per il presidio territoriale di Libera: «Vorrei seguire in particolare l’immigrazione e il welfare». Per il Policoro, l’avvocato siciliano Mauro Sandro, vicepresidente della Pastorale sociale della diocesi di Nicosia, segue i progetti di microcredito: «Con lo sportello informa-giovani organizziamo innanzitutto la formazione, affidata a commercialisti, avvocati e altri esperti, che forniscono le basi del creare impresa; poi, ai giovani che si dimostrano pronti, grazie alla collaborazione della Banca di credito cooperativo, procuriamo un primo finanziamento». Formarsi e operare, in perfetto stile Policoro. «Ascoltare, apprendere e condividere» è il motivo per cui è presente a Torino il presidente dell’Aipec (Associazione italiana imprenditori per una economia di comunione), Livio Bertola, che ricorda come la sua sia «un’associazione di imprenditori, professionisti e aziende che intendono porre come valore aggiunto del proprio modo di lavorare la persona».
Nel Teatro Regio, in piedi, quasi controllare che tutto funzioni a puntino c’è don Daniele Bortolussi, responsabile della Pastorale sociale e del lavoro di Torino. A lui è toccato in particolare curare l’organizzazione della Settimana sociale. È sereno e contento: «Con le istituzioni locali la collaborazione è stata ottima. Una piacevole sorpresa».