E’ iniziato alle nove con un momento di preghiera e le testimonianze delle vittime l’atteso summit dei presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo, convocato dal Papa per la protezione dei minori nella Chiesa contro la piaga degli abusi. Nell’Aula nuova del Sinodo, in Vaticano, sono presenti Francesco e oltre 200 invitati. Il tema di oggi è la responsabilità. “Tocca il nostro cuore con il dolore di coloro che sono stati maltrattati e abusati”, una delle invocazioni, accanto alla richiesta che sia fatta giustizia.
Il Papa nella sua introduzione ha sottolineato che “il popolo di Dio si aspetta da noi non semplici e scontate condanne ma misure concrete ed efficaci”. Ha poi consegnato ai presenti alcune linee guida ricavate dalle proposte giunte durante la preparazione del summit e ha spiegato che si tratta di “un punto di partenza che non toglie la creatività di questo incontro”.
Queste le parole del suo breve saluto:
Cari fratelli,
dinanzi alla piaga degli abusi sessuali perpetrati da uomini di Chiesa a danno dei minori, ho pensato di interpellare voi, Patriarchi, Cardinali, Arcivescovi, Vescovi, Superiori Religiosi e Responsabili, affinché tutti insieme ci mettiamo in ascolto dello Spirito Santo e con docilità alla Sua guida ascoltiamo il grido dei piccoli che chiedono giustizia. Grava sul nostro incontro il peso della responsabilità pastorale ed ecclesiale che ci obbliga a discutere insieme, in maniera sinodale,sincera e approfondita su come affrontare questo male che affligge la Chiesa e l’umanità. Il santo Popolo di Dio ci guarda e attende da noi non semplici e scontate condanne, ma misure concrete ed efficaci da predisporre.
Iniziamo, dunque, il nostro percorso armati della fede e dello spirito di massima parresia, di coraggio e concretezza.Come sussidio, mi permetto di condividere con voi alcuni importanti criteri, formulati dallediverse Commissioni e Conferenze Episcopali. Sono delle linee-guida per aiutare la nostra riflessione che vi verranno consegnate. Sono un semplice punto di partenza.
I PUNTI DI RIFLESSIONE CONDIVISI DA PAPA FRANCESCO
Anche a nome vostro, vorrei ringraziare la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, la Congregazione per la Dottrina della Fede e i membri del Comitato organizzativo per l’eccellente lavoro svolto con grande impegno nel preparare questo incontro. Grazie tante!
Infine, chiedo allo Spirito Santo di sostenerci in questi giorni e di aiutarci a trasformare questo male in un’opportunità di consapevolezza e di purificazione. La Vergine Maria ci illumini per cercare di curare le gravi ferite che lo scandalo della pedofilia ha causato sia nei piccoli sia nei credenti.
Tagle: La mancanza di risposte alle ferite è stata lacerante
Dopo l’intervento del Papa, sono state proiettate anche le prime video-testimonianze: di un uomo proveniente dal Sud America, di una donna africana, di un uomo dell’Europa dell’Est, di un uomo degli Stati Uniti, di un uomo asiatico. Ha quindi preso la parola il cardinale Lui Antonio Tagle, arcivescovo di Manila. "La mancanza di risposte da parte nostra alla sofferenza delle vittime, fino al punto di respingerle e di coprire lo scandalo al fine di proteggere gli abusatori e l’istituzione ha lacerato la nostra gente, lasciando una profonda ferita nel nostro rapporto con coloro ai quali siamo inviati per servirli", ha sottolineato nella sua relazione. Per questo, ha aggiunto bisogna prendere esempio da Risorto. E ha sviluppato il suo discorso, facendo riferimenti alle ferite di Gesù, che permangono anche dopo la Risurrezione.
“Le ferite richiedono guarigione, ha sottolineato il cardinale. Come possiamo fare? Vedere e toccare le ferite di Gesù è fondamentale per l’atto di fede. Coloro che sono chiamati a proclamare la morte e risurrezione di Cristo possono farlo solo se sono in contatto costante con le ferite dell’umanità. Le ferite di Cristo rimangono nelle ferite del nostro mondo. E coloro che chiudono gli occhi alle ferite del mondo non hanno il diritto di dire ‘mio Signore e mio Dio’”. Dunque, “la fede che vorrebbe chiudere gli occhi di fronte alle persone che soffrono è soltanto una illusione”.
Perciò non possiamo chiudere gli occhi di fronte alle vittime degli abusi. “Dobbiamo riconoscere i nostri errori, se vogliamo dare una testimonianza credibile della Risurrezione”, ha fatto notare l’arcivescovo di Manila. “Fare tutto ciò che è possibile per far vedere che i bambini e le persone vulnerabili sono sicuri e protetti nelle nostre comunità”.
“Le ferite – ha proseguito Tagle - sono spesso inflitte per cecità e abuso di potere. Le ferite del Cristo risorto portano la memoria della sofferenza innocente, ma anche della nostra debolezza e del nostro essere peccatori. La negazione delle ferite porta alla morte di altri e alla nostra stessa morte. Se noi neghiamo la morte, la infliggiamo. La paura delle ferite ci isola e ci rende indifferenti alle necessità degli altri. Coloro che diffondono paura nella società sono spaventati di loro stessi”.
Infine il cardinale ha parlato della necessità di avviare cammini di guarigione sia per le vittime, sia – dove è possibile – per gli abusatori. Talvolta, ha ricordato siamo tentati di scegliere o gli uni o gli altri. Dobbiamo passare dall’aut aut all’et et. Per quanto riguarda l’aiuto alle vittime “fare giustizia è necessario, ma non basta”. Occorre avviare anche percorsi che portino alla capacità di perdonare. Ma perdonare, ha detto, non è dimenticare tutto, scusare gli abusi e andare avanti. “Il perdono è un modo potente per eliminare il risentimento nell’animo umano”.
Allo stesso modo occorre aiutare gli abusatori a rendere giustizia e dire le verità. In Gesù, ha concluso Tagle, tocchiamo la misericordia che celebra il perdono.
Scicluna: Prevenzione, corresponsabilità e collaborazione con le autorità civili. Facciamo sul serio.
L’arcivescovo di Malta, Chales J. Scicluna, ha tenuto poi la seconda relazione della giornata. Relazione di carattere giuridico, in cui il presule, uno dei massimi esperti in fatto di lotta agli abusi (papa Francesco gli ha affidato ad esempio le indagini canoniche sul dossier Cile) ha ricordato il quadro normativo esistente, la corresponsabilità dei vescovi nel combattere il triste fenomeno, la necessaria prevenzione che si esprime anche attraverso un’attenta selezione dei candidati al sacerdozio e poi di quelli all’episcopato e l’opportunità di collaborare con le autorità civili, dato che i cattivi comportamenti sessuali sono anche reati. "La comunità di fede affidata alla nostra tutela deve sapere che facciamo sul serio – ha concluso -. Devono conoscerci come paladini della loro sicurezza e di quella dei loro figli e dei loro giovani. Li coinvolgeremo con franchezza e umiltà. Li proteggeremo a ogni costo. Daremo la nostra vita per i greggi che ci sono stati affidati".