mercoledì 22 luglio 2009
Domani la festa liturgica della religiosa, dal 1° ottobre 1999 compatrona del Continente. Una testimone coraggiosa della bellezza e del bisogno di una Chiesa unita e apostolica
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Il primo ottobre ricorrerà il decimo an­niversario della proclamazione di san­ta Brigida a compatrona d’Europa. Bri­gida visse una dimensione di ricerca fa­cendosi pellegrina presso i santi della cri­stianità, come a volerli incontrare e ren­derli suoi contemporanei. Gerusalemme, Roma, Compostela, Assisi non sono che al­cune delle tappe del suo incessante cam­mino. Tra le componenti dell’Ordine da lei fondato nel XIV secolo, il cui carisma ori­ginario è stato rianimato dalla beata Ma­ria Elisabetta Hesselblad, scomparsa nel 1957, è oggi forte il desiderio di approfon­dirne le radici spirituali. Le Brigidine sono note per la loro apertura ecumenica, per l’offerta di luoghi di spiritualità e preghie­ra, centrati sulla contemplazione eucari­stica e lo studio delle Scritture, fedeli alla fondatrice che aveva insegnato a pregare con il Rosario brigidino, le orazioni peni­tenziali basate sulla memoria della pas­sione di Gesù. Brigida è una «santa europea» e una don­na di pace, espressione alta della «speran­za di costruire un mondo più giusto e più degno dell’uomo», per citare Giovanni Pao­lo II. Ella intuì come la pace e l’unità del­l’Europa fossero strettamente legate alla pace e all’unità nella Chiesa e se ne assun­se personalmente la responsabilità. Fu lei a chiedere a re Magnus di realizzare alcu­ne missioni internazionali, presso i re di Francia e d’Inghilterra, e ad Avignone, da papa Clemente, perché si facesse media­tore di pace e potesse fare ritorno a Roma. Non avendo ottenuto soddisfazione, andò a Roma spinta dal desiderio di impedire la dissoluzione dell’unità ecclesiale. I biografi raccontano che fu il Signore stesso ad affi­darle tale missione in una visione ricevu­ta nel 1344. Giunta a Roma nel 1349, la Ver­gine Maria le rivelò che «anticamente in questa città dimorava la giustizia e i suoi principi erano i principi della pace. Ades­so essa si è data al peccato ed i suoi prin­cipi sono assassini». In quel momento dif­ficile, una straniera, donna del Nord Euro­pa, era chiamata alla profezia a Roma. Ma i romani la accusarono di eresia e strego- neria, e minacciarono di metterla al rogo, mentre il sogno del ritorno del Papa si al­lontanava. Emerse allora un aspetto della sua spiritualità: il non aver paura di anda­re controcorrente, senza rassegnarsi quan­do l’entusiasmo si affievolisce. Il primo Papa che Brigida riuscì a incon­trare fu Urbano V. Il 30 aprile 1367 questi lasciò Avignone e fece il suo ingresso a Ro­ma. Dove, un anno e mezzo dopo, l’impe­ratore Carlo fu solennemente incoronato. Anche il potere imperiale ritornava a sot­tomettersi a Roma e il sogno di unità di Bri­gida sembrava sul punto di realizzarsi. Ma dopo alcuni anni il Papa decise di trasfe­rirsi nuovamente ad Avignone, nonostan­te le raccomandazioni di Brigida. Il Signo­re la invitò allora a partire ancora, proprio lei, ormai stanca e affaticata: «Parti ora da Roma e va’ a Gerusalemme!». Una donna quasi settantenne poteva gettarsi in una simile impresa solo affidandosi totalmen­te al sostegno di Dio. Nella Città santa ri­mase oltre quattro mesi, ricevendo alcune delle visioni più profonde del Venerdì san­to. Per poi, nel suo ultimo anno di vita, a Ro­ma, tornare a impegnarsi nella missione di far tornare il Papa e di riformare la Chiesa. La storia di questa donna del Nord si ri­propone oggi come un paradigma di vita cristiana. In un tempo in cui era naturale vivere e morire tra gli orizzonti in cui si e­ra nati, volle uscire dal suo mondo. Il suo cammino fu benedetto dal dono delle vi­sioni, sempre più frequenti, che la guida­vano nel vasto mondo della Chiesa e dei popoli. Avvenne con lei, una volta di più nella storia della Chiesa, quell’incontro tut­to particolare tra il ministero di Pietro e il carisma profetico di un santo. In passato, Innocenzo III aveva intuito che il poverel­lo d’Assisi avrebbe sorretto la Chiesa di Ro­ma prossima a crollare. Brigida, con il suo carisma, senza sostituirsi all’autorità ge­rarchica, affermò il legame inscindibile tra il Papa e Roma. La sua vicenda mostra la bellezza e il bisogno di una Chiesa unita e apostolica, seppure provata dai tempi e dalle debolezze umane, in cui vi sia posto per i molteplici ministeri e carismi. Dieci anni dopo, risuonano nella loro saggezza le parole di Giovanni Paolo II nel fare di Brigida una delle «tre sante per la casa co­mune »: «Santa Brigida rinvia all’estremo Nord dell’Europa, dove il Continente qua­si si raccoglie in unità con le altre parti del mondo». La storia Eucaristia, accoglienza e carità ecumenicaSemplicità evangelica, centra­lità dell’adorazione eucari­stica, «grande delicatezza» verso gli ospiti e spiccata sensibi­lità ecumenica. Sta tutta in una «fe­lice sintesi tra vita attiva e con­templativa» (come la definiscono le stesse suore Brigidine) la spiri­tualità dell’Ordine del Santissimo Salvatore di Santa Brigida. Rianimato dalla beata Maria Eli­sabetta Hesselblad, luterana sve­dese, convertitasi alla fede cattoli­ca e considerata l’artefice della ri­nascita dell’identità dell’antico Or­dine attraverso la Fondazione che iniziò l’ 8 settembre 1911 e venne approvata dalla Santa Sede il 2 di­cembre 1940, la famiglia religiosa coniuga l’interiorizzazione alla Pa­rola, l’esercizio dell’apostolato e la formazione. Oggi l’istituto è pre­sente in Europa, Medio Oriente, A­sia e America. Fra i Paesi in cui si trovano i conventi brigidini ci so­no l’Inghilterra, la Svezia, la Polo­nia, la Germania, l’India, la Pale­stina, Israele, le Filippine, gli Stati Uniti, il Messico e Cuba. La casa madre si trova in piazza Farnese a Roma ed è l’antica e me­dioevale abitazione di santa Brigi­da nella capitale italiana. Cuore dell’attività e della formazione del­le suore, è stata riscattata dalla beata Elisabetta Hesselblad e un primo gruppo di suore ha seguito l’intuizione di colei che il cardina­le Rafael Merry del Val y Zulueta, segretario di Stato vaticano dal 1903 al 1914, aveva indicato come « la donna più straordinaria di Ro­ma» . Da segnalare che nelle case dell’ordine le suore hanno fatto dell’ospitalità uno dei loro perni. Le religiose le chiamano «ostelli di carità ecumenica e di accoglien­za» perché la dimensione spiri­tuale va a braccetto con quella cul­turale. Riferimento per il dialogo fra le confessioni che la famiglia religio­sa porta avanti è il Centro interna­zionale di Farfa in Sabina, in pro­vincia di Rieti, che ospita incontri a vari livelli fra cattolici e prote­stanti (in particolare luterani) e rappresenta «un contesto favore­vole allo scambio fra il Sud Euro­pa e il Nord Europa» . L’intento del Centro è di risvegliare nel conti­nente la consapevolezza del co­mune patrimonio spirituale, teo­logico, filosofico e culturale e di in­coraggiare una maggiore cono­scenza fra le fedi. (G. Gambassi)
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