Gentile direttore,
ho riflettuto sulla questione posta dal lettore Sergio T. di Roma (lettera pubblicata su Avvenire del 25 settembre scorso). Da quel che leggo il caso riguarda una persona vedova che convive con «una donna separata» e quindi ancora legata da vincolo matrimoniale, che, per impedire il matrimonio religioso, deve essere ancora valido (non so se sia stata avviata pratica di annullamento). Se così stessero le cose, non resta che rinviare alla dottrina della Chiesa, richiamata in proposito dal cardinale Müller, in questi anni di grazia prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, nel testo pubblicato ancora su “Avvenire” lo scorso 24 luglio.
Alessandro Mirone, Catania
Neanche io, caro signor Mirone, conosco nel dettaglio il caso del signor Sergio. Ma considero ovvio che la signora con cui quell’altro nostro lettore, vedovo, «convive da dieci anni» (e che definisce «separata») non abbia ottenuto l’annullamento di un precedente matrimonio cattolico, altrimenti il problema non si porrebbe. E so che si tratta di un problema che non verrebbe neppure posto da un non credente, da un indifferente o da qualcuno che è cristiano cattolico solo per inerzia (chi ne parla, per così dire, dall’esterno rispetto a un’esperienza di Chiesa trova parole da… sindacalista, non da uomo o donna di fede). Rilegga la lettera del nostro lettore romano e vedrà che in essa è tratteggiata una persona (e una coppia) che si trova a condurre, in una condizione irregolare di cui è consapevole, una vita ispirata ai «fondamentali precetti cristiani» e a soffrire la lontananza dalla pratica sacramentale.
Non posso che confermarle, gentile signor Mirone, che anche di casi come questo «non resta» che affidarsi al Papa e al Sinodo dei vescovi che lui ha convocato e che, in assemblea straordinaria, si riunirà da domenica prossima 5 ottobre per dibattere e fornire indicazioni sui grandi temi e problemi della famiglia nella Chiesa di sempre e nel tempo di oggi. Il Sinodo naturalmente, lavorerà sia sul piano dell’interpretazione della dottrina – che il cardinal Müller, nel testo da lei citato, richiamava con la chiarezza che gli è propria – sia su quello della prassi pastorale che, come sappiamo, è e sarà comunque «accogliente» nei confronti delle persone che vivono la ferita di un precedente matrimonio fallito. Un concetto, quest’ultimo, affermato con semplice profondità da Benedetto XVI (ricorderà anche lei ciò che disse a Milano, in occasione del VII incontro mondiale delle famiglie) e ribadito con grande intensità da papa Francesco, che chiama la Chiesa a una presenza salda e misericordiosa anche in tutte le «periferie esistenziali».